I dati del 2017 sembrano indicare un calo nelle adesioni, invece c'è un ritorno in auge, specie qui: «Il lavoro è più precario, gli abusi più alti e la coscienza sindacale maggiore»
LOCARNO - Si sciopera per un licenziamento (36%), a causa del peggioramento delle condizioni di lavoro o del salario (30%); per chiedere miglioramenti (18%) o davanti a una minaccia del contratto collettivo (16%). Lo scorso anno, in Svizzera, le braccia si sono incrociate 11 volte, per 455 lavoratori coinvolti e 3'578 giornate perse, fonte Ust. «La statistica sottovaluta la realtà, perché considera solo le astensioni che hanno una durata minima di un giorno intero», mette però in guardia Unia.
Nel 2016 gli astenuti furono quattro volte tanti - Nell'anno in cui si celebra il centenario dello sciopero generale, primo caso nel 1918, a prestar fede ai numeri sembra di essere ormai vicini alla fine dell'astensione come strumento di rivendicazione; di assistere a un calo d'interesse e di adesione: nel 2016 scioperarono 2'181 persone, quattro volte di più del 2017; nel 2015 addirittura ben 13'437.
Ma la protesta collettiva esiste e resiste - Ma è soltanto un'illusione, giurano gli esperti. Lo sciopero esiste e resiste, anzi torna in auge. Il resto è un equivoco, generato dalle situazioni e i settori coinvolti, le dimensioni delle aziende e la durata nel tempo della protesta. «Le oscillazioni di anno in anno dicono poco – osserva Enrico Enrico Borelli, segretario Unia Ticino – Per fare una valutazione delle dinamiche ne servono almeno dieci».
Un aumento della conflittualità dal 2000 a oggi - Così, a estendere il tempo d'indagine, si scopre quanto sia sbagliato crederlo ormai superato. «Dall'inizio del millennio c'è stato un aumento della conflittualità. Non siamo ancora al livello dei primi del '900, ma c'è un ritorno, come conseguenza dell'avvento di politiche liberiste e l'attacco frontale ai diritti dei lavoratori».
Manifattura, trasporto ed edilizia: i piû litigiosi - Sinceri o in difetto, i dati di certo dicono che il settore più conflittuale, in Svizzera, è quello delle attività manifatturiere, 2'115 giorni e 312 addetti; poi trasporto e magazzinaggio, 999 e 37, e le costruzioni, 210 e 51. Secondo Andreas Rieger, ex presidente Unia e autore del volume "Scioperi nel 21° secolo", il ricorso è destinato a incrementare: «Questo strumento non è affatto arcaico. Arcaico è pretendere invece, come fa il patronato, che i conflitti non esistano. È ingenuo pensare che possano essere risolti senza attriti nel quadro del partenariato sociale».
E nel futuro degli atipici come si farà? - Ovviamente «sarà necessario trovare nuove formule» e più moderne, riflette ancora Borelli, consapevole del proliferare di lavori atipici. «L'atomizzazione salariale rende difficile lo sviluppo di momenti di solidarietà. In un contesto in cui si opera da casa, si perde la dimensione collettiva».
Ticino, «isola infelice»: e lo sciopero "sfonda" - Che però si andrà ancora a lungo in questa direzione non ha dubbi, specie in Ticino, «uno dei cantoni dove si registrano più conflitti collettivi». Questo perché «le condizioni di lavoro sono più precarie che altrove, il livello di abusi più elevato. Il Ticino è un laboratorio negativo, un'isola infelice nel panorama elvetico. I maggiori conflitti sono nell'edilizia. Nel ricorso allo sciopero cui assistiamo qui, contano anche elementi storici. In Ticino c'è una sensibilità sindacale maggiore. Non a caso abbiamo avuto uno degli scioperi più importanti del 2017, quello della Navigazione del Lago Maggiore, 34 dipendenti e 21 giorni».