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PAOLO CAMILLO MINOTTILa Svizzera è neutrale o è alleata della Russia?

26.03.23 - 16:04
Paolo Camillo Minotti
Paolo Camillo Minotti
La Svizzera è neutrale o è alleata della Russia?
Paolo Camillo Minotti

BELLINZONA - Questo quesito un po’ provocatorio me lo sono posto dopo aver letto alcune esternazioni del presidente della Confederazione Alain Berset sulla guerra in Ucraina in una intervista alla “NZZ am Sonntag”, con giudizi pesanti rivolti inequivocabilmente contro i Paesi occidentali, accusati di fomentare la guerra, e con l’invito perentorio agli stessi a intavolare trattative con la Russia. Tra l’altro Berset non si è neanche chiesto se la Russia sia disposta a trattare, ciò che non sembra proprio il caso, considerata la strategia della terra bruciata che i russi stanno portando avanti implacabilmente; d’altra parte il consigliere federale socialista non ha espresso nessuna critica contro la guerra di Putin, differenziandosi in tal modo nettamente dalla posizione del Consiglio federale che aveva condannato l’aggressione russa; la sua hargne era tutta rivolta contro gli Occidentali. Non mi sembra che si tratti di dichiarazioni che si addicono a un governo di un paese neutrale; e va detto che un presidente della Confederazione quando rilascia interviste non esprime certo un parere personale (quello al massimo lo può esternare a sua moglie o a un amico invitato una domenica a casa sua), ma si esprime evidentemente a nome del governo. E così viene inteso anche all’estero. Domanda: Berset si sarebbe permesso esternazioni parimenti critiche verso la Cina di Xi, per esempio sulla dura repressione a Hong Kong due anni fa o sul genocidio culturale tuttora in atto nel Sinkiang contro Uiguri e kazaki di religione musulmana (oltre che in Tibet)? Berset, come peraltro già suoi predecessori alla testa del DFAE, forse crede che i paesi occidentali (contrariamente alla Cina) si possano impunemente contrariare ed anche attaccare? Dovremmo fare attenzione, perché magari, se così egli pensa, si sbaglia. È noto a tutti ormai che la guerra oggigiorno può avere molte forme, oltre a quella militare classica: può essere condotta sottoforma di sabotaggio informatico o di spionaggio economico, come può prendere la forma di pressione economica e finanziaria (Berset è ancora giovane ma non è un bambino, quindi dovrebbe ricordarsi le pressioni da oltre Atlantico sulla questione dei conti ebraici e dell’oro nazista 25 anni fa, o la crisi dell’UBS negli USA 15 anni fa). Per ironia della sorte, due o tre giorni dopo aver fatto quell’intervista, il perdurare della crisi del Crédit Suisse ha indotto le autorità federali e la BNS a intervenire per imporre all’UBS recalcitrante il salvataggio dello stesso e quindi tutti hanno potuto vedere il presidente Berset, con il suo fisico imponente, mentre prendeva posto nella conferenza stampa che annunciava detta misura d’emergenza, decisa in deroga alle leggi….
Questo dovrebbe “far accendere una lampadina” ai cittadini. Ci spieghiamo: la Svizzera è un paese troppo piccolo, ma con una piazza economico-finanziaria inversamente tuttora molto importante, per permettersi delle provocazioni simili! Già il nostro paese si sta facendo ridere dietro (nel migliore dei casi) o, peggio, sta facendo seriamente arrabbiare alcuni paesi NATO a causa della vicenda-farsa del divieto di riesportazione delle armi all’Ucraina, sulla quale il parlamento – che due anni fa in un contesto diverso aveva deciso un inasprimento della legge sull’esportazione di armi – oggi si incaponisce a non voler ritornare sui suoi passi (ivi compresi quei fautori della neutralità che due anni fa si erano opposti all’inasprimento!). Poi c’è la faccenda del blocco e dell’eventuale confisca dei capitali degli oligarchi russi, di cui i politici svizzeri “schizzinosi” non vogliono sentire parlare in nome dello Stato di diritto; quest’ultima questione è potenzialmente esplosiva, e in Svizzera non viene pienamente capita, in quanto nella “guerra” non dichiarata ma totale tra Occidentali e Russia di Putin a seguito dell’aggressione russa all’Ucraina, le misure di pressione economica e finanziaria contro la Russia sono parte integrante e fondamentale del “braccio di ferro” in atto. Può piacere o no, e a me personalmente non piace molto, questa “strategia” del blocco economico in cui gli Anglo-sassoni storicamente hanno sempre eccelso, ma è un fatto di cui bisogna prendere atto; d’altronde l’alternativa a questa strategia sarebbe la guerra combattuta tra NATO e Russia, che forse è raccomandabile evitare. Alcune persone autorevoli e competenti, fra cui il professore di diritto Mark Pieth e l’ex banchiere Konrad Hummler, hanno peraltro espresso recentemente l’opinione secondo cui già ora la legge permetterebbe l’incriminazione degli oligarchi russi nella misura in cui hanno commesso illeciti comprovati. Orbene, chi conosce la storia della Russia dal 1991 in poi sa benissimo che nell’80 percento dei casi costoro si sono arricchiti grazie a privatizzazioni fatte con metodi da “Far West”, minacce, corruzione o per favori ricevuti da parte di Putin e quant’altro. Hummler, che è una persona di esperienza e che conosce bene come funziona la finanza e la politica negli Stati Uniti, ha messo in guardia (NZZ del 18 marzo scorso) sul fatto che
gli Stati Uniti non allenteranno la pressione su questo tema e consiglia di trovare il modo di collaborare volontariamente, per non essere costretti a farlo dopo una resistenza di qualche mese. Forse sarebbe meglio ascoltare il suo consiglio. Perché oltretutto, conoscendo il modo di funzionamento del nostro sistema politico, con un Consiglio federale che è diviso e scoordinato come le proverbiali campane di Balerna, se le pressioni andranno crescendo – dopo avere spergiurato “x” volte di giammai farlo - si finirà per cedere. E lo si farà nel peggiore dei modi, con divisioni interne e improvvisando e rimangiandosi i dinieghi senza dignità.

Con cotale contenzioso in gioco con Stati Uniti e paesi europei, non era proprio il caso di aggiungere come ha fatto Berset polemiche “supplementari”, che sono del tutto fuori luogo per tutta una serie di motivi: 1) perché sbagliate nel merito, essendo l’aggressore in Ucraina la Russia e non gli Occidentali; 2) perché esse sono inconciliabili con la prudenza che si addice a un piccolo paese neutrale; 3) infine perché anche se fatte da un capo di Stato di una potenza di media grandezza, le dichiarazioni di Berset sarebbero state inopportune e contrarie al più elementare galateo diplomatico. Quando non si è nemici, ma amici (alleati o neutrali poco importa), non si fanno dichiarazioni di questo tenore. Facciamo un paragone per capirci: quando la Francia di Chirac nel 2003 si rifiutò di seguire gli Americani nell’avventura irakena, lo giustificò in modo pacato e argomentato, ma senza accusare gli USA di essere guerrafondai. E in ogni caso un eventuale dissenso non lo si esprime con interviste ai giornali, ma semmai nell’ambito di colloqui tra governi, di cui poi la stampa riferirà se del caso in seguito. Una simile sortita è tanto più imperdonabile per Alain Berset, presidente di un piccolo paese neutrale ma che si permette di calare sentenze come se fosse un capo di Stato di una grande potenza: un gesto che appare all’estero di una supponenza e di una presunzione sconfinate! Speriamo che la Svizzera non abbia a dover pagare ritorsioni troppo care per tale presunzione!

E poi: se almeno ci fosse una strategia, degli obbiettivi che ci si prefigge di raggiungere con tali esternazioni. Ma non si tratta altro che di manìa di protagonismo ed esibizione del proprio ego personale. Se il nostro governo avesse uno straccio di strategia sulla politica che il nostro paese deve condurre, dovrebbe considerare in questa strategia anche il contenzioso con l’UE sui trattati bilaterali (per esempio quello sull’elettricità) e sull’accordo quadro, che la Svizzera ha rifiutato (secondo me a ragione). Ma Berset pensa forse di facilitare un accordo con l’UE, attaccando alcuni paesi della stessa per il fatto che sostengono l’Ucraina aggredita? Ma non si rende conto che così facendo si attira (e attira sul nostro paese) solo strali e possibili ritorsioni? La strategia raccomandabile sarebbe semmai quella opposta: cercare di ottenere dall’UE un atteggiamento pragmatico sulle questioni bilaterali in cambio di una prudente e benevola neutralità sulle questioni che attengono la guerra in Ucraina e dintorni, procedendo immediatamente a cancellare il divieto di riesportazione di armi all’Ucraina (ciò che potrebbe essere fatto pragmaticamente da parte del Consiglio federale permettendo una eccezione in questo caso, considerato il fatto che l’Ucraina è stata aggredita, e senza rivedere la modifica di due anni fa, se non lo si vuole fare). La guerra in Ucraina paradossalmente era un’occasione per la Svizzera per crearsi un capitale di simpatia in Europa, e in special modo nei paesi UE dell’Europa dell’Est che, non essendo toccati da un significativo interscambio con il nostro paese, sono tendenzialmente poco inclini a venirci incontro nelle trattative UE-Svizzera. E invece dal 24 febbraio 2022 in avanti è stato un susseguirsi di “gaffes” o errori comunicativi o dissensi espressi con grande enfasi da parte di Berna, che ci hanno messo in cattiva luce presso l’opinione pubblica europea: dal rifiuto di curare i feriti di guerra ucraini nei nostri ospedali, all’ostinazione nel voler impedire a Danimarca e Germania di riesportare in Ucraina materiale bellico acquistato decenni fa nel nostro paese, al diniego della confisca dei beni degli oligarchi, e ora addirittura un’intervista del presidente della Confederazione che bacchetta la politica dei paesi NATO di aiuto all’Ucraina (suscitando tra l’altro l’impressione di voler fare leva sulle perplessità a tal riguardo esistenti pure in Germania, quindi di voler dar luogo a una larvata ingerenza negli affari interni tedeschi). Insomma, stiamo mettendocela tutta per attirarci le ritorsioni di UE e Stati Uniti. Vorremmo perlomeno pregare questi politici – al momento in cui tali ritorsioni arriveranno - di non stupirsene, magari facendo finta di non vedere di esserne loro la causa!

Paolo Camillo Minotti

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