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TICINOPubblicità a sfondo sessuale, l'esperto: "Un urlo che attira gli sguardi"

29.03.10 - 11:03
Il Prof. Ivan Snehota, direttore dell'istituto di marketing e comunicazione aziendale alla facoltà di Scienze della comunicazione a Lugano, ci svela le dinamiche non sempre efficaci che si nascondono dietro al sesso nelle pubblicità
TicinOnline M.Meleleo
Pubblicità a sfondo sessuale, l'esperto: "Un urlo che attira gli sguardi"
Il Prof. Ivan Snehota, direttore dell'istituto di marketing e comunicazione aziendale alla facoltà di Scienze della comunicazione a Lugano, ci svela le dinamiche non sempre efficaci che si nascondono dietro al sesso nelle pubblicità

LUGANO – Uomini e donne a torso nudo, ragazze vestite in abiti succinti e in pose ammiccanti, donne che trasformano un hamburger, o pomeriggio di shopping, in stimoli sessuali. Questi sono alcuni dei messaggi veicolati dalle pubblicità affisse nelle strade ticinesi. Tra questi messaggi il sesso sembra farla da padrone e la domanda che ci siamo posti è la seguente: il sesso è realmente il miglior veicolo pubblicitario? “No”, la risposta secca e decisa del professor Ivan Snehota, direttore dell’istituto di marketing e comunicazione aziendale alla facoltà di Scienze della comunicazione a Lugano. “Il sesso, lo dimostrano una serie di ricerche, può creare attenzione nel pubblico. Un’attenzione che può però essere positiva o negativa”.

In che senso?
“Ci sono diverse ricerche che mettono in evidenza sia gli effetti positivi, sia quelli negativi. Negativi in particolare tra il pubblico femminile che può arrivare ad avere comportamenti controproducenti nei confronti dei prodotti associati a pubblicità con caratteri esplicitamente sessuali. Gli effetti positivi sono invece molto deboli e, in pratica, non aiutano ad aumentare la voglia di acquistare il prodotto pubblicizzato”.

C’è un parallelismo tra l’utilizzo del sesso e quello di immagini di forte impatto presenti in altre pubblicità?
“Sì, e è dimostrato da molte ricerche. Usare immagini a sfondo sessuale serve ad attirare l’attenzione. Sono come un urlo che attira gli sguardi. È però provato che si tratta di un grido sempre meno forte”.

Esiste quindi il rischio di un’assuefazione da parte del pubblico che potrebbe spingere i pubblicitari a ricorrere ad immagini sempre più forti?
“Sì. È un problema che colpisce tutto il mondo legato alla comunicazione e non solo alla pubblicità. La densità della comunicazione pubblicitaria è aumentata notevolmente nel corso degli anni, diventa quindi sempre più difficile farsi notare e per farlo bisogna alzare i toni. Quelle che un tempo ci sembravano immagini forti, anche in ambito sessuale, oggi non lo sono più. Il pubblico si è assuefatto rendendo necessario alzare continuamente il livello”.

Non vi sono alternative a questo circolo vizioso?
“Sono un po’ avanti con gli anni e quindi sono nella posizione di poter deplorare questa evoluzione. Purtroppo però non vedo la possibilità di abbassare la voce all’interno di un colloquio tra le parti portato sempre al massimo del volume. Se pensa alle tribune politiche italiane si renderà conto che non è possibile parlare a bassa voce”.

Forse però proprio questo atteggiamento potrebbe sortire un effetto insperato.
“Sarebbe certamente un contrasto rispetto al resto del panorama. Ogni genere di segnale è un contrasto rispetto all’ambiente circostante, siamo però ancora in una fase nella quale si ritiene che alzare il volume sia la soluzione più efficace. Nel nostro panorama una luce che aumenta di intensità è ancora più efficace di un segnale che si spegne. Per quanto concerne le pubblicità a sfondo sessuale siamo certamente andati molto avanti rispetto agli standard di alcuni anni fa, ma evidentemente si è convinti che ci sia ancora un margine per aumentare il volume del segnale”.

Lei come valuta le pubblicità presenti in Ticino? Le sembrano eccessive?
“No, ho l’impressione che rispecchiano gli standard generali. Il format pubblicitario è molto internazionale, le immagini pubblicitarie sono più o meno simili ovunque. Parlando delle pubblicità a sfondo sessuale ho l’impressione che esista anche una posizione istituzionale. Conosco bene l’esempio della Svezia, dove i movimenti femministi hanno protestato energicamente riuscendo a far diminuire notevolmente, e in alcuni casi anche ad eliminare, le pubblicità di carattere sessuale dalle catene. Ricordo il caso della H&M che ha subito molte critiche ed è stata oggetto di un dibattito. In quei casi i marchi che abusano di messaggi sessuali acquisiscono un effetto negativo sugli atteggiamenti della popolazione”.

In Francia ha recentemente fatto scalpore una pubblicità con l’immagine di una donna nuda dentro un carrello del supermercato usata per la promozione dei concerti della cantante francese Damien Saez. Un manifesto definito "degradante per l'immagine della donna" e che è stato in seguito ritirato. Viaggiare sul confine tra sessualità e mercificazione del corpo nella pubblicità rischia quindi d’essere controproducente?
“Credo che siano due cose abbastanza separate. La domanda che si pone chi fa marketing è: ‘come faccio a farmi notare’? Il pubblicitario deve essere deviante rispetto al contesto generale, questo indica la forza del segnale pubblicitario. Il sesso è certamente uno strumento per attirare l’attenzione, ma è sempre meno deviante perché sempre più presente ovunque. Questo porta ad eccessi come, appunto, mettersi nudi nel carrello della spesa. A questo punto però ci si dovrebbe domandare se un segnale di questa entità è conveniente o se non rischia d’essere controproducente. Il sesso si è rivelato non essere sempre molto funzionale nel tentativo di attirare clienti. Le ricerche rivelano che lo è maggiormente, anche se solo in modo leggero, nella popolazione maschile”.

Ciò vuol dire che i manifesti pubblicitari con immagini esplicitamente sessuali non catturano il pubblico?
“Non bisogna confondere ciò che è lo spirito voyeuristico dell’essere umano dall’efficacia della pubblicità. Se guardo il manifesto della donna nuda nel carrello della spesa non significa che andrò a comperare il disco o il biglietto del concerto”.

Alcuni messaggi pubblicitari oltre a pubblicizzare un prodotto forniscono spunti di riflessioni alla popolazione. È giusto pretendere dalla pubblicità che sia anche “sociale” o non è un suo compito?
“Credo che più che pretenderlo sia un dato di fatto. Come tutta la comunicazione di massa anche la pubblicità ha questo effetto ‘sociale’. È ancora più evidente se si estende il discorso al social marketing, ossia le pubblicità che mirano a modificare le abitudini del pubblico, per esempio quelle contro il fumo, contro l’abuso di alcool, per la salvaguardia dell’ambiente, e via dicendo. Credo che si tende a sopravalutare l’effetto delle pubblicità, anche perché la singola persona valuta in modo differente ogni messaggio. I messaggi che riteniamo sgradevoli sono tali perché in sostanza non sono diretti a noi. I mezzi tradizionali di mass media, così come le pubblicità, sparano per necessità nel mucchio e quindi il messaggio non può ovviamente adattarsi a tutti. Sono pochi i messaggi destinati a tutti. Per fortuna ognuno di noi ha un’attenzione e una ritenzione dei messaggi molto selettiva e se il messaggio non ci irrita molto lo rimuoviamo”.

 


Foto apertura: TicinOnline M.Meleleo

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