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Ma chi sono questi curdi?

Quando si muore per esistere: storia del popolo curdo tra persecuzioni e desiderio di riscatto
Quando si muore per esistere: storia del popolo curdo tra persecuzioni e desiderio di riscatto

Del popolo curdo si ha una percezione vaga. Non si conosce la sua storia millenaria nè tanto meno dove sia esattamente stanziato. Compare in isolati momenti storici, come ora in Siria, per poi tornare nellʼombra di una esistenza caratterizzata da una eterna lotta per vedersi riconosciuto il diritto ad una propria nazione.

Eppure quello curdo costituisce il quarto gruppo etnico più numeroso del Medio Oriente, dopo arabi, persiani e turchi, con una popolazione stimata in circa 40 milioni di persone che vivono divisi tra Turchia, lʼIran e lʼIraq, la Siria e lʼArmenia. Sono altresì presenti in Europa, in seguito ai flussi migratori, in special modo in Germania e penisola scandinava.

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Kurdistan? Dov'è? - I curdi sono un popolo indoeuropeo di antichissime origini la cui regione storica, il Kurdistan, è un area montuosa situata nellʼAsia minore che comprende la Turchia sud orientale, lʼIran nord-occidentale, la Siria settentrionale, lʼArmenia e lʼAzerbaigian. Il Kurdistan, sentita dai curdi come la propria nazione, non esiste però a livello internazionale. In tale regione, prima della conquista araba, erano presenti comunità ebraiche e cristiane e si praticava la religione zoroastriana. Attualmente la maggioranza dei curdi è di religione musulmana sunnita ma si pratica anche la religione musulmana sciita nel sud-est della regione, mentre il 5% della popolazione è di religione cristiana caldea.

Un'oppressione che arriva da lontano - Finiti sotto il dominio degli Arabi prima e dellʼImpero Ottomano poi, i curdi sono stati da sempre un popolo oppresso pronto ad essere sacrificato agli interessi dei più forti stati conquistatori. La pacifica convivenza di popoli diversi, dal punto di vista etnico e religioso, venne spazzata via dallʼaccordo Sykes-Picot del 1916, ideato dalla Francia e dalla Gran Bretagna per attuare i propri interessi strategici in Medio Oriente. Per fare ciò venne sostituito il modello governativo coloniale con la creazione di stati nazionali che facessero capo ad un gruppo etnico maggioritario. I popoli minori, come i curdi, gli armeni e i ceceni, divennero vittime di sanguinose persecuzioni al fine di sottometterli ad un nuovo concetto di nazionalismo.

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L'indipendenza negata per colpa del petrolio - Alla fine della Prima Guerra mondiale il trattato di Sevres, firmato il 10 agosto del 1920, avrebbe dovuto riconoscere il Kurdistan quale stato autonomo ed indipendente. Il trattato però non venne mai applicato. Una volta scoperti i giacimenti petroliferi presenti nel territorio del Kurdistan iracheno, il trattato di Sevres venne sostituito con quello di Losanna del 24 luglio 1923. Con questo trattato il Kurdistan venne smembrato tra quattro grandi paesi, Iran, Iraq, Siria e Turchia, e lʼidea di uno stato curdo indipendente venne definitivamente accantonata. Da allora, in tutte le aree del Kurdistan, ebbero luogo rivolte e battagli portate avanti dei partiti curdi al fine di veder affermata la propria autonomia.

Gli undici mesi della Repubblica - Nel 1946 venne fondata in Iran la Repubblica di Mahabad, con presidente Qazi Muamed. Questa Repubblica doveva essere un primo nucleo del futuro Kurdistan indipendente ma non venne riconosciuta da nessuna delle potenze alleate e durò solo undici mesi. In seguito ad una concessione per lo sfruttamento del petrolio, lʼArmata Rossa revocò il proprio appoggio alla neo Repubblica e lʼesercito iraniano poté così gradualmente riprendere il controllo del territorio. La bandiera della Repubblica di Mahabad, composta da tre fasce orizzontali verde, bianca e rossa e da un sole centrale con 32 raggi, è tuttʼoggi riconosciuta quale propria bandiera dal popolo curdo. Negli anni successivi, lo scià Reza Pahlavi dovette confrontarsi a lungo con la guerriglia condotta dai curdi guidata dallo sceicco Mustafa Barzani.

Torture e stupri - Nel 1974, venne siglata la pace tra Iran ed Iraq e il Governo di Bagdad decise di ritirar il sostegno fino ad allora dato ai guerriglieri curdi. Il governo di Teheran ha esercitato, in questi decenni, una dura repressione contro il popolo curdo sottoposto a torture ed esecuzioni sommarie. Contro le donne curde sono state invece portate avanti sistematici atti di violenza e stupri. Anche in Iraq la storia del popolo curdo è scritta con il sangue delle tante vittime falcidiate dai massacri voluti dal Governo di Bagdad. Ai tempi della firma del Trattato di Losanna, Schek Mahumud Hafid, re dei curdi rifiutò di far parte dellʼIraq ed elesse il suo regno a Sulaymaniyya. Riuscì a sconfiggere per ben due volte lʼesercito britannico fino a che, nel 1924, dovette capitolare ed arrendersi allʼesercito britannico-iracheno dopo aver combattuto una sanguinosa battaglia per la propria indipendenza. Il sentimento nazionalista curdo si andò rafforzando con lʼintensificarsi delle persecuzioni e i Peshmerga, che significa ʻcoloro che vanno incontro alla morteʼ, si rifugiarono nelle zone montuose da dove ripresero la lotta contro gli iracheni e gli inglesi.


Capitolo 1

Deportazioni di massa e devastazioni


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Negli anni ʼ60, allo scoppio della guerra tra Iraq ed Iran, le autorità irachene ordinarono la deportazione di massa in Iran di migliaia di curdi, in special modo donne, vecchi e bambini, mentre gli uomini venivano incarcerati, se non giustiziati, senza alcuna accusa. Negli anni successivi al conflitto in Medio Oriente, furono migliaia i curdi fatti sparire dai servizi  segreti iracheni. Durante il regime del partito Baath di Saddam Hussein furono rasi al suolo più di 5 mila villaggi e seminate, in territorio curdo, oltre 20 mila mine antiuomo.

 

Tremila ragazzi torturati - Nel 1985 tremila ragazzi curdi furono arrestati e torturati dalle forze di sicurezza irachene ed usati come ostaggi per obbligare i propri parenti a consegnarsi alle autorità. Fra il 1987 ed il 1988, con lʼoperazione militare denominata ʻAnfalʼ, furono seppelliti vivi in fosse comuni più di 182 mila curdi iracheni.

 

Il gas nervino - Nel marzo del 1988, nella città di Halabja fu dato ordine dal dittatore iracheno di usare il gas nervino contro la popolazione civile causando la morte di oltre 550 persone in un solo giorno. Anche coloro che riuscirono a sopravvivere manifestarono, negli anni successivi, gravi patologie mediche e furono numerosi i neonati venuti al mondo con gravi malattie congenite. A seguito delle persecuzioni subite, milioni di curdi abbandonarono le proprie case per cercare rifugio in Iran ed in Turchia: nel 1988 le autorità turche confermarono di aver dato asilo ad oltre 57 mila curdi iracheni.

 

L'ONU e l'indipendenza - Nel 1991, dopo la Seconda Guerra del Golfo, il popolo curdo ricevette un importante riconoscimento: la risoluzione n 688 dellʼOnu stabilì che lʼesercito iracheno non potesse superare il 36° parallelo del nord dellʼIraq. Ciò permise una sorta di riconoscimento, se non formale, almeno sostanziale della autonomia ed indipendenza del Kurdistan iracheno. Dal 2003 tale regione gode dello status federale allʼinterno dellʼIraq e pur non avendo ottenuto il riconoscimento di Stato, tuttavia dispone di una certa autonomia organizzativa.


Capitolo 2

L'invasione turca


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Dei curdi si è tornato a parlare in questi giorni a seguito dellʼattacco militare sferrato dalla Turchia di Erdogan nel nord della Siria. Da sempre le vicende di questo popolo martoriato si sono intrecciate con le vicende politiche dei due Paesi in questione. Durante gli anniʼ30 e ʼ40 del XX secolo, il Governo di Ankara definiva i curdi “i turchi delle montagne” nel tentativo, anche linguistico, di non riconoscere lʼesistenza di questo popolo che ad oggi rappresenta oltre il 20% della popolazione turca. 

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Una guerra civile con migliaia di morti - Negli anniʼ80, come reazione al tentativo di cancellare lʼidentità del popolo curdo da parte del Governo di Ankara, nacque nel 1978 il gruppo di ispirazione marxista PKK, il Partito dei lavoratori curdi, guidato ad Abdullah ʻApoʼ Ocalàn che dal 1984 al 2013 ha condotto una insurrezione contro il governo turco. In quella che da molti esperti viene definita una vera guerra civile, più che una semplice insurrezione popolare, morirono migliaia di persone in entrambi i fronti. A seguito della creazione del Pkk, il Governo turco incrementò le azioni persecutorie a danno della  popolazione curda vietando lʼuso di termini quali ʻcurdiʼ e ʻKurdistanʼ oltre che lʼuso della lingua curda stessa. Il 15 agosto del 1984 il Pkk dichiarò lʼinizio della rivolta curda condotta anche con atti terroristici a cui seguirono le cruente azioni di repressione di Ankara che portarono alla distruzione di interi villaggi, esecuzioni civili sommarie e torture oltre alla sparizione di giornalisti ed attivisti della causa curda. Dopo aver dichiarato il cessate il fuoco nel 1999 e nel 2004, il Pkk ha ripreso le sue ostilità su vasta scala fino al marzo 2013 quando Ocalàn dichiarò “la fine della lotta armata” ed un cessate il fuoco con dei colloqui di pace. Nel 2015 invece il conflitto è ripreso a seguito dei bombardamenti turchi alle postazioni presidiate dal Pkk nel nord dellʼIraq durante la guerra condotta dai curdi contro lo Stato islamico del Daesh. Durante la lotta armata condotta in questi decenni, entrambe le parti si sono macchiate di numerose violazioni dei diritti umani. Il Pkk è stato accusato di atti di terrorismo contro civili, ospedali, scuole ed istituzioni accusate di essere filo-turche. Migliaia di persone sono state uccise per aver servito il governo o per essersi rifiutate di sostenere lʼorganizzazione. Centinaia di scuole sono state bruciate e quasi trecento insegnanti uccisi con lʼaccusa di essere “emblemi dellʼimperialismo turco appartenenti al sistema di assimilazione coloniale”. Gli attacchi contro la popolazione civile è stata tanto sanguinaria da aver portato ad una spaccatura allʼinterno dello stesso Pkk con alcuni membri dellʼorganizzazione che ne invocavano la cessazione.

Il massacro di Derince - l 21 ottobre 1993 lʼorganizzazione curda commise il massacro di Derince dove vennero uccisi 22 membri di una stessa famiglia, uomini, donne e bambini, con lʼaccusa di essere cooperanti del governo. La stessa fine toccò a dei panettieri che rifornivano le basi militari turche. Di contro anche lʼesercito turco si è reso responsabile di crimini di guerra per aver massacrato interi villaggi curdi con armi pesanti. Lʼorganizzazione non governativa ʻHuman Right Watchʼ ha condannato le forze governative turche per gravi violazioni dei diritti umani internazionali , quali torture, uccisioni extragiudiziali e fuoco indiscriminato durante il conflitto con il Pkk.

Armi chimiche -  Inoltre, secondo alcuni testimoni oculari, il Governo di Ankara avrebbe autorizzato lʼutilizzo di armi chimiche contro la popolazione civile. Accuse supportate anche da un rapporto forense rilasciato dallʼospedale militare universitario di Amburgo.


Capitolo 3

L'origine dell'attuale crisi


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Eʼ in questo clima di altissima tensione che trova origine la crisi internazionale esplosa il 9 ottobre di questʼanno a seguito delle operazioni turche nel nord della Siria per “liberarla dai terroristi curdi”. La Turchia considera di estrema importanza per la propria sicurezza nazionale impedire la formazione, ed il riconoscimento, di uno Stato autonomo curdo in Siria. 

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L'accordo USA-Turchia - Lo scorso 7 agosto gli Stati Uniti e la Turchia hanno trovato una intesa per la creazione di una sorta di ʻzona cuscinettoʼ al confine sud della Turchia, nella zona confinante con i territori occupati dalle milizie curde. Lʼaccordo prevedeva il ritiro dei curdi dal confine con il supporto delle truppe americane al fine di permettere al Governo di Ankara di trasferire nella ʻsafe zoneʼ, un milione di profughi siriani scappati in Turchia a seguito della guerra civile. Il governo turco ha infatti già presentato i progetti riguardanti i villaggi, moschee ed ospedali da costruirsi per il ritorno in patria dei rifugiati.

27 milioni di dollari - Un progetto da 27 miliardi di dollari per il quale il presidente Erdogan ha chiesto un contributo anche dallʼUnione Europea. Prima però bisogna liberare i territori di confine dagli odiati nemici curdi. A questo punto diventa più chiaro come nelle priorità del presidente Erdogan non vi siano solo la sicurezza nazionale e la lotta al terrorismo ma anche un affare da miliardi di dollari. Allʼatavico odio per la popolazione curda, si aggiungono anche motivazioni di politica interna: nelle recenti elezioni Erdogan ha subito una pesante sconfitta ed ha perso la maggioranza parlamentare a causa dellʼampio consenso ottenuto dal partito curdo HDP. Inoltre, il partito nazionalista turco MHP accusa il Presidente di non aver combattuto abbastanza lʼestremismo islamico e di non aver ostacolato lʼoperato dei curdi in Siria.

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Operazione Primavera di pace - Si è giunti così al 9 ottobre scorso, giorno in cui la Turchia ha dato inizio allʼoperazione “Primavera di Pace” attaccando il nord-est della Siria. Una guerra, quella siriana, che si considerava ormai sopita dopo che, dal suo inizio a marzo 2011, ha prodotto più di 500 mila morti, 160 mila profughi nei soli Paesi confinanti e 6 milioni di sfollati interni di cui 2,5 milioni di bambini. Grande eco ha avuto anche lʼuccisione dellʼattivista per i diritti delle donne e politica curda Hevrin Khalaf per mano di terroristi. Lo scontro tra le milizie curde e lʼesercito turco è impari se si considera che le forze armate turche sono le seconde più numerose allʼinterno delle forze Nato per numero di uomini. I curdi, ancora una volta si trovano ad essere vittime di logiche geopolitiche delle grandi potenze in Medio Oriente. Lʼaccordo raggiunto tra Trump ed Erdogan viene vissuto dai curdi come un tradimento verso coloro che dal 2012 hanno dato la vita contro i fanatici dellʼIsis che imperversavano nelle città di Kobane o Tal Abyad, lungo il confine turco-siriano. Sono stati proprio i combattenti del Ypg e del Ypj, lʼUnità di protezione delle donne curde, oltre a numerosi volontari provenienti da tutto il mondo, a sconfiggere lo Stato del Daesh. Il conflitto, esploso da poche settimane, ha già visto lʼuccisione di centinaia di persone oltre che la fuga di oltre 60 mila civili dalle zone di guerra. Alla condanna da parte dellʼUnione Europea, Erdogan risposto dicendo che “se lʼEuropa ci accuserà di occupazione militare in Siria, apriremo le porte a 3,6 milioni di rifugiati e li manderemo da voi”. E mentre la Turchia si appresta a sferrare una offensiva a Kobane e Manbij, le truppe del presidente siriano Assad marciano verso nord per dare sostegno alle milizie curde con il beneplacito della Russia. E mentre le grandi potenze affilano le armi, il nome del popolo curdo, come da secoli, è già nella lista delle vittime sacrificali dellʼennesima guerra di potere in Medio Oriente.


Appendice 1

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Appendice 2

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