Il primo tifoso del Lugano ha voluto difendere il proprio giocatore: «Chiedo che l'intervento venga giudicato per quello che era: non c'era la volontà di colpire o ferire l'avversario»
LUGANO - Nella giornata odierna - mercoledì 26 settembre - il presidente del Lugano Angelo Renzetti ha rilasciato un'intervista sul sito ufficiale della società, riguardante il fallo di Daprelà su Itten, che ha scatenato numerose polemiche.
Di seguito l'intervista del numero uno bianconero:
«Visto che finora del cosidetto “caso Daprelà” hanno parlato in molti, anche a sproposito, lasciatemi dire la mia», ha esordito Renzetti. «Come tutte le persone presenti alla partita tra San Gallo e Lugano non ho avvertito nell’immediato la gravità della situazione. Arbitro, giocatori delle due squadre, panchine e pubblico hanno vissuto l’entrata del nostro difensore come un normale intervento di gioco, magari un tantino fuori tempo, ma nel tentativo di fermare il pallone che l’avversario stava cercando di calciare verso la porta luganese. Nulla di meno e nulla di più. Poi a fine partita, la serietà dell’infortunio occorso a un giovane e promettente attaccante nei quadri della nazionale, Cedric Itten, che è anche il bomber del San Gallo, ha fatto scattare una campagna di criminalizzazione senza precedenti. Dirigenti, ex calciatori e giornalisti specializzati sembra abbiano perso il lume della ragione, qualcuno è arrivato ad affermare che Daprelà “dovrebbe smettere di giocare a calcio” o “togliersi dalla circolazione”. Persino in un documento ufficiale federativo si sostiene che “il giocatore del Lugano non aveva nessuna possibilità di giocare la palla”. Pare di essere su “Scherzi a parte” se non ci fossero di mezzo una giovane promessa gravemente infortunata e un professionista di 27 anni che ha giocato in Svizzera, Inghilterra e Italia, oltre che nella U21 rossocrociata, senza un’espulsione.
Cosa chiedo in buona sostanza? Che l’intervento falloso venga giudicato per quello che era: un tentativo purtroppo scoordinato e con troppa foga agonistica di giocare il pallone (mancato per pochi centimetri) ma non di certo con la volontà di colpire o ferire l’avversario. E che se Daprelà debba venir squalificato lo sia ma senza attitudine giustizialista e vendicatoria. La sensazione è invece che, sulla spinta delle proteste dei dirigenti sangallesi, comprensibilmente amareggiati per aver perso il loro cannoniere e della stampa “che fa opinione”, le emozioni prevalgano sulla ragione. La distorsione della comunicazione alla quale si è assistito in questi giorni potrebbe portare a inquisire e condannare il difensore bianconero non per un fallo di gioco ma per tentato omicidio. E se i giudici dovessero lasciarsi guidare dalle emozioni, farebbero felici taluni oltre San Gottardo, ma non garantirebbero una buona giustizia».