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L'OSPITEAnche noi abbiamo alimentato il fuoco

23.08.19 - 20:30
Cristina Gardenghi e Giulia Petralli Per le Giovani Verdi
Anche noi abbiamo alimentato il fuoco
Cristina Gardenghi e Giulia Petralli Per le Giovani Verdi

Dopo la Siberia, l’Alaska e le Isole Canarie a bruciare è l’Amazzonia, il polmone verde della Terra. Condividiamo la preoccupazione che sono dilagate sui social in questi giorni per le varie catastrofi che stanno attanagliando il mondo intero. Tuttavia siamo anche consapevoli che non basteranno l’hashtag pray for (#Prayfor) o la condivisione di foto sui social a deresponsabilizzarci dalla nostra complicità nello sfacelo climatico.

Infatti, non possiamo estraniarci da questi avvenimenti: dobbiamo avere il coraggio di assumerci finalmente le nostre responsabilità. Molti degli incendi, soprattutto nell’Artico, si sviluppano a causa di un clima troppo caldo e secco rispetto alla stagione, che noi abbiamo contribuito a creare.

Gli incendi in Amazzonia non sono imputabili a cause naturali: sono perlopiù il risultato di una degenerazione di roghi appiccati volutamente per disboscare vaste aree al fine di utilizzarle come superfici da pascolo o di coltura intensiva. E ciò a causa della crescente domanda di prodotti animali, foraggio e legname che servono a soddisfare i nostri desideri di qualsiasi cosa in qualsiasi momento: dal succulento hamburger argentino al mobile all’ultimo grido, passando per l’avocado sul toast.

Questi eventi catastrofici avvengono, per il momento, in luoghi relativamente lontani da noi, ai danni di popolazioni che hanno un impatto minimo sull’equilibrio del clima (inuit, popoli indigeni della foresta amazzonica, agricoltori a cui sono stati sottratti i diritti sulle loro terre, sull’utilizzo dell’acqua e delle semenze, gli abitanti delle isole del Pacifico e dell’Oceano Indiano, ecc.). Se vogliamo impedire l’aumento della frequenza e dell’intensità di tali catastrofi, che si avvicinano sempre più alle nostre latitudini, è necessario far seguire l’azione all’indignazione. È il momento di stringerci le mani e agire tutt* insieme per fermare la distruzione della nostra casa.

Occorre mobilitarsi concretamente,

rivendicare la giustizia ambientale anche attraverso la partecipazione politica e pretendere che il nostro diritto a una vita degna venga difeso e garantito. Dobbiamo inoltre combinare responsabilità individuale e sociale, cercando di frenare l’insaziabile capriccio di volere sempre più e legiferare leggi più severe che tutelino pienamente l’integrità della nostra casa. Serve un cambiamento rapido, per non bruciare anche noi.

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