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LUGANONon solo il franco forte fa paura

09.02.15 - 20:27
Il professor Rossi avverte: "Con il trattato USA/UE ci sarà invasione di prodotti stranieri, che ridurrà sia il livello di occupazione in Svizzera sia la qualità di vita della popolazione"
Non solo il franco forte fa paura
Il professor Rossi avverte: "Con il trattato USA/UE ci sarà invasione di prodotti stranieri, che ridurrà sia il livello di occupazione in Svizzera sia la qualità di vita della popolazione"

LUGANO - I miracoli del franco forte. All’improvviso fare la spesa in Svizzera è diventato meno caro. Basta sfogliare un qualsiasi giornale ticinese per notare annunci in cui si pubblicizzano prodotti alimentari e non a prezzi incredibili, con sconti e promozioni mai visti prima. Nei giorni scorsi Denner, Manor, Leshop.ch, Müller Svizzera e altre catene di negozi in Svizzera hanno lanciato un’offerta 1+1 (ossia prendi 2 e paghi uno), su tutti i prodotti Unilever. La concorrenza estera si fa sentire e il turismo dell’acquisto, con l’ulteriore svalutazione dell'euro, si è  fatto ancora più allettante. Se si pensa che la stessa confezione di tinta per capelli L’Oreal costa 5,95 euro in Germania (Drogheria DM Markt) e 15,80 in Svizzera (Manor), si capisce quanto sia importante la differenza di prezzo applicata nei due Stati. Ma non solo. All’improvviso molte aziende dell’export ritengono necessario decurtare stipendi, tagliare le tredicesime, pagare i propri dipendenti in euro. E alla fine chi paga è sempre l’ultimo anello debole della catena: i lavoratori dipendenti. Cosa sta succedendo in Svizzera? Lo abbiamo chiesto al professor Sergio Rossi, professore ordinario di macroeconomia e di economia monetaria nell’Università di Friburgo (Svizzera), che prevede un futuro incerto per il nostro paese non solo per il franco forte, ma anche con un trattato internazionale di cui ancora poco si parla in Svizzera: l'accordo di libero scambio tra l'Europa e gli Stati Uniti.

Professore, a metà gennaio la Banca nazionale svizzera ha annunciato la propria decisione di sganciarsi dalla soglia minima di cambio con l’euro. Pochissimi giorni dopo, c’è stata l’ondata di ribassi annunciata dai grandi distributori
“I grandi distributori, così come diversi altri dettaglianti, hanno deciso di annunciare rapidamente la riduzione permanente del prezzo di numerosi loro articoli in vendita, per cercare di trattenere la clientela che altrimenti potrebbe fare i propri acquisti nella zona euro. Negli anni passati, infatti, i centri commerciali come gli altri negozianti hanno subìto il fenomeno del turismo degli acquisti oltre frontiera, per un importo totale che nel 2013 e nel 2014 era di 10 miliardi di franchi l’anno. La metà di questa somma è il risultato di acquisti mirati all’estero, mentre l’altra metà è composta dagli importi spesi durante le vacanze e dagli acquisti attraverso Internet. Negli anni 2010 e 2011, prima dell’avvento della soglia minima di cambio, molti commercianti attesero dai 6 ai 9 mesi prima di trasferire sui prezzi finali il loro minor costo generato dal franco forte”.

Questa volta la reazione è stata immediata, non potrebbe nascere qualche sospetto?
“Indubbiamente, la rapidità con cui questi stessi rivenditori hanno recentemente annunciato dei ribassi di prezzo fa nascere qualche sospetto. Da un lato, si tratta certo anche di una operazione pubblicitaria per i grandi distributori, visto che tra gli articoli i cui prezzi sono stati ridotti ce ne sono molti assolutamente irrilevanti per l’andamento della cifra d’affari di questi distributori. La loro speranza, in fin dei conti, è di aumentare i guadagni sia attraverso un maggior numero di articoli venduti a prezzi ridotti, sia a seguito dell’acquisto da parte della loro clientela di numerosi altri articoli i cui prezzi non sono stati ribassati. Dall’altro lato, la concorrenza nel campo della grande distribuzione resta debole in Svizzera, dato che ciascuna catena di supermercati è posizionata su una clientela diversa, stratificata secondo il potere di acquisto. Tuttavia in un cantone di frontiera come il Ticino, il franco forte diminuirà la cifra d’affari di vari negozianti ticinesi, a causa non tanto degli orari di apertura meno lunghi che in Italia, ma soprattutto a seguito di una più vasta scelta di articoli nei negozi italiani rispetto all’offerta nel territorio ticinese.”


Nel processo della nuova globalizzazione si assiste a una ridistribuzione a livello planetario della ricchezza. Gli svizzeri stanno vivendo al di sopra delle loro possibilità?
“In generale, gli svizzeri non vivono al di sopra delle loro possibilità, visto che nel loro insieme risparmiano più di quanto spendono. Ciononostante, si nota una tendenza all’indebitamento, in parte eccessivo, per l’accesso al mercato immobiliare. Per quanto riguarda il livello dei prezzi, più elevato che nei Paesi limitrofi alla Svizzera, le ragioni sono diverse. Da un lato, ci sono dei costi fissi maggiori rispetto al resto d’Europa, come i premi delle assicurazioni, tra cui spiccano quelli delle casse-malati. Dall’altro lato, si nota una carenza di concorrenza, soprattutto nella grande distribuzione, ma anche nella telefonia mobile e nei trasporti di merci e persone”.


Come mai vi è una differenza di prezzo così importante tra i prodotti alimentari e non venduti in Svizzera e nell'Unione Europea?
“Molte aziende straniere che esportano i loro prodotti in Svizzera discriminano i loro prezzi di vendita, per approfittare del maggior potere di acquisto dei residenti in questo Paese rispetto alle altre nazioni europee. Lo vediamo facilmente per quanto riguarda i prezzi di vendita delle automobili e degli elettrodomestici. Si tratta di un fenomeno che riguarda anche le imprese in Svizzera, come vediamo nelle prestazioni fornite dai vari artigiani che operano nell’edilizia, per non parlare dei servizi medici e, più in generale, di tutte le professioni liberali, i cui prezzi sono tenuti alti per approfittare della elevata capacità di acquisto della popolazione elvetica.”


Dovremo tutti prepararci a essere un poco più ‘poveri’ in Svizzera?
“La crisi scoppiata nella zona euro ormai più di cinque anni fa non è stata affrontata correttamente e la situazione è dunque peggiorata nell’arco del quinquennio trascorso da quando la Grecia scoprì di essere in pericolo di fallimento. Se l’economia di Eurolandia arranca e la sua popolazione non ha delle prospettive incoraggianti per l’avvenire, la Svizzera ne risente per quanto riguarda le proprie esportazioni e la crescita economica del Paese intero. In questo senso, dovremo dunque prepararci per affrontare questo periodo di rallentamento congiunturale, senza drammatizzare ma dandoci da fare per essere creativi e innovativi, tenendo sempre presente che per il sistema economico nel suo insieme contano più i consumi domestici che il commercio internazionale”.

Cosa bisogna fare adesso?
“Bisogna evitare in ogni modo che la capacità di acquisto dei consumatori in Svizzera sia ridotta, per esempio a causa delle imprese che premono per una riduzione della loro massa salariale, perché in tal modo le aziende taglierebbero il ramo sul quale sono sedute. Magari alcune di esse sarebbero più concorrenziali nei mercati esteri, ma nel loro insieme le imprese perderebbero degli sbocchi in Svizzera, direttamente o indirettamente, nella misura in cui riducono gli stipendi del ‘ceto medio’ a vantaggio di utili aziendali che, invece di essere investiti produttivamente, sono parcheggiati nei mercati finanziari globalizzati senza alcuna ricaduta positiva per l’economia svizzera.”

Le aziende hanno reagito subito alla situazione con tagli agli stipendi e altre misure a sfavore dei lavoratori dipendenti...
“Ridurre gli stipendi significa ridurre la capacità di acquisto delle famiglie residenti in Svizzera a discapito dell’economia nazionale. Prima di fare un passo del genere, i responsabili di qualsiasi azienda devono interrogarsi a sapere se la riduzione dei margini di guadagno provocata dal franco forte è sopportabile o se mette a rischio l’esistenza dell’impresa. In tal caso, ci sono diverse soluzioni praticabili senza mettere sotto pressione chi lavora in azienda, che in generale è anche un consumatore. Non è possibile avere dei consumatori fiduciosi se i lavoratori sono sfiduciati!

E' giustificata secondo lei tutta questa fretta? Potrebbe nascere il sospetto che si sia colta la palla al balzo per tagliare e risparmiare sui costi...
“Bisogna anzitutto ricordare che molte imprese orientate al mercato interno o verso i mercati esteri acquistano diverse materie prime e numerosi prodotti semi-lavorati all’estero, beneficiando perciò del franco forte nella misura in cui pagano meno i fornitori di queste merci. Inoltre, le banche vendono dei prodotti finanziari che permettono alle imprese di proteggersi economicamente dal rischio di un apprezzamento del franco nei mercati valutari. Del resto, diversi prodotti svizzeri si avvantaggiano della loro ‘svizzeritudine’, poiché la domanda di questi prodotti non diminuisce se aumenta il loro prezzo di vendita. Pensiamo per esempio agli orologi di lusso, ai prodotti cosmetici, a quelli dell’industria chimico-farmaceutica o agli strumenti di precisione usati in numerose attività industriali o nel campo dei servizi alle persone.”

Si dice che l’economia svizzera riuscirà a superare il momento difficile grazie alla sua capacità di creare valore aggiunto e al suo dinamismo. Non è troppo ottimistica come previsione?
“L’economia svizzera ha tutti gli elementi necessari per superare anche la crisi attuale, come ha dimostrato di saper fare nel passato, sebbene vi sia qualche timore giustificato per quanto riguarda le questioni aperte con il voto a favore del contingentamento dei lavoratori in provenienza dall’UE – che rimette in discussione la via bilaterale scelta dal popolo svizzero nel precedente ventennio”.

La Svizzera confina con grandi potenze industriali e la sensazione è che aziende e consumatori per contenere i costi si riforniscano quasi esclusivamente nell’UE. Assisteremo in Svizzera a un’invasione di prodotti made in Germany/UE?
“Il problema non è quello dell’invasione di prodotti e di lavoratori in provenienza dall’UE, ma degli standard da rispettare allo scopo di evitare danni alla coesione sociale e alla salute delle persone. Se, dopo aver commesso l’errore di accettare il principio del ‘Cassis de Dijon’ (l’armonizzazione delle prescrizioni tecniche svizzere con quelle dell’UE per quanto riguarda i prodotti alimentari, ndr) che ha ridotto gli standard di protezione dei consumatori in Svizzera, ci si lascerà ingannare da chi vuole che la Svizzera aderisca indirettamente agli accordi in discussione tra l’UE e gli Stati Uniti per un ‘Partenariato per il commercio e gli investimenti’, l’invasione di prodotti stranieri ridurrà sia il livello di occupazione in Svizzera sia la qualità di vita della popolazione, tanto sul piano della sua salute psico-fisica che su quello del rispetto della democrazia e dei diritti popolari, cui il popolo svizzero è stato abituato sin dalla nascita della Confederazione elvetica. La globalizzazione economico-finanziaria ha indubbiamente portato dei vantaggi tangibili. Tuttavia, non bisogna spingere all’estremo questi processi, perché il pendolo della storia potrebbe in tal caso riportarci dolorosamente a una situazione di degrado sociale e di povertà diffusa come durante la Grande depressione del secolo scorso.”

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