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VATICANO«Gesù non viene per punire»

07.09.16 - 17:01
«Gesù non viene per punire»

CITTÀ DEL VATICANO - Il «messaggio che la Chiesa riceve da questo racconto della vita di Gesù è molto chiaro: Dio non ha mandato suo figlio per punire i peccatori o annientare i malvagi, a loro è invece rivolto l'invito alla conversione, a vedere la bontà divina e trovare la strada del ritorno». Lo ha detto oggi il Papa nell'udienza generale davanti a oltre 25 mila persone in Piazza San Pietro.

Il Pontefice ha parlato del rapporto tra giustizia e misericordia, contrappone lo «stile» di Giovanni Battista, che aspettando il messia annunciava che la «scure» di Dio si sarebbe abbattuta sui malvagi, e lo stile di Gesù, «mandato da Dio non per condannare il mondo o per annientare i malvagi, ma per invitare tutti alla conversione e alla salvezza».

È l'annuncio di amore misericordioso si salda alla cronaca di questi giorni, con la canonizzazione di madre Teresa di Calcutta, che visse con radicalità sovrumana l'amore per i poveri e gli scartati, testimoniando nei fatti più che a parole una identità cristiana mite e efficace, intessuta di amore: siate come lei «artigiani della misericordia», ha sottolineato Bergoglio.

Papa Francesco commentava il brano del Vangelo di Matteo in cui Giovanni Battista, che si trova in carcere, manda i discepoli da Gesù a chiedergli: «Sei tu quello che deve venire, o dobbiamo aspettare un altro?». Giovanni infatti «attendeva un Messia che ristabilisce la giustizia, premia i buoni e castiga i cattivi», mentre parole e azioni di Gesù non sembravano «su questa linea».

«Giovanni - ha sottolineato papa Bergoglio - soffre, è nel doppio buio, nel buio della cella, del carcere e nel buio del cuore, soffre e vuole sapere se è proprio Gesù il messia» o se bisogna ancora attendere. Nel Battista si riassumono dunque l'anelito alla giustizia e una condizione di di buio spirituale, una situazione comune anche oggi a molti credenti. Una situazione vissuta anche per lunghissimi anni da madre Teresa. «La giustizia, che rappresenta il cuore della predicazione di Giovanni Battista, - ha rimarcato papa Francesco - si è rivelata nelle azioni e nelle parole di Gesù innanzitutto come misericordia».

I dubbi di Giovanni, osserva ancora papa Francesco, «non fanno altro che anticipare lo sconcerto che Gesù susciterà in seguito con le sue azioni e le sue parole», tanto che molti si costruiscono «immagini di Dio che gli impediscono di gustare la sua reale presenza». Così viene fuori la «fede fai da te», di chi «riduce Dio nello spazio limitato dei propri desideri e delle proprie convinzioni, ma questa fede non è conversione al Signore, anzi, gli impedisce di provocare la nostra vita e la la nostra coscienza". "Altri - ha aggiunto - usano Dio come un idolo, e usano il suo nome per giustificare i propri interessi o addirittura odio e violenza».

«Per altri - ha ancora detto il Pontefice - Dio è un rifugio psicologico nei momenti difficili» e in questo caso «si tratta di una fede ripiegata su se stessa, impermeabile all'amore misericordioso di Gesù che spinge verso i fratelli», e ancora, «per altri Gesù è un buon maestro di insegnamenti etici, uno dei tanti della storia»; «infine - ha proseguito papa Francesco - c'è chi soffoca la chiesa in un rapporto puramente intimistico con Gesù, annullando la sua spinta missionaria, capace di trasformare l'uomo e la storia».

Il Dio in cui «crediamo noi cristiani - ha chiarito il Papa - è quello di Gesù Cristo, impegniamoci dunque a non ostacolare l'amore misericordioso del Padre, domandiamo il dono di una fede grande per diventare anche noi segni e strumenti di misericordia».

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