L'ultimo caso in Novartis: ma la prassi dell'addio comporta poca spesa e non dà garanzie di reale cambiamento
ZURIGO - L'ultimo in ordine di tempo è stato Felix Ehrat, la scorsa settimana. «È stato un errore, me ne assumo la responsabilità e metto fine alla polemica», ha dichiarato il direttore legale di Novartis, firmatario del chiacchierato contratto da 1,2 milioni di dollari stipulato nell'aprile del 2017 con l'avvocato di Donald Trump.
Da Raiffeisen ad AutoPostale - Solo un caso tra tanti, sfociato in quella che ormai è diventata una prassi scontata, anche in Svizzera; e poco sincera. Scoppia lo scandalo, vengono a galla i nomi, seguono le dimissioni: di gente fino a quel momento fiera e salda al proprio posto. Alla banca Raiffeisen se n'è andato ormai tutto il consiglio di amministrazione, in seguito alle accuse di corruzione nei confronti di Pierin Vincenz. Daniel Landolf ha scelto il pensionamento anticipato per togliere il disturbo, in tempi ancora non sospetti; era la fine dello scorso anno, ma nei meandri dei corridoi aziendali la vergogna che di lì a poco avrebbe investito AutoPostale era presumibilmente già nell'aria.
Colpevoli o vittime? - Addii che al profano sembrano ammissioni di colpa, da un'altra prospettiva trasformano i colpevoli in vittime sacrificali. Restano, concordano gli esperti, una maniera troppo semplice di "risolvere" questioni complesse, come bastasse rimuovere qualcuno per cancellare il passato. A manovrare le decisioni dei singoli è il più delle volte l'azienda, che così prova a riguadagnare credibilità: «Spesso sono gli azionisti e le persone comuni a chiederlo – spiega a 20 Minuten Bernhard Bauhofer, esperto di reputazione – Ma il punto non è se la tal persona si dimette o no. Il punto è se qualcosa sta effettivamente cambiando».
Chiudiamola qui, con poca spesa - Ovvio che, per raggiungere tale risultato, non basta un capro espiatorio. Eppure si continua a provare a uscirne con poca spesa, optando per il minore dei mali: dimissioni illustri che alla società costano poco, soddisfano le aspettative del pubblico e con ogni probabilità lasciano le cose come sono. Certo, «se il messaggio che passa è quello del licenziamento, il prossimo ci penserà due volte prima di infrangere le regole», osserva Patrick Krauskopf, avvocato e docente all'Università di Scienze applicate di Zurigo. Resta il sospetto, amaro, che sia comunque un po' troppo comodo: per tutti.