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ATTUALITA'Bns, l'intervento "a parole" non basta più?

24.07.12 - 20:49
Foto Keystone
Bns, l'intervento "a parole" non basta più?

L’andamento degli spreads e dell’euro suggeriscono che gli investitori rimangono preoccupati per le sorti dell’Unione Monetaria Europea. Infatti, a seguito delle importanti decisioni approvate “politicamente” dal Consiglio d’Europa a fine giugno, sono subentrati i soliti problemi di “implementazione”. Ad esempio bisogna aspettare prima che l’European Stability Mechanism (ESM) sia funzionante appieno (a protezione delle banche e dei mercati obbligazionari “periferici”) e che, tra le altre cose, la Corte Costituzionale tedesca si pronunci sulla “probità” legale di tali decisioni. Se, come pare, non si avrà una risposta prima di settembre, i mercati, che si muovono molto più rapidamente, potrebbero andare di nuovo in sofferenza.

Tra l’altro in settimana nuove notizie hanno destato preoccupazione sulla tenuta dei conti in UEM. In primis, l’ammissione da parte del governo spagnolo, che lo stato era (è) a rischio di liquidità – con conseguenze per la corresponsione di servizi e stipendi. Ciò ha minato l’esito dell’ultima asta di debito pubblico, che ha raccolto “poco” e a tassi d’interesse elevati (la Spagna soffre infatti da mesi una caduta del credito e dei depositi bancari, oltre a cali pesanti nei prezzi delle case). Secondariamente abbiamo avuto news su una simile crisi di liquidità per la regione Sicilia, il che sta creando problemi al governo Monti che, per il momento, ha messo un “tampone” da EUR 400 mln sulla situazione. L’Italia rimane patrimonialmente (ben) più solida della Spagna, ma dalla Spagna permane un forte rischio di contagio di mercato e quindi di finanza pubblica (oneri sul debito in aumento).

Altro al momento minore problema per i mercati è la crescente instabilità in Siria, accompagnata da “rumours” (di fonte USA) che l’Iran potrebbe attuare azioni di disturbo al libero flusso commerciale di petrolio. Tali fattori hanno contribuito al marcato rialzo del costo del greggio (WTI) che è aumentato del 13% in un mese. Il livello del prezzo non è al momento preoccupante, ma una nuova crisi (militare) in medio oriente avrebbe ben altre conseguenze sul costo dell’energia - con potenziale recessivo per le economie consumatrici di petrolio.
Sul fronte della politica economica il Fondo Monetario Internazionale, avendo ridotto le previsioni di crescita globale per i prossimi due anni, ha esortato i policy makers europei ad agire più incisivamente per la tenuta dell’UEM, anche tramite politiche che assecondino la crescita economica oltre al rigore di bilancio (nodo non facile risolvere). Sulla stessa falsariga le dichiarazioni di Ben Bernanke al congresso USA, in parte ammettendo che il ciclo economico nazionale è ben più debole del previsto, in parte attribuendone responsabilità alle influenze nefaste della crisi debitoria e bancaria in UEM. Ciò detto, Bernanke ha mantenuto vive le speranze di mercato che, laddove anche luglio dovesse dare dati macro deludenti, la probabilità di ulteriore stimolo monetario quantitativo (QE3) aumenterebbe.

Infine, venendo alla Svizzera, la BNS ha rilasciato dati monetari che illustrano chiaramente come il mantenimento del “pavimento” per l’euro o “tetto” per il franco a 1.20/CHF stia diventando arduo. Infatti, tra maggio e giugno si sono avuti forti incrementi, per un totale di oltre CHF 100 mld, nelle riserve ufficiali delle banca centrale. Ciò significa che la stessa ha dovuto acquistare quantità importanti di EUR ed altre valute straniere per contenere gli effetti degli afflussi di capitale sul cambio CHF. Tali afflussi aumentano di pari passo con l’acuirsi del pessimismo sulla tenuta (crescita-fiscale) della UEM. Incidentalmente, i benefici di tali afflussi di capitale verso la Svizzera sono visibili anche sull’andamento di borsa ed obbligazionario elvetici. Ci pare chiaro che, al momento, una “verbal intervention” non basta più per mantenere un franco stabile. Sappiamo anche che la banca centrale non potrebbe sopportare troppi mesi con aumenti delle riserve ufficiali per, diciamo, almeno CHF 50 mld mensili (in quanto il proprio bilancio tenderebbe a divenire sempre meno controllabile). Quindi, se da un lato crediamo che tale “currency peg” rimarrà in essere nel breve termine (quest’estate), da settembre in poi sarà cruciale e necessario che i mercati comincino a rivalutare le loro percezioni sulla capacità di tenuta dell’UEM.

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