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SVIZZERAPrevisto un 2016 positivo per il commercio al dettaglio

05.01.16 - 11:21
Il fatturato nominale dovrebbe aumentare dello 0,3%, secondo gli economisti di Credit Suisse
Foto Archivio Ti-Press
Previsto un 2016 positivo per il commercio al dettaglio
Il fatturato nominale dovrebbe aumentare dello 0,3%, secondo gli economisti di Credit Suisse

BERNA - L'anno in corso, dopo un 2015 particolarmente difficile, dovrebbe segnare per il commercio al dettaglio una lieve distensione e un leggero aumento del fatturato nominale dello 0,3%. Lo affermano gli economisti di Credit Suisse nell'ultima edizione dello studio annuale "Retail Outlook", realizzato in collaborazione con la società di consulenza Fuhrer & Hotz.

Il 2015, sottolinea lo studio, è stato un anno di grandi difficoltà: dopo l'abolizione della soglia minima di cambio con l'euro gli acquisti all'estero da parte della popolazione svizzera sono saliti indicativamente dell’8% rispetto al 2014 per attestarsi a circa 11 miliardi di franchi. In corso d'anno è peggiorato in modo evidente anche il clima di fiducia dei consumatori. Tanto il fatturato reale del commercio al dettaglio quanto i prezzi e i volumi nominali si sono così attestati su livelli decisamente inferiori rispetto al 2014.

Per il 2016, gli economisti di Credit Suisse si aspettano una lieve distensione: il cambio franco/euro dovrebbe restare fermo attorno a 1.10 grazie a tassi d'interesse negativi e a sporadici acquisti di valuta estera da parte della Banca nazionale svizzera. Secondo lo studio il turismo degli acquisti dovrebbe stabilizzarsi sui livelli elevati del 2015, mentre il clima di fiducia dei consumatori non dovrebbe conoscere grandi schiarite. Il fatturato reale dovrebbe comunque registrare un andamento decisamente migliore, il calo dei prezzi nel commercio al dettaglio dovrebbe attenuarsi e i fatturati nominali stabilizzarsi. Da un sondaggio condotto da Fuhrer & Hotz presso 200 commercianti e produttori, il 53% prevede per il 2016 un aumento del volume d'affari.

Lo studio evidenzia anche che malgrado la forte crescita del "turismo degli acquisti" e del commercio online, una parte consistente della spesa delle famiglie relativa ai tre segmenti analizzati, ossia generi alimentari (79%), tessile e abbigliamento (57%) nonché mobili (78%), finisce ancora in tasca ai commercianti al dettaglio e all'ingrosso e ai produttori svizzeri.

I servizi di commercio – ossia la vendita di prodotti – sono prestati quasi esclusivamente da operatori svizzeri, ma i prodotti risultano nettamente più internazionali: il 21% dei generi alimentari consumati in Svizzera viene infatti importato. Nel caso dei mobili la quota sale al 53% e raggiunge addirittura quota 77% nell'abbigliamento e nel tessile.

Lo studio sottolinea inoltre che i prezzi al consumo in Svizzera sono più elevati rispetto ad altri paesi. I prezzi per i generi alimentari nei principali paesi di origine delle importazioni elvetiche risultano mediamente inferiori del 30%, quelli dei mobili del 26% e quelli dell'abbigliamento del 38%.

Queste differenze di prezzo sono sostanzialmente riconducibili ai costi di realizzazione, al costo del lavoro, alla spesa per trasporto e logistica nonché agli affitti per le superfici a uso magazzino e vendita. A risultare più bassi rispetto ai principali paesi di origine delle importazioni vi sono in Svizzera unicamente i costi di capitale e l'IVA.

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