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I nuovi muri che dividono lʼEuropa

A trentʼanni dal crollo del muro di Berlino cosa è rimasto dellʼidea di un continente unito?
A trentʼanni dal crollo del muro di Berlino cosa è rimasto dellʼidea di un continente unito?

Il 9 novembre 1989, una folla immensa di persone si riversò nelle strade di Berlino. Mai più si assisterà ad una così ingente manifestazione di piazza, mai più si andrà così vicino allʼideale di fratellanza tra popoli diversi. Mai più si affermerà, con tale decisione, la volontà di sconfiggere un regime totalitario a favore di una reale democrazia.

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Capitolo 1

Costruzione e crollo del muro di Berlino


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La data storica della grande festa - Il 9 novembre 1989, una folla immensa di persone si riversò nelle strade di Berlino. Mai più si assisterà ad una così ingente manifestazione di piazza, mai più si andrà così vicino allʼideale di fratellanza tra popoli diversi. Mai più si affermerà, con tale decisione, la volontà di sconfiggere un regime totalitario a favore di una reale democrazia. Il 9 novembre di trentʼanni fa le televisioni di tutto il mondo trasmisero le storiche immagini dei berlinesi che festeggiavano la caduta del muro di Berlino e, con esso, la riunificazione della Germania fino ad allora divisa in Repubblica Federale tedesca, ad ovest, e Repubblica Democratica tedesca, ad est.

Uno slogan molto popolare scritto sul Muro recitava: “Niente più guerre. Niente più muri. Un mondo unito”. Ed in effetti, il suo crollo sembrò poter realmente concretizzare un ideale di unità laddove, per quasi quarantʼanni, aveva invece rappresentato il simbolo del conflitto tra due contrapposte ideologie politiche, economiche e sociali: gli Stati Uniti, ed i suoi alleati, da una parte e la Russia, e gli Stati ʻsatellitiʼ intorno allʼorbita del Cremlino, dallʼaltra.

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È la fine del ventesimo secolo - Secondo lo storico Eric Hobsbawm, la storica data del 9 novembre 1989, segna la fine del Ventesimo secolo e della cosiddetta “Guerra Fredda” che, dal secondo dopoguerra in poi, spaccò il mondo in due blocchi contrapposti pronti a darsi battaglia anche a colpi di armi nucleari, se fosse stato necessario.

Nel 1945, infatti, durante la Conferenza di Yalta e Postdam, la Germania sconfitta venne divisa in quattro zone di occupazione divise tra Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna ed Unione Sovietica. Nella città di Berlino il settore sovietico era il più esteso, mentre i settori di pertinenza delle altre potenze vincitrici costituivano quasi una enclave al suo interno. Quando le potenze occidentali tentarono di liberalizzare le economie nelle rispettive zone, i russi decisero di attuare il ʻBlocco di Berlinoʼ e tutti gli accessi della città vennero bloccati nel tentativo di spingere gli Stati Uniti, la Francia e la Gran Bretagna ad abbandonare la città. Gli Stati Uniti decisero di attuare un ponte aereo per trasportare merci e persone e la crisi parve risolversi in maniera pacifica.

KeystoneÈ il 1961. Si inizia a costruire

La spaccatura di Berlino - Dal 1949 le zone della Germania sottoposte allʼinfluenza delle potenze occidentali vincitrici si riunirono nella Repubblica federale tedesca mentre quelle sottoposte allʼinfluenza sovietica costituirono, ad est, la Repubblica Democratica tedesca, la DDR. La città di Berlino continuava ad essere un prezioso avamposto occidentale in territori influenzati dal Cremlino caratterizzata, al suo interno, da forti contrasti. E così, se Berlino Ovest era un inno al capitalismo ed allo stile di vita occidentale, gli abitanti di Berlino Est erano abituati ad una esistenza caratterizzata da sobrietà e rinunce.

Le prime emigrazioni da est a ovest - Tra il 1949 ed il 1961 quasi due milioni e mezzo di persone migrarono dalla Germania orientale verso la parte occidentale: tra di loro molti lavoratori e professionisti qualificati stanchi della situazione economica difficile e delle limitazioni alla libertà personale che il governo della DDR imponeva loro. Fu per porre un freno a queste ondate migratorie che, nel 1952, il confine tra la Repubblica Federale e quella Democratica venne chiuso anche se partire ed atterrare da Berlino Ovest rimase comunque relativamente semplice. Il 16 dicembre 1958 i ministri degli Esteri di Francia, Regno Unito, Stati Uniti e Repubblica Federale tedesca sottoscrissero, insieme ai consiglieri della Nato, la ʻDichiarazione di Berlinoʼ in cui viene sancito il diritto delle tre potenze occidentali a permanere nella città di Berlino in modo da poter garantire la libertà di questʼultima a comunicare, senza restrizioni, con il resto del mondo.

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Si inizia a costruire il muro - Il Consiglio della Nato era convinta che si dovesse addivenire ad un accordo con lʼUnione Sovietica per risolvere la situazione della Germania nel suo complesso, oltre che la questione del disarmo e della sicurezza europea. Lʼaccordo sperato non venne mai concretizzato dato che nel 1961, la DDR, in accordo con il Cremlino, decise di adottare una strategia concreta per fermare il flusso di persone che migravano dalla Germania dellʼEst allʼOvest: tra lʼ11 ed il 12 agosto del 1961 iniziarono i lavori di costruzione di un muro intorno ai tre settori occidentali della città ed il 13 agosto, mentre i lavori di costruzione continuavano, le truppe del Kampfgruppen presidiava la linea di confine. Inizialmente la barriera era costituita da filo spinato, ma già il 15 agosto si iniziarono ad usare dei blocchi in cemento e pietra per costruire il primo muro di Berlino, lungo circa 100 km, che circondava completamente Berlino Ovest, trasformando i tre settori occidentali in una vera e propria isola nei territori orientali. Questo avvenne appena due mesi dopo che Walter Ulbricht, capo di Stato della DDR e segretario del Partito socialista unitario della Germania, pronunciasse la famosa frase “Niemand hat die Absicht, eine Mauer zu errichten” e cioè “Nessuno ha intenzione di costruire un muro”, affermazione poi smentita dai fatti.

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Famiglie separate - Fu così che, da un giorno allʼaltro, intere famiglie, amici, fratelli e sorelle, oltre che a coppie di fidanzati si trovarono irrimediabilmente divisi: migliaia di vite berlinesi distrutte. Fin da subito la Germania Est sostenne che si trattava di un muro di protezione contro una non meglio specificata aggressione fascista da parte della Germania Federale, ma la realtà storica dei fatti era che il muro venne costruito per impedire fisicamente ai cittadini della Germania Est di abbandonare i territori orientali e, passando da Berlino Ovest, potessero raggiungere la Germania occidentale. Con la costruzione del Muro le emigrazioni passarono da 2,5 milioni di persone, tra il 1949 al 1962, ai 5 mila tra il 1962 ed il 1989.

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Tecniche di fuga - Finché il Muro non venne completato, le tecniche di fuga adottate dai tanti tedeschi che tentarono di scappare verso la Germania Federale, furono molto semplici, come utilizzare una macchina sportiva bassa per passare sotto le palizzate oppure gettarsi dalla finestre degli appartamenti posti lungo il confine sperando di atterrare dalla parte giusta. Con il passare degli anni i tentativi di fuga si fecero sempre più disperati e si arrivò a costruire vere e proprie gallerie sotterranee, utilizzare aerei ultraleggeri e mongolfiere o, addirittura, scivolare lungo i cavi elettrici posti tra pilone e pilone. In tanti riuscirono a conquistare lʼagognata libertà ma non furono in pochi coloro che persero la vita nella cosiddetta “striscia della morte”, termine che indicava la striscia di terra posta tra il primo muro del 1961 ed il secondo muro, parallelo al primo, costruito nel 1962 con lo scopo di rendere ancora più difficile la fuga verso la Germania occidentale. La prima persona a pagare con la morte il suo tentativo di fuga fu, il 22 agosto del 1961, Ida Siekmann che aveva tentato la fuga saltando dal suo appartamento sito nella Bernauer Strasse, mentre lʼultima vittima fu Winfried Freudenberg, morto lʼ8 marzo 1989 dopo aver intrapreso uno spettacolare tentativo di fuga a bordo di una mongolfiera che si era fabbricato da solo e poi precipitata, ironia della sorte, proprio in territorio federale. Gunter Litfin e Chris Gueffroy furono invece la prima e lʼultima persona ad essere uccisa a colpi di arma da fuoco dai soldati di confine. Uno dei più noti tentativi di fuga che si ricordi è quello del diciottenne Peter Fechter, prima ferito dai proiettili sparati dalle guardie di confine della DDR e poi lasciato morire dissanguato nella ʻstriscia della morteʼ. Tanti furono i bambini che persero la vita nel vano tentativo di superare il Muro, come Lothar Schleusener e Jorg Hartmann di 13 e 10 anni, uccisi anchʼessi da colpi di arma da fuoco, Cetin Mert, morto il giorno del suo quinto compleanno e Holger H. di appena 18 mesi. 

KeystonerÈ il 17 agosto del 1962. Peter Fechter ha solo 18 anni. tenta di fuggire da Berlino est verso Berlino Ovest. Viene fucilato dalle guardie. Il suo corpo resta sull’asfalto per 50 minuti. prima di essere portato in ospedale dove morirà dopo pochi minuti.

 

Keystone1965 il muro diventa ancora più grande e più invalicabile

Una nuova versione del muro - Nel 1965 si diede inizio ad una terza versione del muro, che avrebbe soppiantato le versioni precedenti, composto da lastre di cemento armato rinforzato alto 3,6 metri e 1,5 metri di larghezza, mentre dal 1975 la protezione del confine venne rinforzata da recinzioni comprendenti oltre 105 chilometri di fossato anticarro, 302 torri di guardia con cecchini armati, 20 bunker ed una strada illuminata per il pattugliamento lunga quasi 200 chilometri. Inizialmente, per gli stranieri ed i turisti, vi era a disposizione un solo punto di attraversamento, il famoso ʻCheckpoint Charlieʼ in Friedrichstrabe, mentre i berlinesi avevano a disposizione 13 punti di attraversamento, di cui 9 posti tra le due parti della città e 4 tra Berlino Ovest e la DDR. In seguito, come atto simbolico, venne definitivamente chiuso lʼattraversamento della porta di Brandeburgo. Se nellʼottica della guerra fredda il muro di Berlino poteva rappresentare un successo per i Paesi a regime comunista, agli occhi dellʼopinione pubblica mondiale divenne presto un marchio di infamia per tutto il blocco sovietico, assurgendo a simbolo della tirannia comunista, specialmente dopo che iniziarono a diffondersi la notizia delle uccisioni delle tante persone che aspiravano ad una vita libera.

KeystoneIl presidente degli Stati Uniti, John Fitzgerald Kennedy, in piedi su una tribuna, si rivolge a una grande folla nella piazza principale di fronte al municipio di Schoeneberg, allora situata a Berlino Ovest

«Ich bin ein Berliner» - Il 26 giugno del 1963, John F. Kennedy, in visita ufficiale alla città di Berlino Ovest pronunciò il suo famoso discorso “Ci sono molte persone al mondo che non comprendono, o non sanno, quale sia il grande problema tra il mondo libero ed il mondo comunista. Fateli venire a Berlino! Ci sono alcuni che dicono che il comunismo sia lʼonda futura. Fateli venire a Berlino! (...) Tutti gli uomini liberi, ovunque essi vivano, sono cittadini di Berlino e quindi, come uomo libero, sono orgoglioso di dire: Ich bin ein Berliner, sono un berlinese!”.

 

 

L'era Gorbaciov - Nei fatti però, gli Stati Uniti non poterono far molto per cambiare la situazione tedesca. Bisognerà aspettare oltre venti anni, fino alla metà degli anni ʼ80, per assistere a qualche significativo cambiamento: il nuovo leader del Partito Comunista sovietico Michail Gorbaciov avviò una serie di storiche riforme volte ad innovare il Partito dallʼinterno mentre, a livello internazionale, lʼesistenza del Muro divenne sempre più motivo di imbarazzo per il regime comunista. Un leggero vento di rivoluzione che si fece tempesta nellʼanno della svolta: il 1989. Il 23 agosto di quellʼanno, lʼUngheria decise di aprire i propri confini verso lʼAustria e migliaia di tedeschi orientali intrapresero il viaggio della speranza verso la Germania occidentale, oltrepassando il confine ormai libero.

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Fuga di massa - Alla fine di settembre più di 13 mila persone erano scappati ad ovest. La situazione si fece allarmante e il governo della DDR si affrettò a comunicare che il confine non sarebbe stato oltrepassabile da parte di cittadini non ungheresi: i profughi tedeschi si rifugiarono in massa nelle ambasciate della Germania Federale a Budapest e Praga in attesa di conoscere il proprio destino. Dopo giorni di trattative trafelate, il ministro degli Esteri di Bonn, Hans Dietrich Gensher, ottenne che i migranti potessero arrivare in occidente a patto di attraversare nuovamente il confine con la Germania orientale. Le immagini dei treni stipati di profughi sfiniti fecero il giro del mondo e si rivelarono catastrofiche per il prestigio del governo della DDR.

KeystoneAlcuni giovani rifugiati dell'Est felici di entrare in treno nella Germania Ovest I rifugiati avevano trascorso settimane nell'ambasciata della Germania occidentale a Praga.

Primi segnali di apertura - Il 18 ottobre il leader del partito comunista della Germania Est, Enrich Honecker, si dimise e venne sostituito, pochi giorni dopo, da Egon Krenz. Il governo del neoeletto premier decise di concedere ai cittadini della DDR dei permessi per viaggiare verso lʼOccidente: compito di dare la notizia sarebbe spettata a Gunther Schabowski, ministro della Propaganda della DDR, il quale però si trovava in vacanza senza essere a conoscenza dei dettagli riguardanti le nuove normative relative ai permessi di viaggio. Il 9 novembre venne annunciata una conferenza stampa: Schabowski sfogliò velocemente i fogli preparatigli dal suo amico Krenz ed annunciò che dal giorno dopo i cittadini della Germania orientale avrebbero avuto il permesso di viaggiare allʼestero, anche verso i Paesi occidentali, grazie ad un semplice passaporto ottenibile a semplice richiesta.

La fine della Cortina di ferro - La notizia, pur comunicata senza alcuna enfasi, fece rimanere allibiti i giornalisti presenti i quali capirono subito lʼenorme portata storica della vicenda: era la fine della ʻCortina di Ferroʼ. Al corrispondente dellʼAnsa, Riccardo Ehrman, si deve la domanda fatidica “Da quando saranno in vigore le nuove regole?” ed il portavoce, colto di sprovvista, balbettò un timido “Ad Sofort-Immediatamente”. Alle 19.17 i telegiornali di tutto il mondo diffusero lʼincredibile notizia dellʼapertura dei confini della DDR e centinaia di migliaia di persone si assieparono lungo i varchi di frontiera. Alle guardie di confine apparve subito chiaro che non fosse possibile rimandare indietro una tale folla enorme e non ci fu altra scelta che aprire i posti di blocco. Per tutta la notte, e nei giorni a seguire, per le strade di Berlino si susseguirono scene di giubilo con i tedeschi orientali ed occidentali finalmente riuniti dopo oltre trentʼanni di separazione: il muro di Berlino venne preso a martellate e picconate nella volontà di cancellare il più rapidamente possibile anche solo il ricordo dei quei tragici decenni.

Il 18 marzo 1990 si svolsero le prime elezioni libere della Repubblica Democratica tedesca che produssero un governo il cui principale mandato era la negoziazione della fine della DDR. Il 3 ottobre 1990 i cinque Lander della Repubblica democratica tedesca, trasformati in province, aderirono la Repubblica Federale tedesca. Le Germania era finalmente unita.

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Capitolo 2

Effetti politici e sociali del crollo del muro di Berlino


Se allʼinizio del 1989 lʼidea di una Europa unita e pacificata poteva sembrare una utopia, dopo la fatidica data del 9 novembre, lʼideale di una libera circolazione di persone e merci in una Europa divisa per lunghi anni in due blocchi contrapposti, parve essere una realtà possibile.

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La nuova Germania unita - La fine della guerra fredda permetteva lʼingresso in Europa ad una nuova Germania unita la quale, con il sostegno di Francia ed Italia, fu tra i fautori della creazione di una identità europea, culturale e politica, unita sotto una stessa bandiera ed uno stesso inno, e dallʼambizioso progetto, di cui si parlava fin dagli anni ʼ70, di unʼ unica moneta.  Il Trattato di Maastricht ed il rafforzamento dellʼasse franco-tedesca, accompagnata dalla rapida disgregazione del blocco sovietico con il crollo del regime comunista nei Paesi dellʼEst, resero ancora più evidente come la Germania volesse porsi tra i Paesi guida di questa nuova Comunità Europea.

Le difficoltà dei paesi dell'Est - Ad inizio degli anni ʼ90 però, lʼUnione europea dovette confrontarsi però con il dramma della lotta intestina nella ex Jugoslavia, protrattasi fino al 1999, e la sua parziale incapacità di gestire efficacemente non solo una guerra al proprio interno ma, successivamente, una reale integrazione al suo interno dei nuovi Stati autonomi dellʼEst Europa. Se lʼingresso di Paesi ricchi quali Austria, Finlandia e Svezia avvenne rapidamente e senza gravi problemi, le nazioni dellʼEuropa orientale vennero messe lungamente in una sorta di ʻlista dʼattesaʼ condizionata dal timore dei sacrifici  economici e problemi politici che la loro ammissione si pensava avrebbe comportato. 

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Crescono disoccupazione e violenza - Dallʼaltra parte, anche in seno alla Germania non fu semplice il processo di integrazione tra il modello economico che aveva caratterizzato la DDR con quello democratico e liberale della Germania Ovest: i cittadini tedeschi orientali, duramente colpiti da anni di privazioni, si trovarono a fare i conti con una forte riduzione dello stato sociale e la fine della certezza dellʼoccupazione lavorativa. Nei primi anni della unificazione il tasso di disoccupazione si alzò enormemente e con la privatizzazione dei beni statali della DDR andarono smantellate importanti istituzioni quali lʼAccademia delle scienze. Una intera generazione rimase bruciata dal rapido passaggio tra i due modelli economici e politici e solo i più giovani riuscirono ad adeguarsi al nuovo sistema. I primi anni ʼ90 furono inoltre caratterizzati dalla riemersione della violenza di estrema destra, con più di duemila attentati a sfondo neonazista, con quasi venti vittime, nel solo 1992.

KeystoneUn uomo acconciato come Adolf Hitler, partecipa a una manifestazione neonazista in un cimitero di guerra nel villaggio della Germania orientale di Halbe, a sud di Berlino.

Lo spopolamento della parte Est - A distanza di trentʼanni dalla caduta del muro di Berlino, il divario con le regioni ricche dellʼOvest non è stato ancora colmato: nelle regioni dellʼEst, infatti, la disoccupazione è arrivata a toccare punte del 20% a fronte dellʼappena 4,9% a livello nazionale. In alcune di queste aree il calo degli abitanti, emigrati a causa della mancanza di lavoro, ha costretto alla chiusura di centinaia di scuole, asili, piscine e biblioteche pubbliche. In molte aree della Sassonia, della Turingia e dello stato di Brandeburgo, hanno cominciato a scarseggiare anche i medici e i centri sanitari: nei prossimi dieci anni, secondo le ultime stime, il processo di spopolamento si farà ancora più grave, con esiti devastanti per i piccoli centri già scarsamente popolati. La maggior parte delle persone che sono partite in cerca di fortuna altrove sono giovani uomini e donne in età da lavoro, il che ha portato ad un calo demografico e ad un processo di invecchiamento delle Land orientali. Nel 2017, lʼEconomist aveva raccontato le difficoltà di reperire manodopera locale da parte di molte aziende e, di converso, della crescente richiesta dei lavoratori nel settore delle case di riposo per anziani.

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Spunta lo spettro dei muri - Nelle aree dellʼex Germania Est, lʼesasperazione per la mancanza di lavoro ha avuto, come ulteriore conseguenza, un crescente sostegno per il Partito di estrema destra ʻAlternativa per la Germaniaʼ (Add) che da tempo promette di aumentare gli investimenti pubblici per gli stati più poveri. La grave crisi economica che dal 2008 attanaglia, con esiti diversi, tutto il mondo rende ancora più evidente il divario tra Paesi ricchi e poveri. Dopo la caduta del muro di Berlino, nessuno avrebbe pensato che si sarebbe tornato a parlare di muri e barriere eppure, con lʼenorme spinta migratoria, ovunque in Europa sembrano prevalere le politiche sovraniste che propugnano il ritorno ai confini chiusi e alle barriere che fisicamente possano impedire la libera circolazione delle persone. Tutto ciò in palese contraddizione con quegli ideali di libertà ed unità che caratterizzarono lʼanno 1989.

L'analisi del politologo

Il politologo Jacques Rupnik, autore del saggio ʻSenza il muro. Le due Europee dopo il crollo del comunismoʼ si interroga su cosa sia cominciato in Europa dopo il 1989 e se lʼEuropa centrale sia stato solo la protagonista di quei cambiamenti o anche, e soprattutto, posta in gioco per le potenze che posero fine alla guerra fredda. Secondo lo studioso, “lʼinfatuazione acritica per il modello liberaldemocratico occidentale e lʼadesione altrettanto acritica al ʻWashington consensusʼ neoliberista, con lʼenfasi per i diritti umani branditi contro il totalitarismo sovietico, hanno portato alle ʻguerre umanitarieʼ degli anni ʼ90 e allʼintervento americano in Iraq o Afghanistan, circostanze nelle quali i paesi dellʼEuropa centrale sono stati più vicini agli Stati Uniti che allʼUnione Europea”. La conclusione, secondo Rupnik, è che la concezione della sovranità popolare intrecciata con il patriottismo nazionalista contro lʼUrss si è esposta alla degenerazione populista-sovranista attuale. Paradossalmente, fino a quando il mondo occidentale si è retto sullʼequilibrio Usa-Urss è esistito una sorta di bilanciamento delle parti in gioco. La dissoluzione dellʼUnione delle repubbliche socialiste sovietiche ha portato ad una escalation della volontà interventista americana, unica super potenza rimasta in gioco. A fronte però di interventi bellici condotti con metodi tradizionali, nella realtà attuale il ʻnemicoʼ non è facilmente individuabile, come ai tempi della guerra fredda, ma si mimetizza tra la popolazione civile o in luoghi inaccessibili, basti pensare al terrorismo di matrice islamica ed agli attacchi terroristici degli ultimi ventʼanni. Il mondo post caduta del Muro non è il luogo pacifico che si immaginava di poter costruire: secondo una stima del Peace Report, attualmente ci sono in corso più di 31 conflitti a livello globale che, secondo i dati ufficiali forniti dalle Nazioni Unite, producono il 90% delle vittime tra i civili, bambini e donne inclusi, mentre fino alla Seconda Guerra mondiale lʼ80% delle vittime erano militari. Quando si ignora il passato, la Storia tende a ripetersi. Lʼunico modo a disposizione dellʼUnione Europea di allontanare da sé lo spettro del comunismo e dei nascenti nazionalismi, è quello di ricompattarsi attorno agli ideali di pace ed unità propri della ʻrivoluzione del 1989ʼ.


Appendice 1

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KeystoneÈ il 1961. Si inizia a costruire

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KeystonerÈ il 17 agosto del 1962. Peter Fechter ha solo 18 anni. tenta di fuggire da Berlino est verso Berlino Ovest. Viene fucilato dalle guardie. Il suo corpo resta sull’asfalto per 50 minuti. prima di essere portato in ospedale dove morirà dopo pochi minuti.

Keystone1965 il muro diventa ancora più grande e più invalicabile

KeystoneIl presidente degli Stati Uniti, John Fitzgerald Kennedy, in piedi su una tribuna, si rivolge a una grande folla nella piazza principale di fronte al municipio di Schoeneberg, allora situata a Berlino Ovest

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KeystoneAlcuni giovani rifugiati dell'Est felici di entrare in treno nella Germania Ovest I rifugiati avevano trascorso settimane nell'ambasciata della Germania occidentale a Praga.

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KeystoneUn uomo acconciato come Adolf Hitler, partecipa a una manifestazione neonazista in un cimitero di guerra nel villaggio della Germania orientale di Halbe, a sud di Berlino.

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Appendice 2

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