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TICINOIn tempi di crisi si preferisce il frontaliere

25.11.09 - 12:51
In un anno persi in Ticino mille posti di lavoro, ma aumentano ancora i frontalieri assunti. Montorfani: "E' il libero mercato. Lo Stato non ha più niente da dire". Bertoli: "Imprese, ricordatevi della vostra responsabilità sociale"
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In tempi di crisi si preferisce il frontaliere
In un anno persi in Ticino mille posti di lavoro, ma aumentano ancora i frontalieri assunti. Montorfani: "E' il libero mercato. Lo Stato non ha più niente da dire". Bertoli: "Imprese, ricordatevi della vostra responsabilità sociale"

BELLINZONA - La crisi non ferma l'afflusso di lavoratori frontalieri in Ticino. Dai dati diffusi ieri dall'Ufficio federale di statistica riguardanti il terzo trimestre del 2008 la situazione sul mercato del lavoro cantonale presentava un totale di 174.000 addetti, di cui 43.700 frontalieri.

Alla fine del terzo trimestre 2009 il totale degli addetti in Ticino era sceso a 173.000 unità (-0,8%) di cui 44.400 erano frontalieri (+1,3). Come si legge sul Corriere del Ticino, questo significa che la crisi dell'economia che ha toccato anche il Ticino ha colpito in particolare i residenti, mentre i frontalieri sono aumentati.

Una tendenza con la quale convivere anche in futuro? Sergio Montorfani, direttore dell'Ufficio cantonale del lavoro, analizza la situazione, partendo dal 2004, anno in cui è entrata in vigore la libera circolazione delle persone in Svizzera: "A partire dal 2004 abbiamo constatato che l'evoluzione del numero dei frontalieri è indipendente dalla congiuntura economica e quindi dall'evoluzione della disoccupazione. Se in passato, fino agli anni '90 c'era un rapporto speculare, per cui quando aumentava la disoccupazione il numero di frontalieri diminuiva (esisteva il filtro dei permessi di lavoro che venivano rilasciati dallo Stato, Stato che teneva conto anche della situazione del mercato del lavoro e dall'aumento della disoccupazione) ora questo filtro non esiste più. Caduto questo filtro la scelta di assumere o meno frontalieri è in mano esclusivamente ai datori di lavoro, i quali seguono le loro esigenze aziendali".

La scelta dei datori di lavoro di assumere lavoratori frontalieri anziché residenti è una tendenza di cui si sta accorgendo, forse, anche il Consiglio federale. Ieri il Consigliere federale Micheline Calmy-Rey, in una trasmissione televisiva della tv romanda, ha affermato che "da un lato occorre dare la preferenza alle persone che vivono nella Confederazione (stranieri residenti nel Paese e cittadini svizzeri piuttosto che stranieri al beneficio della libera circolazione) e dall'altro rafforzare le misure contro il dumping sociale".

Parole condivise pienamente da Manuele Bertoli, presidente del Partito Socialista ticinese che, osservando la situazione del mercato del lavoro ticinese, ha affermato: "La responsabilità di assunzione è delle imprese. Imprese che hanno il dovere di tenere conto del territorio che li ospita e dal quale ricevono tutti i benefici. Questa situazione è dovuta dal fatto che, purtroppo, sono le stesse aziende che non vogliono i contratti collettivi e le misure di accompagnamento perché vogliono sfruttare questo differenziale tra la manodopera interna e quella estera sul gap salariale. Il problema che segnala Calmy-Rey è corretto, ma chi ha in mano le soluzioni per risolverlo sono le imprese".

Un richiamo di Bertoli alle imprese che ricorda la loro responsabilità sociale: "Ma non basta. Ci vogliono misure normative vincolanti in cui venga previsto che le aziende responsabili vengano premiate, mentre le altre vengano penalizzate". Purtroppo tutto quello che riguarda il lavoro è materia federale e in Ticino non è possibile portare questo problema in Gran Consiglio. A livello federale abbiamo fatto una serie di proposte a partire dal salario minimo. Senza dimenticare misure di accompagnamento sui lavoratori distaccati". 

p.d'a.

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