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ITALIAStash: «Il web è un mezzo, non uno scopo»

06.07.17 - 06:01
In attesa di vedere i Kolors sul palco a Como (Arena Teatro Sociale) il prossimo 15 luglio, abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Stash
Stash: «Il web è un mezzo, non uno scopo»
In attesa di vedere i Kolors sul palco a Como (Arena Teatro Sociale) il prossimo 15 luglio, abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Stash

COMO - Reduci dalla realizzazione di “You” (Baraonda Edizioni, 19 maggio 2017), il terzo album, ieri sera a Terni i tre ragazzi - Stash (voce, chitarra), Alex (batteria) e Daniele (synth) - hanno dato il via al tour estivo che tra pochi giorni li porterà a una manciata di chilometri dal confine italo-svizzero.  

Stash, raccontami il processo di lavorazione di “You”...

«Abbiamo deciso di ricominciare a lavorare come si faceva un tempo, negli anni Settanta e Ottanta, quando ci si chiudeva in studio sviluppando migliaia di idee… Una modalità inutilizzata da anni, questa, che ci ha consentito di spremere al massimo un centinaio di demo e ottenere una selezione di dieci singoli...».

Ogni traccia dell’album, quindi, secondo quanto mi dici, eccetto - presumo - l'intro e il brano strumentale, è un potenziale singolo?

«Penso di sì... La selezione è stata effettuata attraverso un concetto ben preciso, quello di “playlist”, non di lp, perché, ahimè, è un po’ passato… Le piattaforme di streaming, d’altra parte, hanno cambiato il modo di ascoltare la musica…».

Nella maggior parte dei casi, un album deve però avere un filo conduttore, un laccio capace di legare un brano all’altro… Non credi?

«Assolutamente sì. Il disco non è un concept, ma i testi ruotano comunque attorno a un argomento comune: la title-track, “You”, riassume il concetto globale dell’album, che è un invito a riflettere su quanto il web stia cambiando il nostro modo di vedere le cose…».

I Kolors, però, sembrano molto attivi anche in quel “mondo parallelo”...

«Non demonizziamo la rete, anche perché, come vedi, cerchiamo di sfruttarla al massimo… L’utilizzo del web, però, va ponderato… Quello che voglio dire è che internet deve essere un mezzo, non uno scopo, come, purtroppo, è diventato per i più giovani… Ho notato questa cosa, questa strana contorsione, in molti ragazzi che ci seguono…».

Raccontami le registrazioni…

«Quando abbiamo iniziato a lavorare al disco, lo abbiamo fatto partendo da Londra, con Tommaso Colliva (il cui curriculum conta collaborazioni, tra le numerose altre, con Muse e Afterhours, ndr), all’interno degli studi Metropolis. La maggior parte delle registrazioni sono state effettuate lì, eccetto quelle della batteria, che abbiamo affidato a Mark Ronson, raggiungendolo nella sua sala di incisione, sempre a Londra, all’interno del complesso dei Tileyard Studios...».

Raccontami del brano strumentale, “Souls Connected”...

«È un’improvvisazione alla chitarra, dedicata a mio nonno, nata mezz’ora dopo avere appreso della sua morte… A un certo punto, poi, ci siamo resi conto che al disco mancava qualcosa, mancava l’improvvisazione… E “Souls Connected” è entrata di diritto nella tracklist... Ora sparo veramente in alto, ma l’excursus di questo brano è molto simile a quello di “The Great Gig In The Sky”, la quinta traccia di “The Dark Side Of The Moon” (Harvest, 1973) dei Pink Floyd…».

Raccontami della collaborazione con gli ex Oasis Andy Bell e Gem Archer in “Dream Alone”...

«Dopo avere registrato la demo, ho contattato Andy via mail grazie a un amico comune. Ho ricevuto la sua risposta esattamente dodici minuti dopo, ed era così entusiasta della canzone che ha voluto coinvolgere anche Gem. Nei giorni successivi eravamo al Metropolis a registrare…».

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