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INTERVISTA«Io, sfigato sin dalla data di nascita»

21.10.16 - 06:06
In attesa di vederlo alla Resega, Marco Mengoni si racconta e ci svela a chi fa ascoltare per prima le sue nuove canzoni. Poi racconta di quella volta sul taxi...
«Io, sfigato sin dalla data di nascita»
In attesa di vederlo alla Resega, Marco Mengoni si racconta e ci svela a chi fa ascoltare per prima le sue nuove canzoni. Poi racconta di quella volta sul taxi...

LUGANO - Una semplicità disarmante che ti conquista sin dalle prime battute. Questo è Marco Mengoni. Ieri lo abbiamo incontrato negli studi della RSI dove si è intrattenuto con i giornalisti in vista del suo concerto del 14 novembre alle Resega di Lugano e il 14 dicembre a Zurigo. «Venire in Ticino è come andare a trovare dei cugini di primo grado» ci dice subito.

E tu cosa ti aspetti dai cugini ticinesi?
Di farli divertire. E poi vorrei abbattere il pregiudizio secondo il quale più si va a nord e più le persone sono fredde. L'ultima volta che sono venuto a Lugano il pubblico era molto caloroso. E poi chi viene a vedere i miei concerti deve per forza di cose essere un po' matto.

Due anni fa ci siamo visti allo Studio Foce, una dimensione più piccola. Questa volta verrai alla Resega. Come affronti uno spazio decisamente più grande?
Gli spazi enormi mi permettono di volare sul pubblico. L'esigenza di questo tour è di sentirmi il più vicino possibile alle persone.

Sei nato artisticamente a X Factor. Molti dei tuoi colleghi di quel talent show sono finiti nel dimenticatoio. Ti sei mai chiesto perchè tu ce l'hai fatta e altri no?
Non lo so. Ho avuto forse più fortuna. Il mio destino ha scelto questo. Ma del domani non v'è certezza.

Mai avuto momenti di crisi?
Sì, cinque anni fa. Volevo quasi smette di cantare. In realtà non avrei mai voluto diventare un personaggio pubblico. Ho vissuto un'infanzia molto solitaria. Oggi sono una persona riservata. Mi faceva paura la gente. Avevo l'ansia. Poi ad un certo punto ho incontrato Lucio Dalla, lui mi ha convinto che forse davvero avevo qualcosa di carino.

Cosa ti disse Lucio Dalla?
Mi paragonò a Prince. Mi fece molti complimenti. E mi disse delle cose che mi fecero pensare molto a me stesso e a quello che potevo dare al pubblico.

Cosa ti spinse a continuare?
Il fatto di non aver mai pensato di voler fare questo mestiere. Non ho mai voluto essere un cantante. Tutto è capitato per caso. E questo mi ha aiutato a rimanere un ragazzo di provincia. Anzi di un paese di 8000 abitanti tra Roma e Viterbo. Sfigato sin dalla data di nascita: essendo nato il 25 dicembre tutti i compleanni li dovevo festeggiare sempre insieme alla famiglia.

Ti ha facilitato oppure no il fatto di essere nato in provincia?
Indubbiamente mi ha facilitato perché ho avuto l'opportunità di trasferirmi in una grande città e iniziare a fare piccoli lavoretti. In questo modo ho capito il valore delle differenze. Ai giovani dico sempre di viaggiare e cadere il più possibile, per potersi poi rialzare e imparare dalla vita.

E cosa sognavi di fare se non il cantante?
Ho frequentato l'Istituto d'arte. Avrei voluto fare l'architetto o il desiner. Non mi hanno preso al test di ingresso all'Università. Ci sono rimasto malissimo. Poi mi sono iscritto a lingue e letterature straniere. Dopo 6 mesi mi hanno chiamato da X-Factor. I miei provini erano piaciuti. Da lì è iniziato tutto.

E oggi sei uno che con un nuovo singolo - "Sai che" - riesce a raccogliere 1 milione di visualizzazioni dopo solo due giorni su youtube. Cosa rappresentano per te questi numeri?
Non ho mai capito niente di matematica. Di fronte ai numeri mi fermo. E vorrei rimanere sempre così, inconsapevole. Preferisco restare un po' tra le nuvole. Non mi sarei mai immaginato che un mio video potesse raccogliere così tante visualizzazioni. Ancora adesso faccio fatica a crederci.

A che età ti sei reso conto di avere un dono?
Da bambino mia madre mi aveva obbligato a prendere delle lezioni di piano. Ho fatto pochi mesi ma sono scappato. Lo stesso è successo per il corso di chitarra. Poi ad un certo punto, esibendomi con gli amici, mi dissero che tutto sommato non ero male a cantare. Dico sempre di essere un impiegato della musica. Quando lei chiama io vado.

Nella tua infanzia solitaria, qual è stata la canzone che ti ha aiutato a superare momenti di difficoltà?
Ogni volta che vedo i miei fans piangere davanti al palco penso a me, quando a Roma, in macchina alle 3 di notte, ascoltavo Ivano Fossati. Mi davo delle pugnalate nell'anima. Ammiravo la sua poesia. Le sue parole mi arrivavano come macigni. Erano sassate.

Ti ascolti in radio?
Mai. Non amo molto ascoltarmi. Sono un perfezionista cronico e non sono mai soddisfatto del risultato finale. Ti racconterò un episodio divertente. Qualche mese fa ero sul taxi. Dalla radio esce una mia canzone. Il taxista, che non mi aveva riconosciuto, ha cambiato canale disgustato. Ho provato un senso di sollievo.

Chi è la prima persona a cui fai ascoltare una tua canzone?
Una delle prime è mia nonna. Per lei io sono il nipote che lava i piatti. Nella mia famiglia le donne stanno a tavola e gli uomini lavano i piatti. Il suo voto non è mai 10. Al massimo 9 e mezzo. Ed è un voto alto solo perché sa che registro in video il suo giudizio, altrimenti mi darebbe tranquillamente un 7.

Come vivi i social e soprattutto leggi le critiche su internet?
Li vivo come credo sia giusto viverli. Per me sono canali mediatici per parlare del mio lavoro. Per arrivare alla gente. Non amo la morbosità. Leggo solo i commenti negativi. A volte mi abbattono ma la sensazione dura poco. In fondo vanno bene pure le critiche. Mia nonna mi dice sempre "nemmeno Cristo piaceva a tutti". Una frase che me sono sempre portato appresso sin da piccolo, quando guardandomi allo specchio mi vedevo brutto, col naso grande, e mi sentivo uscito da un quadro di Picasso.

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