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L'OSPITE«Noi svizzeri»

19.02.18 - 10:37
Carlo Zoppi, consigliere comunale Lugano
«Noi svizzeri»
Carlo Zoppi, consigliere comunale Lugano

Quando nel 1848 i “padri fondatori” diedero vita alla Svizzera moderna decisero di optare per un sistema federale. Scelta ideale perché permetteva di far convivere realtà culturali diverse e fiere della loro autonomia garantendo al contempo continuità nell'azione di governo grazie alla presenza di uno stato centrale. I padri fondatori erano consci che il nuovo stato partiva con un gap enorme rispetto agli stati europei che avevano trovato l’unità nazionale prima di noi. I cantoni che componevano la confederazione avrebbero avuto bisogno di un solido tronco che sorreggesse e unisse i 26 rami indipendentemente dalla loro importanza e dal loro peso politico ed economico. Un tronco che avrebbe permesso ai cantoni di crescere e svilupparsi garantendo un sostegno equo ad ognuno. Una serie di decisioni importanti furono prese per rafforzare l’unione che avrebbero formato la nuova Svizzera. Il motto “Unus pro omnibus, omnes pro uno”, “uno per tutti, tutti per uno”, venne inciso sulla volta della cupola del Palazzo Federale.

Fra le decisioni del primo Consiglio federale ci fu la creazione di un sistema di infrastrutture pubbliche che avrebbe garantito le comunicazioni e una parità di trattamento in tutto il paese affinché nessuna regione o minoranza linguistica avesse il sentimento di sentirsi discriminata. Uffici postali aprirono nelle valli alpine più discoste e difficili da raggiungere in Vallese come in Ticino. Le ferrovie federali tracciarono linee anche dove il flusso di passeggeri generava rendite modeste collegando le città dell’Arco giurassiano all’altopiano. Si era deciso di unire il paese anteponendo il bisogno di ogni svizzero di sentirsi parte del nuovo stato rispetto ad un ragionamento puramente economico. La creazione dell’SRG SSR rientra in quest’ottica. Rinsaldare i legami federali garantendo parità di trattamento e un’informazione pubblica di qualità in tutte le lingue nazionali.
 
Carlo Zoppi 6 febbraio 2018
A partire dagli anni ’90 del secolo scorso abbiamo assistito ad un’inversione di tendenza che ha messo in discussione questi principi. Una serie di privatizzazioni dei servizi pubblici furono lanciate per ottenere una presunta maggiore efficienza dei servizi e una diminuzione dei costi. I risultati di quelle decisioni sono oggi evidenti: la Posta chiude gli uffici non redditizi venendo a meno al suo mandato di servizio pubblico. Swisscom con la sua posizione monopolistica ci obbliga ad essere l’unica nazione europea a dover pagare ancora il roaming. Le FFS utilizzano i generosi finanziamenti pubblici per portare avanti una strategia di stampo privato incentrata sul profitto a scapito della qualità del servizio.

Dietro a queste manovre ci sono potenti gruppi che rappresentano interessi diversi fra loro ma che si dimostrano uniti nell’intento di portare avanti un progetto di matrice conservatrice volta a difesa dei privilegi per pochi e alla soppressioni di diritti acquisiti dai cittadini tramite l’indebolimento dello Stato federale. C’è chi lo combatte per motivi ideologici e chi lo considera un pericolo per i propri interessi personali. A questi si è aggiunto recentemente un nuovo gruppo di persone che traggono un grande beneficio dai luoghi comuni e dalle “fake news” che riescono con abilità a diffondere tramite social media e altri canali creando una disinformazione organizzata di cui un servizio pubblico di qualità rimane uno degli argini più solidi su cui possiamo contare per difendere la possibilità per ogni cittadino di formare la propria opinione liberamente e garantire così il buon funzionamento della nostra democrazia.

La svizzera è un mosaico di piccole realtà culturali e linguistiche che non saranno mai attrattive per gli attori privati dell’informazione alla ricerca di un profitto. È chiaro che la gestione dell’SRG non è perfetta, ma nemmeno l’economia privata se guardiamo i disastri perpetrati a spese nostre è un buon modello. Le banche durante la crisi del 2009 da loro creata sono state salvate con soldi pubblici. Il sistema finanziario che da anni approfitta degli enormi capitali delle politiche espansive delle banche centrali persevera a speculare e a simulare una crescita fittizia di cui le persone normali non beneficiano. Le casse malati continuano a costare ai contribuenti milioni all’anno per garantire ricchi bonus ai loro manager e i prezzi maggiorati dei farmaci. Tutti utilizzi discutibili di denaro pubblico che però non sembrano aver acceso l’indignazione popolare come successo con l’iniziativa “NO Billag” dove dei malfunzionamenti fisiologici di un’azienda pubblica, certamente da correggere, sembrano essere diventati il male assoluto da estirpare.

Quando la politica si dimostra pavida l’economia ne approfitta imponendo le sue regole anti democratiche. Non sempre è stato così e la nostra storia lo dimostra. Se chi ha gettato le basi del paese che siamo ora fosse qui oggi cosa direbbero? Proteggere certamente la struttura che ha reso la Svizzera equa e solida. Il tronco che sorregge i rami non deve essere amputato ma semmai riformato. Il 4 marzo non veniamo a meno a quello che siamo e alla memoria del loro lavoro.

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