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Google - Huawei: è l'inizio di una Guerra fredda

Lo scenario di una guerra economica ha preso consistenza solo questa settimana. Siamo a un braccio di ferro tra Stati Uniti e Cina per la leadership mondiale. Tutta colpa di un telefonino
Lo scenario di una guerra economica ha preso consistenza solo questa settimana. Siamo a un braccio di ferro tra Stati Uniti e Cina per la leadership mondiale. Tutta colpa di un telefonino

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Forse non tutti se ne sono ancora resi conto, vista la mancanza di dichiarazioni di guerra o invasioni di eserciti, ma tra gli Stati Uniti e la Cina è ormai, da tempo, in corso una nuova guerra fredda che si combatte a colpi di dazi e limitazioni ai reciproci scambi commerciali. In ballo vi è la conquista della supremazia globale di uno dei due Paesi, non solo a livello politico ed economico, ma anche tecnologico. Quella che è stata ormai battezzata come la ʻguerra fredda tecnologicaʼ prende le mosse dallʼambizione della Repubblica popolare cinese di raggiungere, entro il 2025, il primato nel campo dellʼintelligenza artificiale, della robotica e dellʼhi-tech e dalla ferma volontà degli Stati Uniti di impedire il realizzarsi di questo ambizioso progetto.

Lʼultima mossa del presidente Donald Trump per frenare lʼascesa economica della Cina risale a mercoledì 15 maggio, giorno in cui ha firmato lʼordine esecutivo che attribuisce al Dipartimento del Commercio il potere di impedire alle aziende statunitensi di acquistare apparecchiature per le telecomunicazioni prodotte da chi è ritenuto costituire una minaccia per la sicurezza nazionale.

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Capitolo 1

Perché Huawei fa paura?


Lʼordine esecutivo in questione, di fatto, si compone di un testo neutro, nel senso che non viene citato esplicitamente alcun paese o azienda specifica, ma il fatto che, quasi in contemporanea, la società Huawei, e altre 70 società ad essa affiliate, sia stata inserita nella cosiddetta ʻEntityListʼ, la lista nera delle aziende non gradite al governo degli Stati Uniti, non lascia spazio a dubbi: lʼordine esecutivo mira a colpire ed affondare il colosso cinese della tecnologia. Huawei, infatti, non solo è il secondo produttore al mondo di telefoni cellulari, dopo la coreana Samsung, ma è anche attiva in numerosi settori riguardanti la produzione di ripetitori, cavi sottomarini e altre strumentazioni per le telecomunicazioni. Nata nel 1987 proprio per colmare il divario tecnologico della Cina rispetto ai Paesi occidentali, nellʼarco di un ventennio si è affermata come leader del settore tanto da essere, attualmente, unica tenutaria della tecnologia 5G che, in un prossimo futuro, rivoluzionerà le reti di telecomunicazione di tutto il mondo.

Se è vero che, da diversi mesi, il colosso cinese fa i conti con lʼostilità di Washington, tanto da avere già interrotto la vendita dei propri smartphone negli Stati Uniti, qualche dubbio nei suoi confronti era già stato sollevato dallʼamministrazione di George W.Bush, anche se fu durante la presidenza di Barack Obama, nel 2014, che Huawei venne tagliata fuori dagli appalti pubblici.

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"La Grande America" di Trump - Con lʼarrivo di Donald Trump, però, i toni dello scontro si sono fatti sempre più duri ed accesi: la campagna elettorale di Trump si è, infatti, basata sul moto ʻmake America great againʼ e, fin da subito, il Presidente neo eletto ha spinto le imprese americane a produrre i propri prodotti negli Stati Uniti, pena la crescita dei dazi doganali. Allʼinizio dello scorso  anno, mentre inizia a farsi strada concretamente la politica dellʼaumento delle tariffe allʼimportazione, la Commissione federale per le comunicazioni vota favorevolmente per proibire lʼassegnazione di fondi federali a società ritenute essere una minaccia per la sicurezza nazionale, citando esplicitamente tra esse Zte e Huawei. 

KeystoneRen Zhengfei, ingegnere dellʼEsercito Popolare di Liberazione. In passato ha preso parte al XII Congresso del Nazionale Partito Comunista cinese

E se da una parte il problema è lʼaffermazione di questʼultima quale leader mondiale del 5G, dallʼaltro non depone a favore della società il passato del suo fondatore Ren Zhengfei, ingegnere dellʼEsercito Popolare di Liberazione e partecipante, nel 1982, al XII Congresso del Nazionale Partito Comunista cinese. Due elementi che sono bastati per far assurgere Huawei al rango di nemico giurato degli Stati Uniti. Dopo lʼestate 2018, gli Stati Uniti fanno pressione ai propri alleati, Canada, Australia e Paesi europei, affinché seguano il proprio esempio mettendo al bando la società cinese ma la risposta data non è compatta, vista anche la difficoltà di sradicare lʼutilizzo, già molto diffuso, di Huawei in Europa.


Capitolo 2

Un arresto eclatante


KeystoneIl capo dell'ufficio finanziario di Huawei, Meng Wanzhou. Nella foto il giorno in cui fu scarcerata

A dicembre 2018 la tensione tra i due Paesi arriva ai massimi livelli a seguito dellʼarresto in Canada, su richiesta degli Stati Uniti, di Meng Wanzhou, responsabile  finanziario di Huawei nonché figlia del fondatore, rea di aver violato lʼembargo verso lʼIran. 
La Cina ne chiede il rilascio immediato mentre il governo degli Stati Uniti insiste per lʼestradizione. Wanzhou viene rilasciata, su cauzione, lʼ11 dicembre 2018 con il divieto di lasciare il Paese ed in tale occasione, dopo anni di silenzio, Ren Zhengfei torna a parlare con la stampa estera difendendo lʼoperato della propria società che “può reggere, nonostante le difficoltà, anche senza il mercato americano”.

KeystoneIl cinese Ken Hu, vicepresidente e presidente a rotazione, Huawei Technologies

Una guerra a suon di invenzioni tecnologiche - Il 21 febbraio Donald Trump tramite Twitter, torna a sollecitare le società statunitensi leader nel settore tecnologico a sviluppare quanto prima il sistema 5G e 6G, ma 4 giorni dopo Huawei torna a rubare la scena presentando il ʻMate Xʼ, il primo cellulare pieghevole compatibile con le nuove tecnologie. Ormai, tra Stati Uniti e Cina, è scontro aperto in un crescendo di tensioni che sfocia nella firma di Trump, il 15 maggio di questʼanno, dellʼordine esecutivo che riguarda “la sicurezza delle infrastrutture di comunicazione americane” e che implica che aziende ritenute un pericolo per la cybersecurity non possano comprare tecnologie made in Usa senza un autorizzazione governativa speciale, né possono vendere le proprie attrezzature agli operatori di telecomunicazioni americani. Il tutto accadeva mentre il capo di Huawei, Ken Hu, cenava tranquillamente allʼEliseo in compagnia di altri dirigenti del settore tecnologico su invito di Emmanuel Macron. Come spiegato dal portavoce della Casa Bianca, il presidente Trump ha fondato la legittimità dellʼordine esecutivo su di una specifica legge, ʻlʼInternational Emercency Economic Powers Actʼ, che dà al Presidente lʼautorità per regolare le attività commerciali in caso di una emergenza legata alla sicurezza nazionale.

Divieto USA per Huawei - A poche ore dalla firma di Trump, il Dipartimento del Commercio ha annunciato di aver inserito Huawei, ed altre società affiliate, nella lista nera che vieta al colosso cinese della tecnologia di comprare componenti da fornitori degli Stati Uniti senza lʼautorizzazione di Washington. Il segretario al Commercio Wilbur Ross ha dichiarato che “la decisione del Presidente eviterà che la tecnologia americana sia usata da entità di proprietà straniera in modi che potenzialmente minacciano la sicurezza degli Stati Uniti o interessi di politica estera” mentre i rappresentanti del Congresso, in maniera meno edulcorata, hanno affermato che “Il principale prodotto di esportazione della Cina è lo spionaggio e la distinzione tra il Partito Comunista cinese e le aziende private come Huawei è pura fantasia”.


Capitolo 3

La prima batosta per Huawei


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La paura dello spionaggio - La convinzione degli Stati Uniti è quindi quella che la Cina, attraverso i suoi prodotti e le sue aziende, faccia dello spionaggio per conto del regime comunista, con il pericolo che il Partito si serva delle reti su cui passano dei dati sensibili per strumentalizzarli a proprio favore. Per Huawei la prima conseguenza dellʼordine esecutivo firmato da Trump è stata la sospensione, da parte di Google, degli accordi di fornitura di software e servizi: di fatto il  colosso cinese ha perso la licenza di utilizzare il sistema operativo Android, di proprietà di Google, nella sua versione più completa. Per spiegare meglio: il codice sorgente di Android è aperto a tutti, open source, e viene sviluppato da Google che lo mette a disposizione di chiunque se ne voglia servire. Questa versione base del sistema operativo però è privo di tutti quei prodotti che lo caratterizzano, quali Google Maps e Gmail, e tutte le altre applicazioni che Google concede dietro pagamento di licenze ai soggetti produttori. La perdita di tale licenza non implica che Huawei non possa più utilizzare Android ma che il suo utilizzo sarà limitato alla versione base, quindi senza i prodotti di proprietà di Google che risultano preinstallati e senza la possibilità di procedere agli aggiornamenti del sistema operativo che, in tal modo, risulterà meno sicuro nel suo utilizzo. Huawei ha costruito la sua fortuna con la vendita dei propri smartphone, grazie anche al successo crescente di Android, il sistema operativo più diffuso nel mondo; le due società, infatti, da anni  avevano avviato una proficua collaborazione per fare in modo che Google funzionasse al meglio sugli smartphone e tablet marcati Huawei garantendosi, in questo modo, una capillare pubblicità grazie proprio alla diffusione dei prodotti Huawei. Google non è stata lʼunica società costretta a sospendere i propri rapporti con Huawei ma è stata, a breve giro di ruota, seguita da Intel, Qualcomm, Xilinx e Broadcom che hanno, in questi giorni,  comunicato ai propri dipendenti di aver congelato i propri rapporti con il colosso tecnologico cinese. La situazione che va a profilarsi non è per niente rosea per Huawei. Quest'ultima si è subito affrettata a dichiarare di essere da tempo preparata a questo genere di emergenza e di essere in possesso di scorte sufficienti di componenti per andare avanti, per alcuni mesi, nella produzione dei suoi prodotti tecnologici.


Capitolo 4

È panico mondiale


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Il triangolo Android, Google e Huawei - La notizia della frattura tra Google e Huawei ha avuto unʼeco mondiale, gettando nel panico i produttori e i proprietari di tablet e smartphone Huawei con sistema operativo Android. I problemi del corretto funzionamento delle apparecchiature non sono legati ai prodotti già venduti ma a quelli che lʼazienda venderà in futuro: la sospensione della licenza da parte di Google implica, infatti, che sulle nuove apparecchiature non possa essere installata la versione di Android con i servizi Google. Per il mercato cinese, questo aspetto non costituisce un grosso problema perché in Cina Google è sostanzialmente assente e gli utenti si servono di unʼunica applicazione, We Chat, che di fatto opera come un sistema operativo alternativo ad Android. Attualmente, lʼunica possibilità per Huawei è di utilizzare, per i prodotti ancora da immettere nel mercato, la versione base di Android che però risulta poco appetibile perché totalmente priva di quelle applicazioni che invece sono di maggiore interesse per i consumatori,  quali il servizio mail di Gmail, Youtube, Google Maps o le altre applicazioni prodotte da Google. Per quanto riguarda invece gli smartphone e i laptop già in circolazione vi è il rischio che gli stessi diventino obsoleti per la mancata possibilità di vedersi sbloccati gli aggiornamenti al sistema operativo Android,  diventando, in questo modo, facile preda degli attacchi informatici da parte di hacker esperti.

KeystoneL'ufficio di Google a Pechino

Una soluzione per Huawei - Lʼunica soluzione per Huawei sarebbe quella di dotarsi di un sistema operativo totalmente alternativo ma, fino ad ora, i tentativi fatti dalle aziende che vi hanno provato in precedenza sono stati assolutamente fallimentari, basti pensare a Blackberry Os o Windows Phone. Le cose non sono andate meglio a chi ha provato a lavorare alla versione base e gratuita di Android come Amazon, i cui tablet sono economici ma privi di successo. Il 23 maggio  si apprende che Huawei sta portando avanti una serie di trattative per avviare una collaborazione con Aptoide, uno store online di applicazioni portoghese.

Lo spiraglio portoghese - Nel caso in cui la scissione con Google dovesse diventare cosa  certa, lʼazienda cinese sta meditando un piano B che potrebbe prevedere la sostituzione, nei propri tablet e smartphone, delle applicazioni di Google con quelle di Aptoide, creando uno store apposito che vada a sostituire il Google Play Store attuale. Lʼazienda portoghese si dice pronta ad affrontare la sfida, disponendo già di oltre 900 applicazioni compatibili con Android che vengono utilizzati da altri produttori giapponesi quali Oppo. Lʼidea sarebbe quindi di utilizzare la versione base di Android e sostituire in toto le applicazioni di Google con quelle dellʼazienda portoghese.


Capitolo 5

Un vero e proprio disastro economico


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Per ora, siamo ancora nellʼambito delle ipotesi: lʼunica realtà certa è che, in assenza di una valida alternativa ad Android, Huawei rischia di andare incontro ad un vero e proprio disastro economico se le condizioni di mercato non dovessero cambiare. La messa al bando dellʼazienda cinese, però, non danneggia solo questʼultima ma anche le numerose società statunitensi che non possono più intrattenere rapporti commerciali e vendere i propri componenti in Cina, prima fra tutte la stessa Google che, come visto, ha beneficiato, in questi anni, della collaborazione con Huawei in termini di ritorno economico e di immagine. Al fine di difendere i propri interessi economici, non è difficile pensare che la Cina possa adottare una serie di contromisure allʼordine esecutivo di Trump quale quello di impedire ad Apple, una delle aziende più ricche del mondo, di proseguire la produzione dei smartphone nelle fabbriche cinesi, con gravi conseguenze per lʼazienda americana. 

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Licenza temporanea - Il fatto che la propria decisione possa comportare gravi danni allʼeconomia statunitense deve aver fatto riflettere anche il presidente Trump che, da anni, ha abituato il mondo al  suo agire dʼistinto per poi riflettere, solo successivamente, alle conseguenze delle proprie decisioni. Qualche giorno dopo lʼannuncio della sospensione della licenza da parte di Google, e le altre aziende produttrici di componenti tecnologici, il dipartimento del Commercio degli Stati Uniti ha annunciato di aver emesso una sorta di ʻlicenza temporaneaʼ che consentirà a Huawei di continuare ad acquistare prodotti e servizi americani ed inviare aggiornamenti e fornire assistenza ai possessori dei suoi smartphone. La licenza dovrebbe scadere il prossimo 19 agosto, ma il Dipartimento del Commercio potrebbe decidere di estendere la proroga per un periodo ulteriore. Secondo quanto detto dal segretario al commercio Wilbur Ross, la licenza temporanea “concede agli operatori il tempo di fare altri accordi e lo spazio al Dipartimento per il Commercio per determinare le misure appropriate a lungo termine per gli americani e i fornitori di telecomunicazioni stranieri che attualmente si affidano alle apparecchiature Huawei per servizi critici”.

KeystoneIl presidente Donald Trump parla ai giornalisti durante un incontro con il vice premier cinese Liu He nell'ufficio ovale della Casa Bianca a Washington

Obiettivo: piegare il governo cinese - La firma dellʼordine esecutivo prima, e la concessione della licenza temporanea poi, unitamente alla politica dei dazi, hanno il comune scopo, nellʼottica di Donald Trump, di riuscire a piegare il governo cinese a cedere su alcuni punti riguardanti i rapporti commerciali tra i due Paesi, ponendo gli Stati Uniti in una posizione di supremazia rispetto allʼantagonista orientale.

Le critiche degli esperti - Gli esperti però si sono già dichiarati contrari a questo modo di agire, giudicando la tattica usata dal presidente Trump molto pericolosa per i gravi danni allʼeconomia americana che potrebbe comportare.

Le reazioni dell'Europa - Al fine, poi, di rendere la Cina commercialmente più vulnerabile, Washington continua a far pressione ai propri alleati affinché seguano il suo esempio di mettere al bando i prodotti del colosso cinese ma, fino ad ora, i Paesi europei si sono rifiutati di seguire Trump in questo progetto. Parigi,  Londra e Berlino hanno infatti consentito a Huawei di partecipare alle gare dʼappalto per il 5G, pur essendosi premunite di mettere in sicurezza le proprie  reti di connessione ad internet.

Frattura tra USA e Londra - La frattura tra gli Stati Uniti e il governo di Londra è particolarmente eclatante considerato il fatto che il Regno Unito fa parte dei ʻFive Eyesʼ, cioè i partner privilegiati dei servizi di informazione statunitensi di cui, per esempio, non fa parte la Francia. La defezione britannica e la volontà dei Paesi europei di non seguire gli Stati Uniti nella decisione di condurre una ʻguerra fredda tecnologicaʼ nei confronti della Cina, dimostra anche il fatto che Trump non sia riuscito a convincere i propri alleati dellʼesistenza di un reale pericolo di spionaggio cinese attraverso i componenti prodotti da Huawei.

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La giapponese Panasonic sta con l'America - Sostegno allʼiniziativa americana giunge, invece, dalla giapponese Panasonic che ha annunciato di aver sospeso le spedizioni di alcuni componenti alla Huawei nel rispetto dellʼordine esecutivo firmato da Trump. La Panasonic, che produce unʼampia gamma di dispositivi per smartphone, automobili e apparecchiature industriali, ha affermato, in una nota del 22 maggio, che il bando si applicherà alle merci che hanno almeno il 25% di tecnologie o materiali made in Usa.
Appare evidente che braccio di ferro tra gli Stati Uniti e la Cina mina alla base i principi di globalizzazione cui sembrava tendere lʼeconomia mondiale, nella volontà dei due contendenti di creare sistemi economici più chiusi ed incentrati ad un marcato protezionismo. Tutto ciò non può che condurre ad una divisione del mondo in blocchi contrapposti e ad una conseguente e pericolosa instabilità politica ed economica i cui effetti si faranno sentire a livello mondiale.


Appendice 1

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KeystoneRen Zhengfei, ingegnere dellʼEsercito Popolare di Liberazione. In passato ha preso parte al XII Congresso del Nazionale Partito Comunista cinese

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