Non in senso lato, ma letterale: il gruppo ha bruciato le eccedenze di magazzino
LONDRA - Prodotti invenduti - fra vestiti e accessori di lusso - andati letteralmente in fumo. È la fine che hanno fatto l'anno scorso gli "avanzi di magazzino" di Burberry, marchio simbolo della moda britannica nel mondo, per un valore di 31 milioni di sterline, oltre 34 milioni di euro.
La cifra è stata indicata dagli stessi vertici dell'azienda, nel rapporto annuale sui conti. Quasi un dettaglio rispetto ai ricavi, pari a circa 3 miliardi di euro, ma che ha lasciato perplessi gli azionisti, secondo quanto riportato giorni fa dai media specializzati e ripreso oggi con evidenza dal Times.
La pratica di bruciare ciò che non si vende non è nuova nel mondo dei grandi brand del fashion (senza contare che anche la catena svedese H&M ha ammesso di recente di fare lo stesso). Le firme più rinomate la attuano per tutelare «la proprietà intellettuale» delle loro creazioni e difendersi dal timore di contraffazioni o vendite sottocosto.
Ma le proteste non mancano: sia per lo spreco che questo presuppone, sia per le conseguenze ambientali, denunciate a più riprese da gruppi ecologisti.