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GERMANIA20 anni fa cadeva il muro: "Un giorno triste"

09.11.09 - 09:23
Ingrid, nata e cresciuta nella DDR, ai tempi della caduta del muro aveva 28 anni: "Abbiamo svenduto il nostro paese e i nostri valori per due banane. Basta con la retorica della libertà"
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20 anni fa cadeva il muro: "Un giorno triste"
Ingrid, nata e cresciuta nella DDR, ai tempi della caduta del muro aveva 28 anni: "Abbiamo svenduto il nostro paese e i nostri valori per due banane. Basta con la retorica della libertà"

BERLINO - Vent'anni fa cadeva il muro di Berlino. Una ricorrenza che, anche da noi, è ricordata. Forse più che in Germania. In Ticino e in Italia giornali e televisioni hanno dedicato speciali e approfondimenti per un evento considerato di portata storica. Molta la retorica sulla libertà ritrovata. "Una retorica vista soltanto con gli occhi dell'Occidente" ci dice Ingrid, nata e cresciuta nella DDR. Ai tempi della caduta aveva 28 anni. "Sinceramente - ci racconta - quando è caduto il muro non ero tra le più entusiaste. E penso di non essere stata l'unica. Una cosa è vedere le immagini alla tv dei 50mila che attraversavano la frontiera, un'altra è capire come hanno vissuto gli altri cittadini della DDR questo 9 novembre. Io, personalmente, sentivo un vuoto interiore indescrivibile e l'angoscia dell'incognita del futuro."

La libertà è un’illusione - Ingrid, cresciuta a Lipsia, studi di economia alla Humboldt a Berlino Est, segretaria scolastica della FDJ, non vuole essere considerata la solita comunista nostalgica della DDR che ricorda con malinconia la giovinezza persa: "Sono stufa di sentire che noi 'Ossis' (tedeschi dell'est) siamo nostalgici dei tempi di una gioventù perduta. Non è vero. Poi, io, al partito non mi sono mai iscritta. La cosa che mi fa rabbia è sentire parlare di libertà riconquistata". E poi, ispirandosi alla hegeliana "Freiheit ist Einsicht in die Notwendigkeit": "La libertà assoluta non esiste. E' un'illusione. Noi nella DDR avevamo limitazioni riguardanti i permessi di viaggiare in Occidente. Ma mi sentivo libera lo stesso, andavo in vacanza in Ungheria o in Bulgaria, sul Mar Nero. Ma cosa vuol dire essere liberi? Mi sentivo più libera dei tanti disoccupati di Germania. Con i loro soldi contati per mangiare, sono più liberi di muoversi di quello che eravamo noi nella DDR, dove il lavoro era un diritto? In Germania, per essere accettati alla visita medica, bisogna pagare 10 euro. Molti senza lavoro che necessitano di cure, non hanno neppure i 10 euro per potersi permettere una visita. E lei questa, la chiama libertà?"

Mai iscritta al partito - Ingrid ama definirsi uno spirito libero: "Non sono mai stata iscritta al partito. Prima di andare all'università avevo spiegato ai dirigenti locali del partito che non ne ero convinta fino in fondo e che avrei deciso soltanto dopo la fine degli studi. Hanno capito e rispettato la mia decisione. Sinceramente detestavo coloro che si iscrivevano al partito soltanto per fare carriera".

Non manifestate - Ingrid amava il suo stato, la DDR: "A Lipsia, nel 1989, quando c'erano le manifestazioni di piazza contro il governo mi arrabbiavo e urlavo contro i manifestanti, imprecavo loro di fermarsi perché avrebbero portato alla rovina la Repubblica Democratica".

Relazioni pericolose e la Stasi - Una Repubblica che, ormai, nel 1989 viveva il suo ultimo anno di vita. Ingrid lavorava in un ostello della gioventù di Lipsia, frequentato da molti giovani occidentali: "Feci amicizia con molti tedeschi dell'Ovest e olandesi. Ci sentivamo anche per telefono, fino a quando un giorno, un collega mi ha avvertito, di nascosto, di fare attenzione, perché avrei rischiato grosso". La Stasi, infatti, si era accorta dei suoi contatti con gli occidentali: "Dopo la fine della DDR sono venuta a sapere che un giorno era stata nel mio appartamento, un quattro locali (a 75 marchi dell'est mensili) mentre ero al lavoro. Non ho avuto mai conseguenze della loro visita. Avevano capito che, nonostante i miei contatti con l'Ovest, non avrei mai lasciato il mio paese. In fondo, non ne sentivo il bisogno".

Scuola e ideologia - Un paese dove "l'istruzione era di prima categoria, i servizi medici e ospedalieri erano gratuiti e accessibili a tutti". "Siamo cresciuti con principi sani: la solidarietà, la pace, il lavoro. Un giorno alla settimana, durante gli anni del liceo c'era il cosiddetto 'giorno del lavoro'. Erano molto importanti le materie umanistiche. Venivano organizzati concorsi di poesia. Io me la cavavo bene. Ma poi abbandonavo. Quando si arrivava a un certo livello le tematiche poetiche erano soltanto politiche e mi ritiravo, perché non volevo essere costretta a scrivere testi ideologici".

L’aborto - Ingrid non si sottrae ad evidenziare anche i lati negativi di quello, che considera, ancora oggi, il suo stato: "C'era un certo disprezzo di alcuni aspetti etici e morali che non condividevo. Abortire, per esempio, era molto facile. Bastava andare all'ospedale. E sono molte le donne che ho visto soffrire per un intervento che ti lascia un segno indelebile dentro, per tutta la vita".

Svenduta la DDR per due banane - Ingrid abita nell'Ovest, i suoi genitori nell'est. Ingrid fa la cameriera in un locale per 8 euro all'ora. I suoi studi di economia alla Humboldt non sono serviti a nulla e ha poco tempo, oggi, per pensare al muro caduto: "Le condizioni di lavoro nella Germania Federale stanno peggiorando sempre più. Dobbiamo combattere ogni giorno per non perdere il nostro posto di lavoro. Dobbiamo lavorare duro, il doppio rispetto al normale. Lavorare anche per chi, in pratica, il lavoro non ce l'ha. E la cosa mi distrugge, perché ci sentiamo ancora più ricattabili e si vive con l'eterna angoscia di perdere il posto di lavoro. Un'angoscia che nella DDR non esisteva. Eravamo tranquilli, perché il lavoro era un diritto, per tutti, uomini e donne (le donne con figli avevano un giorno al mese di congedo lavorativo da dedicare alla famiglia). E io penso che questo sia un valore fondamentale. La consapevolezza di poter avere la possibilità di migliorarsi, a livello intellettuale e personale, con lo studio e il lavoro. Valori più alti rispetto ai supermercati pieni del superfluo. Il rammarico è di esserci svenduti alla Germania Federale. Di esserci fatti annettere per due banane, quelle banane che noi non trovavamo nei nostri negozi. Abbiamo buttato al macero tutti i nostri valori. Con l'illusione di promesse, finora mai mantenute".

 

Paolo d'Angelo

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