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L'OSPITELega dei Ticinesi: Il risveglio alla complessità della realtà

14.08.12 - 10:06
di Gabriele Cappelletti
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Lega dei Ticinesi: Il risveglio alla complessità della realtà
di Gabriele Cappelletti

Avendo disattivato il mio account facebook ricevo alcune notizie con un certo ritardo, e questo a volte è fastidioso. Quella sull’aggressione ai danni di Boris Bignasca, ad esempio, mi è giunta solo ora.
D’altra parte, non essere parte del “social network” più attivo del mondo porta anche qualche privilegio. Ad esempio, non dovrò sorbirmi gli strali – prevedibilissimi – di questa vicenda: la pioggia di messaggi di solidarietà (una parola che, peraltro, ha completamente perso il suo senso originario, come i “condoglianze” bisbigliati come un riflesso pavloviano), le probabili strumentalizzazioni da ogni parte (la Lega lo farà assurgere a martire, i detrattori gli ricorderanno che “chi semina vento raccoglie tempesta”, chi scrollava le spalle prima lo farà anche adesso), la probabile denuncia, identificazione e – sacrosanta – lezione che verrà inferta agli aggressori.

Da parte mia ho conosciuto Boris – solo superficialmente – qualche anno prima che entrasse in politica. Mi è sembrata una persona a modo, e a quella persona va non tanto la mia solidarietà (che ormai non significa più nulla) quanto il mio sincero augurio di una pronta guarigione – fisica, ma specialmente psicologica: posso solo immaginare l’entità di un trauma di questo genere, che non augurerei a nessuno.

D’altra parte, credo siano anche necessarie delle osservazioni sul significato e le conseguenze di questo fatto sul Boris-politico, ovvero sul Boris che rappresenta l’anima più genuina della Lega, non solo come ex deputato, giornalista e attivista, ma anche – e specialmente – come incarnazione simbolica del Partito in quanto figlio del suo fondatore e presidente a vita.

Senza voler entrare nel merito della sofferenza e del trauma individuale di Boris – ma, a mio avviso, nessuno dovrebbe nemmeno provarci, ché si tratta di una questione privata – credo che l’aggressione possa essere vista come una sorta di “risveglio alla complessità della realtà” da parte della Lega, e in particolare al rapporto tra maggioranze e minoranze.

I commenti di solidarietà che compaiono sulla bacheca di Boris dimostrano quanto la rabbia e il disgusto nei confronti degli aggressori scaturiscano dal fatto che si sono accaniti “in branco” contro un individuo solo. Come i commenti – giustamente – indignati dimostrano, una maggioranza che abusa della sua predominio è da tutti riconosciuta come una forza abietta, odiosa e vigliacca.
Come è possibile quindi che queste stesse persone che si sdegnano per un atto del genere siano capaci di appoggiare un partito che predica – sostanzialmente – il diritto della maggioranza a disporre come meglio crede delle minoranze?
In questo senso, l’aggressione rappresenta forse meglio di qualunque altro evento politico degli ultimi anni l’essenza della Lega dei Ticinesi: la Lega è  una maggioranza con il complesso della minoranza, una maggioranza che si sente minoranza, e le volte che non si sente tale ha il terrore di diventarlo.
Il punto è che la Lega e il suo elettorato non sono una minoranza, e questo abuso in “piccola” scala dovrebbe aprire un importante dibattito pubblico e interno al movimento stesso. Invece di limitarsi a rappresentare il fatto come un episodio isolato di odio politico e trincerarsi su auto-rappresentazioni di – falsa – minoranza perseguitata, l’indignazione causata da questo abuso dovrebbe dare luogo a una riflessione più profonda su una pratica essenziale, che è quella – tipica della Lega – di anteporre i rapporti di forza alla giustizia.

Lo sconcerto di Boris quando dice “La mia colpa? Essere della LEGA. Giusto quindi sputarmi addosso, insultarmi e picchiarmi.” è lo stesso sconcerto che prova qualunque individuo nell’essere identificato, catalogato e punito in funzione di una caratteristica che gli viene affibbiata a forza, e che suo malgrado prende il sopravvento sopra qualunque altra identità individuale.
Certo, ci sono differenze sostanziali tra chi diffama in funzione di un’etnia e chi pesta in funzione di una fede politica, ma non si può non riconoscere che alla base di entrambi gli atti vi sia un medesimo meccanismo di prepotenza che trasforma un individuo complesso in un bersaglio unidimensionale.

A questo proposito, il “risveglio alla complessità della realtà” è duplice, perché contribuisce anche a incrinare – se non a infrangere del tutto – la rappresentazione della realtà che la Lega ha tentato di costruire basandosi sulla dicotomia tra “ticinesi” – persone fondamentalmente perbene, che nonostante qualunque difetto saranno sempre benaccette in patria per “diritto di nascita” – e “stranieri” – gente antropologicamente “diversa”, da “rispedire al suo paese” al primo sgarro.
L’aggressione di ieri – Ticinesi contro Ticinese – incrina questa visione, rende la realtà meno leggibile attraverso gli schemi mentali leghisti e, in questo modo, la rende più temibile. Ai commenti che – a metà tra rabbia e una velata inquietudine – chiedono “Di che nazionalità erano?”, non viene data nessuna risposta.
Il “nemico” non è più identificabile, o almeno non lo è in funzione degli schemi mentali ai quali la Lega ha abituato i suoi sostenitori.

L’aggressione a Boris Bignasca è stata e resta un atto disgustoso e deprecabile.
Oltre che augurare una pronta guarigione a Boris posso solo augurarmi che, nel suo “risveglio alla complessità della realtà”, la Lega sia capace di guardare alla barbarie del gesto e riconoscervi degli schemi, dei meccanismi e dei presupposti ai quali il progetto politico leghista non è decisamente immune.

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