Molti volti noti ieri sera al Centro Svizzero di Milano. Mario Botta: «Vi è un dare e un avere reciproco tra la Svizzera e Milano»
MILANO - Il vociare delle oltre 200 persone che proviene dal Ristorante la Terrazza al quarto piano del Centro Svizzero di Milano, irrompe nella tranquilla e afosa serata meneghina. Le chiome dei sottostanti alberi dei Giardini Montanelli fanno da involontaria cassa di risonanza alle musiche della Bandella di Arogno che, proprio nel momento in cui passa un gruppetto di tre giovani laureandi, sta intonando “Oh mia Bela Madunina”. Difficile spiegargli che quella che si sta celebrando è la festa nazionale svizzera per di più anticipata dato che sarebbe il primo di agosto ma che gli svizzeri di Milano festeggiano, secondo tradizione, qualche giorno prima. “Celebriamo la nostra festa sempre una decina di giorni prima perché tra fine luglio e i primi d’agosto i Milanesi vanno in vacanza”, commenta Gian Franco Definti presidente della Società Svizzera di Milano che con i suoi più di 600 soci è il circolo svizzero all’estero più grande del mondo. E tra i più grandi all’estero lo è anche il consolato con i suoi oltre 35.000 iscritti, una parte dei quali frequenta attivamente il Centro Svizzero di via Palestro.
Tutto è pronto per i festeggiamenti: la terrazza è stata addobbata con bandiere svizzere e stemmi dei cantoni della Confederazione che danno anche i nomi ai tavoli. Una festa all’insegna della riscoperta del sentimento di appartenenza che per gli Svizzeri di tutto il Nord Italia si rinnova ogni anno. Sono molti coloro che, nati qui da genitori o nonni provenienti dalla Confederazione, non si sono più mossi dall’Italia pur mantenendo tradizioni e passaporto elvetico. Come Mark Bosshard, professore all’Università Cattolica: suo nonno arrivò da Zurigo a cavallo tra le due Guerre mondiali e da allora la sua famiglia ha radici stabili a Milano. Una cena a base di piatti non tipicamente svizzeri (c’è il cous cous di verdure con i bocconcini di manzo come portata principale) e di vini che invece rispecchiano la tradizione enologica elvetica - come l’ottimo Merlot ticinese della riserva del Carmagnola - intervallata dal saluto del console generale Félix Baumann che si è soffermato sulle intense relazioni che intercorrono tra Italia e Svizzera e sul processo di digitalizzazione che il consolato di Milano ha intrapreso. Il momento clou della serata è stato il discorso di Mario Botta, architetto ticinese di fama mondiale e ospite d’onore della serata. “Sono di Mendrisio e ho un rapporto particolare con Milano. E per questo ho accettato molto volentieri l’invito del consolato. Vi è un dare e un avere reciproco tra la Svizzera e Milano, tra una realtà della cultura italiana che ha nutrito per secoli il nostro immaginario e la Svizzera dove la tranquillità sociale e il lavoro permettono più che in altri paesi di vivere appieno questo dono che viene dal Mediterraneo”.
Poi, tutti in piedi per l’inno nazionale registrato in due lingue dal coro delle voci degli alunni della Scuola Svizzera di Milano.