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STATI UNITITrump evoca la galera, caos tra i repubblicani. E la Clinton vola

10.10.16 - 21:22
Esplode lo scontro tra il candidato digerito a fatica e lo speaker della Camera Paul Ryan. Tutti i guai del tycoon a meno di un mese dall'Election day dell'8 novembre
Trump evoca la galera, caos tra i repubblicani. E la Clinton vola
Esplode lo scontro tra il candidato digerito a fatica e lo speaker della Camera Paul Ryan. Tutti i guai del tycoon a meno di un mese dall'Election day dell'8 novembre

WASHINGTON - Hillary Clinton puntava all'autocombustione di Donald Trump, che però non è arrivata.

Nonostante il video sessista, nonostante le accuse sopra le righe lanciatele dal tycoon ("sei il diavolo con il cuore pieno di odio"), le minacce shock ("se io fossi presidente ti manderei in galera") e la vittoria della candidata democratica nel secondo duello in diretta tv, giudicata netta in maniera unanime.

Partito nel caos - Perché il candidato repubblicano, nonostante tutto, resta a galla e non rinuncia fino alla fine a parlare ai suoi, a quella base che ribolle di insofferenza verso l'establishment e che lo ha portato fin qui, sull'uscio della Casa Bianca, gettando però il partito nel caos.

Oggi, a meno di un mese dall'Election day dell'8 novembre, è esploso lo scontro tra il candidato digerito a fatica e lo speaker della Camera Paul Ryan, la più alta carica eletta del Grand Old Party: anche se non è arrivato a ritirare ufficialmente il suo endorsement per il tycoon, Ryan ha fatto sapere senza mezzi termini di non avere più intenzione di difenderlo.

Proprio sabato scorso Ryan sarebbe dovuto comparire sul palco con il candidato nel corso di un evento elettorale nel suo Wisconsin, ma dopo la diffusione del video scandalo aveva subito ritirato la sua adesione. Poi una ad una le 'defezioni' e le condanne dei big repubblicani seguite alla pubblicazione di quel video.

Ryan rifiuta di lavorare con Trump - Oggi, secondo indiscrezioni, in una riunione a porte chiuse lo speaker della Camera ha fatto sapere di non voler più fare campagna per e con Donald Trump. Non sono bastate quindi le scuse di ieri sera per quelle frasi registrate nel 2005, che Trump ha liquidato come "chiacchiere da spogliatoio".

Puntando invece il dito contro le tresche di Bill Clinton, ex presidente e marito di colei che aspira a tornare alla Casa Bianca come prima presidente donna degli Stati Uniti, fino a portare le "accusatrici" di Bill nell'auditorium del dibattito.

Uno dei duelli televisivi più velenosi di sempre è stato descritto lo scontro consumatosi a St. Louis tra i due candidati che si propongono all'America con tutto il loro pesante bagaglio. E' stato però Trump a tenere alta la tensione, proteso tutto il tempo in attacco, perché pur meno nervoso e indisciplinato che nel primo round lo scorso 9 ottobre non ha rinunciato alla suo obiettivo: demolire Hillary Clinton.

"Tu saresti in galera" - Fino a quella frase sconcertante e senza precedenti che ha suscitato lo sdegno da più parti: "Se fossi presidente nominerei un procuratore speciale per indagare l'uso del server privato" e "tu saresti in galera".

Tutto troppo personale, una resa dei conti consumata in diretta tv e con cui Trump ha finito per mostrare il fianco all'avversaria, che lo ha infilzato sulla politica estera, accusandolo di essere un "regalo per l'Isis" e di ispirare le interferenze russe nella campagna elettorale come non se ne erano mai viste "per influenzare le elezioni a favore di Trump". E non bisogna avere nostalgia di Ronald Reagan per capire che sotto questa raffica di colpi Trump 'politicamente' per i repubblicani vecchio stampo non sta in piedi.

Ma probabilmente è una presa di coscienza tardiva, davanti all'inevitabilità dei numeri che vedono volare Hillary Clinton: dopo il parere unanime degli osservatori che ne hanno sancito il trionfo nel dibattito televisivo, oggi sono arrivati anche i risultati dell'ultimo sondaggio Nbc/Wsj condotto tra sabato e domenica dopo la diffusione del video con le frasi sessiste di Trump ma prima del duello televisivo, in cui la candidata democratica segna un vantaggio netto e stacca il rivale di ben 11 punti percentuali con il 46% delle preferenze contro il 35% di Donald.

Vendetta contro i voltagabbana - Non c'è però solo la minaccia in diretta tv, ma anche quella di una vera e propria rappresaglia nei confronti dei 'voltagabbana', quelli che nel momento di massima difficoltà lo hanno scaricato sperando in un colpo da ko da parte della ex first lady.

Knockout che però finora non c'è stato. E Donald Trump, salvata per il momento la sua campagna elettorale, medita la vendetta contro quelli che su Twitter ha definito 'ipocriti moralisti'.

Soprattutto quegli illustri e influenti senatori e deputati repubblicani - da John McCain a Lindsey Graham - che approfittando delle 48 ore più terribili e imbarazzanti della sua vita, hanno tentato di affossarlo.

Nel suo entourage, all'indomani del secondo duello tv con Clinton, si parla di un tycoon non solo soddisfatto per aver scampato il pericolo di una fine prematura della sua corsa alla Casa Bianca, ma anche furioso contro quelli che considera dei veri e propri traditori.

Tutti contro tutti - Tanto che ai suoi sostenitori e ai suoi fedelissimi pretoriani - dall'ex sindaco di New York Rudi Giuliani al governatore del New Jersey Chris Christie - in queste ore impartirebbe direttive molto precise: fare campagna contro tutti quei nomi che sono sulla 'lista nera' e che l'8 novembre cercano nelle urne una riconferma al Congresso. Nell'Election Day si rinnovano la Camera dei Rappresentanti e un terzo del Senato.

Una situazione senza precedenti, dunque. Da incubo per l'establishment repubblicano. Un candidato presidenziale che si schiera contro i candidati al Congresso del suo stesso partito. I pochi che in queste ore parlano descrivono una situazione di totale caos nel Grand Old Party ("sull'orlo di una guerra civile", scrive il New York Times) e di paralisi ai suoi vertici.

Una paralisi che crea un vuoto, una mancanza di strategia per cui ognuno va in ordine sparso. Con i leader incapaci di trovare una linea. Stretti tra la necessita' di prendere le distanze dal tycoon ma anche quella di non urtare i milioni di elettori che lo votano.

Rischio di perdere la Casa Bianca e la maggioranza in Congresso - Il risultato è che ora i repubblicani non solo temono di aver perso definitivamente la possibilità di riconquistare dopo otto anni la Casa Bianca ma anche di perdere la maggioranza in Congresso. Un quadro catastrofico.

Spia di questa situazione l'imbarazzo dello speaker della Camera Paul Ryan, che turandosi il naso aveva espresso il suo appoggio a Trump. Ora afferma di volersi concentrare solo sul mantenimento della maggioranza alla Camera e di non voler più difendere o fare campagna per il tycoon. Senza però ritirare l'endorsement. Difficilissimo da spiegare a tanti elettori.

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