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Chi sono i ''consiglieri'' del numero uno della Casa BiancaIl consiglio di guerra di George W. Bush

28.03.03 - 11:27
Il vice presidente Cheney, il segretario alla Difesa Rumsfeld, il segretario di Stato Powell, il Consigliere per la Sicurezza Nazionale Rice, il generale Franks
Il consiglio di guerra di George W. Bush
Il vice presidente Cheney, il segretario alla Difesa Rumsfeld, il segretario di Stato Powell, il Consigliere per la Sicurezza Nazionale Rice, il generale Franks

Washington, 20 mar. (Adnkronos) - Sara' la guerra di George W. Bush contro l'Iraq, ma il 43esimo presidente degli Stati Uniti nei lunghi mesi di preparazione, e nel braccio di ferro con la comunita' internazionale per arrivare al conflitto, e' stato affiancato da un Consiglio per la sicurezza nazionale trasformatosi gia' in un vero e proprio consiglio di guerra.

Ecco i principali protagonisti:

E' la seconda volta che Dick Cheney si trova ai posti di comando durante una guerra all'Iraq: nel 1991 era infatti al fianco di Bush padre come ministro della Difesa. Ed ora il 60enne ex deputato del Wisconsin, che e' stato capo dello staff del presidente Gerald Ford, si ritrova in prima linea questa volta al fianco di Bush junior come vice presidente, e, secondo i critici, vero motore, nell'ombra, dell'amministrazione.

Non e' un caso che e' stato a Cheney che Bush si e' rivolto, dopo l'11 settembre, quando era necessario sviluppare una nuova strategia di difesa degli Stati Uniti nei confronti delle nuove minacce. Una strategia che l'ex ministro della Difesa aveva ''nella sua valigetta da anni'', ha scritto recentemente la rivista Time, da quando, da capo del Pentagono, aveva commissionato ai suoi collaboratori Paul Wolfowitz e Lewis Libby di formulare un piano per la nuova dottrina di difesa del dopo guerra fredda. Ora Wolfowitz e' vice segretario alla Difesa, Libby e' capo dello staff di Cheney ed il loro studio e' stata la base per la 'dottrina Bush''.

Protetto in luoghi segreti piu' dello stesso presidente dopo l'11 settembre, per garantire in caso di un attacco al cuore di Washington la successione alla guida del paese, Cheney da oltre 20 anni soffre di problemi di cuore, ha avuto due infarti, nel 1988 ha subito un'operazione per l'applicazione di un quadruplo bypass. Anche lo scorso novembre ha avuto un nuovo infarto, ed ha subito una nuova operazione.

Quella della salute viene considerata un'ipoteca ad una sua nuova candidatura al fianco di Bush. Ma non bisogna dimenticare come, prima che l'intero dibattito politico americano fosse monopolizzato dall'Iraq, Cheney fosse finito, dopo lo scandalo della bancarotta della Enron, nel mirino delle critiche per i suoi legami, come ex presidente di una compagnia energetica, con il mondo petrolifero. E per il piano energetico dell'amministrazione Bush, che a lui era stato affidato, considerato apertamente in favore degli interessi della grande industria petrolifera. Con il crescere degli scandali finanziari che lo scorso anno hanno investito molte corporation, anche la sua stessa gestione del gigante texano Halliburton e' stata oggetto di denunce e accuse.

E' stata la rivista 'Time' a definire cosi', 'the Pentagon warlord', il segretario alla Difesa americano, sottolineando come ''che si vinca o che si perda questa sara' la guerra di Rumsfeld''. Non solo per il modo in cui il segretario alla Difesa - tornando a 70 anni al Pentagono dove era stato, durante l'amministrazione Ford, a 43 anni, il piu' giovane segretario alla Difesa - ha seguito ''al 100 per cento la preparazione dell'operazione'', come ha dichiarato Norman Schwarzkopf, ma anche per la verve di superfalco con cui ha difeso, dagli alleati disobbedienti liquidati con 'vecchia Europa', o dalle critiche dei media, le ragioni della guerra.

E sin dai giorni della guerra in Afghanistan sono diventati una sorta di 'cult' i suoi briefing al Pentagono durante i quali incenerisce giornalisti ed avversari con le sue battute al vetriolo. Quello di Rumsfeld nell'amministrazione Bush e' un ritorno alla politica, sua prima e precoce passione, dopo aver scalato, negli ultimi 25 anni, il mondo finanziario e delle corporation, dove si era ritirato dopo la sconfitta di Ford nel '76.

Eletto a soli 29 anni al Congresso, come deputato del suo nativo Illinois, Rumsfeld era l'enfant prodige ed uno dei 'giovani turchi' del partito repubblicano, fra i quali Bob Dole, Ford e George Bush padre. Estremanente competitivo e sicuro di se fino all'eccesso - si racconta che un giorno, quando Rumsfeld era capo dello staff di Ford, il segretario di Stato, Henry Kissinger, disse al giovane collega, ''oggi ho visto tua moglie che stava prendendo le misure nel mio ufficio, Don'' - il giovane Rumsfeld si trovo' come avversario, ironia della sorte, il padre del suo attuale 'boss'.

Una prima volta nel 1975, quando entrambi puntavano al posto di vice presidente nel ticket repubblicano, posto che poi ando' a Dole. E la seconda volta nel 1980, quando cerco' di ottenere il posto di 'veep' (vice presidente) accanto a Ronald Reagan. Questa volta l'ebbe vinta Bush sr., e Rumsfeld torno' ai suoi ingaggi miliardari nel privato. E qui rimase per tutti gli anni reaganiani, tranne un breve, ma significativo, incarico come inviato del presidente. Era il 1983 e Rumsfeld ebbe il compito anche di tenere i rapporti con quel Saddam Hussein che allora era Washington un utile bastone fra le ruote per l'Iran khomeinista.

Nel 1988 ancora una mossa contro il suo rivale di sempre, Bush padre: 'Rummy' tenta infatti di contrastare la nomination del vice presidente alle primarie. Ma poi rinuncia ed invia a Bush un contributo di 100 dollari per la sua campagna elettorale. Poi di nuovo, almeno ufficialmente, lontano da Washington, pur rimanendo uno degli ideologi della politica estera repubblicana. A lui il partito affida il compito nel 1999, ancora in era clintoniana, di preparare il progetto dello scudo spaziale, che ora, insieme a Bush, spera di vedere realizzato prima del 2004.

Senza contare che e' sua la prima firma, seguita da quella dell'ora vice presidente Dick Cheney, e poi da quella di Paul Wolfowitz, John Bolton, Richard Perle - tutti ora ai vertici dell'amministrazione Bush - alla lettera-appello ai repubblicani del Congresso con cui, il 29 maggio 1998, si sottolinea che 'occorre cacciare Saddam e mantenere una possente presenza militare nella regione, pronti ad usare la forza per difendere i nostri interessi nel Golfo Persico''. La strategia dell'amministrazione era gia' tutta li'.

Per mesi Colin Powell e' stato descritto, nelle semplificazioni della stampa internazionale, come la ''colomba'' dell'amministrazione Bush per il suo solitario, ma alla fine vincente, convincimento che la questione dell'Iraq - che, come scrive Bob Woodward, il giornalista del 'Watergate', nella sua ''La guerra di Bush'', dalla scorsa estate si era deciso che sarebbe stata la ''successiva (e forse piu' difficile) prova per Bush e per il ruolo degli Stati Uniti nel mondo'' - dovesse essere affrontata nell'ambito dell'Onu.

Ed e' stato soprattutto grazie all'ex generale trasformatosi in un diplomatico che, nonostante la voglia di andare avanti da soli, gli Stati Uniti accettarono due mesi di estenuanti negoziati che l'otto novembre ha portato all'approvazione, 15 voti a zero, della risoluzione 1441.

Una soddisfazione per il 65enne, arrivato dal Bronx, dove era nato in una famiglia giamaicana (come ricorda nella sua autobiografica 'Nato nel Bronx, una storia americana'), dopo 35 anni di carriera, alla guida degli Stati Maggiori Riuniti, e poi alla guida della diplomazia americana. Dopo aver accarezzato l'idea, nel 1995, di candidarsi alla Casa Bianca.

Una soddisfazione pari alla rabbia suscitata, un paio di mesi dopo, dall'emergere dell'asse franco-tedesco anti-guerra. Di fronte alla loro sfida, l'amministrazione doveva presentarsi monolita ed e' stato cosi', scriveva a fine gennaio il 'Washington Post', che il guerriero riluttante, che la ''colomba si e' trasformato in falco''.

E cosi', nel cammino verso il conflitto annunciato, Powell ha vestito i panni della ''pubblica accusa'': e' stato infatti al segretario di Stato che Bush - che, come scrive sempre Woodward, all'inizio del suo mandato non ha mai voluto che l'eroe di Desert Storm avesse un profilo troppo alto per timore della sua eccessiva popolarita', tanto che dopo l'11 settembre 'Time' titolava in copertina 'Dove e' finito Colin Powell?' - ha affidato il compito di presentare le 'prove' contro l'Iraq al Consiglio di Sicurezza.

Una vera requisitoria, quella tenuta da Powell il cinque febbraio, che apparve diretta non solo, e non tanto, a convincere gli altri paesi della colpevolezza del rais iracheno. Ma anche a presentare agli americani quelle ragioni della necessita' di agire militarmente che, stando ai sondaggi, fino allora Bush non era stato in grado di presentare. Una scelta azzeccata: secondo la Cnn, il 63 per cento degli americani allora si disse piu' pronto a fidarsi di Powell che di Bush.

Il 15 settembre 2001, a quattro giorni dagli attacchi alle Torri ed al Pentagono, Paul Wolfowitz, 57enne vice segretario alla Difesa, non aveva dubbi: una guerra limitata solo all'Afghanistan si sarebbe rivelata una pericolosa palude. La vera minaccia alla sicurezza americana non risiedeva - argomento' l'ex professore di Yale che lascio' l'insegnamento nel 1973 per entrare nell'allora amministrazione Nixon, servendo poi in tutti i governi americani, tranne naturalmente le due amministrazioni Clinton -nelle caverne afghana ma nei bunker di Baghdad. Bisognava attaccare- concluse di fronte agli altri membri dell'amministrazione riuniti nel consiglio di guerra in quelle drammatiche ore per l'America - l'Iraq, subito.

Con in mano i piani per un attacco all'Iraq che il Pentagono stava preparando gia' da mesi prima dell'11 settembre, Wolfowitz ''dava voce - come scrive nel suo libro Bob Woodward - alle opinioni di un risoluto gruppo di conservatori, molti dei quali veterani delle amministrazioni Reagan e Bush senior, persuasi che al mondo non ci fosse minaccia piu' grave di Saddam Hussein''.

Un gruppo guidato dal suo capo, e da sempre grande sponsor, il segretario alla Difesa, Donald Rumsfeld. E dal vice presidente Dick Cheney, che l'aveva chiamato al suo fianco quando, ai tempi di Bush padre, era ministro della Difesa.

Una linea cui allora, ed in seguito, si oppose con vigore Colin Powell: ''Mettere fine al terrorismo e' cosa di cui mi vorrei occupare io, ed il signor Wolfowitz'' disse, stizzito, il segretario di Stato, sempre secondo quanto scrive il giornalista del Washington Post nel suo libro 'La guerra di Bush'. Senza contare che la linea trovava in disaccordo anche il capo degli Stati Maggiori Riuniti, il generale Henry Shelton. Il presidente Bush decise di circoscrivere la prima fase della guerra all'Afghanistan, ma, in privato, incoraggio' Wolfowitz - ''Wolfie'', lupetto, come lo chiama Bush - a continuare a lavorare all'attacco all'Iraq.

La carta vincente del numero due del Pentagono e' la grande chiarezza e rapidita' intellettuale. ''Quando parla, il suo intelletto si muove cosi' velocemente, come se seguisse il corso di un pensiero che si forma - ha raccontato a Time una fonte dell'amministrazione - ma bisogna sempre ascoltare attentamente quello che sta dicendo''.

Il 'falco piu' intelligente del Pentagono' ha cosi' avuto un ruolo primario nella formulazione della dottrina della guerra preventiva. Risale al 1990 la sua prima proposta di attacchi preventivi contro paesi nemici che producono armi di distruzione di massa.

Viene dalla provincia texana, proprio dalla Midland, 'capitale' dell'impero petrolifero dei Bush. Ma, figlio di un meccanico, Tommy Franks, il generale che come capo del 'Centcom', il comando centrale dell'esercito americano in Africa, Medio Oriente ed Asia, guidera' la guerra all'Iraq, e' cresciuto in un mondo lontano anni luce da quello dorato di George W. Unico legame, a posteriori, e' Laura, la first lady, sempre di Midland, che frequentava, due anni piu' giovane, lo stesso liceo di Tommy.

E mentre il futuro presidente degli Stati Uniti andava alla prestigiosa Yale, evitando poi di partire per il Vietnam, grazie ad una provvidenziale chiamata da parte della Guardia Nazionale del Texas, Tommy andava all'universita' statale texana. E non riusciva neanche a finirla perche' nel 1967 ricevette la 'cartolina' e parti' per il Vietnam.

Una volta tornato a casa, con una serie di onorificenze guadagnate in un battaglione di artiglieria, e conseguita una laurea in business, a Franks sembro' che la via piu' facile fosse quella di ritornare nell'esercito. Dove scalo', uno ad uno, faticosamente, tutti i gradini. Fino ad arrivare a Tampa, quartier generale del Centcom, in Florida nel 2001. Appena in tempo per l'11 settembre e la guerra in Afghanistan.

E per chi ha seguito come il generale Franks appariva raramente, e controvoglia, le conferenze stampa ed altre occasioni mediatiche durante la guerra in Afghanistan, non sara' difficile immaginare che, in questo secondo conflitto con l'Iraq, i media dovranno fare a meno delle quotidiane esternazioni che il generale Norman Schwarzkopf, soprannominato 'Stormin Norman', dal nome dell'operazione 'Desert Storm', tempesta nel deserto, regalava alle telecamere di tutto il mondo. Un assaggio delle telegrafiche comunicazioni dello schivo Tommy e' stato dato durante una sua rara intervista alla Cnn, durante la quale, alla domanda sul mistero della sorte di Bin Laden, ha risposto: ''Non sappiamo dove sia. O e' in Afghanistan o non lo e'''.

Unico tallone di Achille di questo militare tutto d'un pezzo, e' Kathy, la moglie che gli sta al fianco da oltre 30 anni. E forse un po' troppo al fianco, almeno secondo alcuni dei sottoposti del generale che hanno presentato una denuncia all'ispettore generale del Pentagono su presunti abusi che Franks avrebbe compiuto per favorire la moglie. Come farla viaggiare a spese dello stato - Kathy solitamente segue Tommy dovunque - metterle accanto come assistente un militare e farla partecipare anche a riunioni 'top secret'. Accuse per le quali il Pentagono ha dovuto avviare un'inchiesta disciplinare. Che, ha assicurato Donald Rumsfeld ancora prima della sua conclusione, non mettera' assolutamente a rischio il ruolo che Franks dovra' svolgere in Iraq. Prima e dopo la guerra, visto che Bush intende nominarlo 'pro-console' dell'Iraq del dopo-Saddam.

''Una presenza non intrusiva, ma costante''. Cosi' Andrew Sullivan, la penna piu' acuta del conservatorismo 'liberal' anglo-americano, ha definito, in un ritratto pubblicato dal Sunday Times, il ruolo di Condoleezza Rice, la prima donna arrivata alla carica di Consigliere per la Sicurezza nazionale. Ospite fisso dei weekend a Camp David, e delle vacanze al ranch texano di Crawford, la 47enne ex rettore dell'universita' di Standford - anche qui la prima donna afroamericana a raggiungere la carica - politologa specializzata nelle questioni dell'Europa orientale, e' stata l'ombra di George Bush durante la campagna elettorale nel 2000.

Da quando l'ex 'enfant prodige' dell'amministrazione Bush sr. fu chiamata a colmare le imbarazzanti lacune di politica estera che l'allora candidato presidenziale aveva cominciato a mostrare. E fu allora che la Rice, per prima, sollevo' la questione irachena con Bush, come scrive Bob Woodward nel suo libro ''La guerra di Bush''. ''Lui le aveva spiegato di non essere d'accordo con chi sosteneva che suo padre avesse chiuso troppo presto la guerra contro Saddam nel 1991'', si legge nel libro del giornalista del Watergate.

Da allora la mano discreta di 'Condi' non e' mai mancata quando il presidente deve affrontare questioni di politica internazionale. Anche senza darlo a vedere: sempre Woodward ha scritto infatti che, durante i momenti piu' drammatici affrontati dall'amministrazione dopo l'11 settembre, Bush ha chiesto al suo Consigliere di partecipare alle riunioni, ma di non parlare. Non perche' non volesse il suo avviso, ma perche' potesse contare su un secondo, silenzioso arbitro della discussione.

E per questo ruolo di 'guru' di politica estera, Condoleezza ha tutte le carte, accademiche e politiche, in regola. Nata nel 1954 a Birminghan, quando in Alabama ancora vigeva la segregazione, Condoleezza - che deve il suo nome alla passione per la musica, e la manipolazione linguistica, dei suoi genitori che hanno fuso la dicitura, in italiano, sugli spartiti musicali 'con dolcezza' - arrivo' al college ad appena 15 anni.

Ed era convinta che avrebbe dedicato la sua vita e la sua brillante intelligenza alla musica ed a quella che gia' appariva una importante carriera da pianista, se non avesse incontrato, all'universita' di Denver, il professor Josef Korbel. Fu il diplomatico ceco, in fuga prima dai nazisti e poi dai comunisti, e padre del futuro segretario di Stato Madelein Albright, a 'convertire' la giovane Rice alla passione per la politica.

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