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STATI UNITILicenziamento del direttore dell'FBI, Rosenstein invitato in Senato

12.05.17 - 07:55
Per il 54% degli americani il licenziamento è inappropriato
Keystone
Licenziamento del direttore dell'FBI, Rosenstein invitato in Senato
Per il 54% degli americani il licenziamento è inappropriato

WASHINGTON - Il numero due del Dipartimento di Giustizia, Rod Rosenstein, è stato invitato a parlare in Senato in merito al licenziamento del direttore dell'FBI James Comey.

Lo ha concordato il leader della maggioranza repubblicana al Senato americano, Mitch McConnell, con il leader della minoranza democratica al Senato, Chuck Schumer.

Lo ha annunciato lo stesso Schumer in aula al Senato. Rosenstein non ha ancora risposto alla richiesta, ma fonti del Congresso ritengono che lo farà.

Rod Rosenstein ha firmato l'ormai noto memo consegnato al presidente Donald Trump contenente le valutazioni e le raccomandazioni del dipartimento di Giustizia per procedere con la rimozione di Comey, e che era stato indicato dalla Casa Bianca in una prima ricostruzione dei fatti, da cui Rosenstein emergeva quindi come il suggeritore del clamoroso licenziamento di Comey.

Trump in persona ha successivamente affermato di aver preso la decisione a prescindere da alcun consiglio. Rosenstein aveva reagito alla prima ricostruzione ribellandosi, aveva infatti minacciato le dimissioni rifiutando di essere usato come "capro espiatorio".

Per il 54% degli americani il licenziamento è inappropriato - Il 54% degli americani ritiene che la decisione del presidente Donald Trump di licenziare il direttore dell'FBI James Comey sia inappropriata; il 38% la pensa al contrario. È quanto risulta da un sondaggio NBC News/Survey Monkey.

Trump a cena con Comey che garantì onestà - Sette giorni dopo il suo insediamento alla Casa Bianca il presidente Donald Trump invitò a cena il direttore dell'FBI James Comey (adesso licenziato da Trump) chiedendogli di promettergli lealtà. Comey garantì "onestà".

Lo scrive il New York Times citando fonti informate, secondo cui Comey garantì "onestà" al commander in chief ma declinò la promessa di lealtà, affermando di non poter essere ''affidabile'' nel senso politico convenzionale.


 
 
 
 

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