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IL TICINO AI GIOVANI / 7"Appena passo il Gottardo mi sento bene"

04.03.12 - 12:35
A colloquio con l'ingegner Stefano Campana sulle sfide che uno studente ticinese deve affrontare nel resto della Svizzera, sulle infrastrutture del futuro e sul mercato del lavoro
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"Appena passo il Gottardo mi sento bene"
A colloquio con l'ingegner Stefano Campana sulle sfide che uno studente ticinese deve affrontare nel resto della Svizzera, sulle infrastrutture del futuro e sul mercato del lavoro

TREVANO – Spesso ciò che non si vede è fondamentale. Soprattutto nell’edilizia: il lavoro dell’ingegnere è basilare, ma resta talvolta nascosto da elementi più appariscenti, come l’architettura. “In realtà ingegnere e architetto lavorano a strettissimo contatto” ci spiega Stefano Campana, studente d’ingegneria presso il Politecnico federale, dove sta svolgendo il terzo anno del dottorato nel campo del cemento armato, con il professore ticinese Aurelio Muttoni.

Una carriera scolastica inusuale, quella di Stefano: “Ero parecchio indeciso su quello che avrei fatto nel mio futuro, finite le medie, anche se avevo l’idea di imparare subito una professione. Mi sono deciso a frequentare la Scuola d’arti e mestieri a Trevano, nella sezione di Disegno tecnico. Prima pensavo di diventare architetto, poi mi sono rivolto all’ingegneria civile”.  Un cammino, quello affrontato dal giovane ticinese, che dimostra molta determinazione, impegno e grinta. “Avevo in mano un diploma di disegnatore edile e di disegnatore del genio civile quando mi sono iscritto alla SUPSI. Dopo tre anni sono andato a Losanna, e dopo un anno di “passerella” mi sono iscritto al Politecnico”.

Non è stato un passaggio automatico, quello dalla Scuola professionale all’EPFL. “Ho superato gli esami di ammissione, e ho frequentato il terzo anno prima di poter accedere al Master”. L’anno “passerella” è stato necessario per guadagnare le conoscenze necessarie al superamento degli esami di ammissione. “E’ un passo necessario per colmare la differenza sostanziale tra il Politecnico e una scuola SUP, dove le materie scientifiche non vengono per forza approfondite”. Non è un atto d’accusa contro le Scuole universitarie professionali, ma il passo necessario per colmare un gap logico tra due realtà differenti. “Gli svantaggi sono stati meno dei vantaggi. In seguito si può approfittare della qualità degli studi fatti alla SUPSI, molto basati sulla pratica, che sono di grande aiuto quando si frequenta il Master”.  L’inserimento nel mondo professionale può risultare più difficoltoso, aggiunge, solo con un bagaglio di conoscenze teoriche svincolate dalla pratica sul campo. “Alla SUPSI si sviluppano alcuni progetti molto più velocemente, al Politecnico accresce la capacità di risolvere alcuni problemi da soli, senza aiuti esterni”.

Oggi lo studente può seguire un percorso di studio con minore impiego di tempo. “Oggi viene sviluppato un programma personalizzato, in base al curriculum ogni studente, e dopo quattro mesi si possono seguire i corsi di Master, anche se restano sempre quelli di bachelor. E’ tutto più veloce”. Oggi, come ieri, si può addirittura accedere al Politecnico in seguito ad un apprendistato. “Ma non è la cosa più lineare da fare: sarebbe un passo troppo grande” conclude Campana. “Ci vuole uno sforzo abbastanza importante per raggiungere il livello degli altri studenti. Vale la pena fare, dopo l’apprendistato, una scuola SUP e poi continuare negli studi”.
 

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