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CANTONEDreamshade: «Ci si vede nella mischia, non mancate!»

09.12.16 - 06:00
Esce oggi "Vibrant", il nuovo album del gruppo luganese. La produzione verrà presentata in dimensione live domani, sabato 10 dicembre, alle 21.30, al Foce di Lugano. In apertura i Final Story
Dreamshade: «Ci si vede nella mischia, non mancate!»
Esce oggi "Vibrant", il nuovo album del gruppo luganese. La produzione verrà presentata in dimensione live domani, sabato 10 dicembre, alle 21.30, al Foce di Lugano. In apertura i Final Story

LUGANO - Un giorno importante, domani, per Kevin Calì (voce), Fernando “Fella” Di Cicco (chitarre), Rocco Ghielmini (chitarre), Gian-Andrea Costa (basso) e Serafino Chiommino (batteria): sul palco del Foce di Lugano, infatti, presenteranno la dozzina di tracce raccolte in “Vibrant”, festeggiando, nel contempo, i dieci anni di attività. Dieci anni durante i quali hanno sviluppato e costruito sonorità ammalianti, modellando e plasmando la matrice melodic death metal. A documentarlo, ancora una volta, questo terzo album. Abbiamo incontrato Kevin e Fella.

Raccontatemi lo sviluppo di “Vibrant”...

Kevin: «Le prime tracce risalgono a due se non tre anni fa. Dopo la pubblicazione del disco precedente, Fella aveva già diverse idee su cui, da subito, abbiamo incominciato a lavorare. Il processo di lavorazione è stato faticoso e stressante, ma nutrito dal desiderio di sperimentare cose nuove, sia con la musica, sia con le voci. Sapevamo che non avremmo scritto un album simile a “The Gift Of Life” (il disco precedente, ndr). Volevamo un’evoluzione.

Fella: «Non ci siamo più posti limiti a livello di generi musicali, rendendoci conto che non ci interessa seguire una linea troppo definita. In questo modo “Vibrant” si è trasformato in un disco “multiforme”».

Perché questo titolo?

Kevin: «Volevamo un titolo semplice, ma che allo stesso tempo avesse un forte impatto. Ci serviva qualcosa che rappresentasse il nostro nuovo sound. Sono convinto che le nuove canzoni diano positività e motivazione. “Vibrant” è un concentrato di intensità che esprime una grande forza emotiva. È qualcosa che vibra, che palpita e che risuona con energia».

Fella: «La parola “Vibrant” è saltata fuori dai commenti dei nostri fan su Internet. Non siamo mai stati bravi a definire la nostra musica, così abbiamo pensato di prendere spunto da chi ci segue. Siamo andati su YouTube e Facebook per vedere come ci definisce il pubblico, scoprendo che l’aggettivo che compare più spesso è proprio “Vibrant”, ossia “pieno di vita”, “vivace”».

Kevin, vuoi analizzare i testi, brano per brano?

“Autumn Leaves”: «Questa è stata la prima canzone a venire alla luce. Stavo vivendo un periodo strano, una relazione complicata e sentivo il bisogno di fare chiarezza. Se le cose non vanno bene è giusto sputare il rospo. Purtroppo, sono situazioni che feriscono, fanno male, ma se i sentimenti verso qualcuno sono cambiati, questa scelta è inevitabile».

“Where My Heart Belongs”: «La canzone parla della distanza, della distanza da casa, per essere più precisi: posso essere dall’altra parte del mondo, ma il mio cuore appartiene sempre al luogo in cui sono nato e cresciuto».

“It’s Over”: «A volte nella vita ci si imbatte in persone che cercano di modellare il nostro carattere a loro piacimento. Vogliono che tu faccia come dicono loro e molte volte riescono a confonderti a tal punto da non farti capire più chi sei. Sta a noi a capire cosa sta succedendo...».

“Don’t Wanna Go”: «Questa canzone è un po’ più “dark” rispetto ai nostri standard e ci ha spinto a toccare alcuni temi che di solito non trattiamo. Il suicidio, al giorno d’oggi, è un argomento molto discusso e noi siamo sempre più scioccati da quanto sia sempre più frequente. La cosa più spaventosa è anche l’elevato numero di ragioni per cui una persona decide di togliersi la vita: depressione, disoccupazione, stress... A volte bisognerebbe solo darsi una possibilità, affrontare la vita con un altro spirito, senza crollare».

“Dreamers Don’t Sleep”: «È un invito a non rinunciare mai ai propri sogni e a smettere di avere paura di ciò che crediamo non si possa realizzare. Un giorno potremmo pentircene. Voglio dire, sognare è ciò che ci rende vivi. Siamo tutti sognatori e ognuno di noi ha le proprie fantasie, le proprie idee e i propri pensieri nel cuore. Si tratta di scelte, grandi o piccole, che possono determinare il nostro futuro».

“The World In My Hands”: «Questa canzone è per tutti coloro che sono stanchi di non avere voce in capitolo, per chi vuole essere ascoltato, per chi vorrebbe dare le proprie idee e opinioni, per coloro che vorrebbero rendere il mondo un posto migliore, ma nessuno li ascolta!».

“Up All Night”: «È dedicata a tutti coloro che continuano a seguire le proprie passioni. A coloro che danno il massimo per arrivare al risultato finale».

“Losing Touch”: «Ho sempre pensato che il divorzio di mia sorella avrebbe causato grandi cambiamenti per la nostra famiglia e, soprattutto, per mia nipote, ma mi sbagliavo. In questa canzone ho voluto mettermi nei suoi panni e nei panni del suo ex marito. Sono i protagonisti di questa storia in cui spiegano alla bambina ciò che sta accadendo. Cercano di farle capire che queste cose possono accadere, ma anche che l’amore provato nei suoi confronti non potrà mai svanire... Queste situazioni sono sempre un nuovo punto di partenza e non devono necessariamente essere vissute come una cosa negativa. Anche se può fare male, a volte bisogna accettare solo la realtà. Guardo ora mia sorella e vedo una donna rinata, più forte di prima».

“Another Me, Another You”: «Da qualche tempo un grande amico della band ha ricevuto una notizia che nessuno vorrebbe mai ricevere: la sua ragazza lo tradiva con uno dei suoi migliori amici.

“Oceantides”: «Per me è una canzone molto speciale. Mi sono svegliato una mattina e ho trovato una lettera di mio fratello maggiore, che da qualche tempo vive nei Caraibi. Mi raccontava della nostra infanzia e del tempo che abbiamo trascorso insieme. È stato un momento molto toccante. L’amore per un fratello è un legame fortissimo: per me lui è sempre stato un modello e un eroe. Ma la sua partenza, dovuta al lavoro e abbastanza improvvisa, non mi ha dato la possibilità di confessargli i miei sentimenti».

“Sleep Alone”: «Rompere con il proprio partner non è mai facile, ma è anche vero che se le cose non vanno è inutile forzare la cosa».

“Father”: «Il rapporto tra padre e figlio è un legame molto speciale e, a volte, è difficile esprimere i propri sentimenti, così come trovare il coraggio e le giuste parole per trasmettere l’amore che sentiamo dentro. Con questa canzone ci siamo riusciti».

Raccontatemi il processo di lavorazione…

Fella: «Ogni canzone ha avuto il suo momento di stesura. Forse è anche per questo che il processo è stato abbastanza lento. Ci piace lavorare sulle sonorità, sugli arrangiamenti e sui testi in una maniera quasi maniacale».

E le registrazioni, dove si sono svolte?

Kevin: «“Vibrant” è una produzione “selfmade”. Tutti gli strumenti e le voci sono stati registrati a casa e nel nostro studio. È stato un processo lungo e stancante. Volevamo il massimo da ogni brano».

Quali le maggiori influenze musicali, questa volta?

Kevin: «Abbiamo davvero ascoltato di tutto, dal rock al pop, dall’hip hop al reggae, all’electro. Amiamo la musica a 360 gradi e credo che sia importantissimo avere una visione ampia per avere costantemente nuove idee e proporre sempre musica interessante».

A chi è stata affidata la produzione?

Kevin: «A Daniel Bergstrand (In Flames, Dimmu Borgir, Meshuggah). Il suo modo di vedere la musica ha fatto sì che “Vibrant” prendesse forma e personalità in un modo che non ci saremmo mai aspettati. Infatti, rispetto a “The Gift Of Life”, il suono è molto più organico e molto più “rock”. Non potevamo chiedere di meglio. Daniel è stato davvero grande, adoro il suo modo di lavorare, la sua visione della musica: è riuscito a tirare fuori il meglio da ogni canzone».

Il disco viene pubblicato attraverso la label americana Artery Recordings... Raccontatemi dell’ingaggio...

Fella: «È molto complicato trovare delle etichette capaci di impegnarsi economicamente ed emotivamente in un progetto. Al giorno d’oggi, nella maggior parte dei casi, come artista sei solo un numero che produce altri numeri: e a noi questo non è mai piaciuto. Volevamo gente in grado di capirci: in Artery abbiamo trovato proprio questo…».

In questi giorni è stato pubblicato un documentario sul “making of” dell’album, giusto? Volete parlarmene?

Kevin: «Le riprese sono state effettuate durante le sessioni di registrazione e nel corso del mixing e del mastering in Svezia. È un po’ come lasciare la porta aperta e permettere a chiunque di entrare nel nostro mondo. Il documentario - diretto da Andrea Todaro - consente di vedere ciò che sta dietro dietro a un progetto del genere, con tutti gli sforzi e i sacrifici che bisogna affrontare per portare avanti un sogno».

Domani presenterete il disco in dimensione live tra le mura dello Studio Foce di Lugano… Cosa volete anticipare?

Kevin: «Invito tutti a non perdere questo show! Uno show che sarà ricco di sorprese, ovviamente! Ci si vede nella mischia! Non mancate!».

 

 

 

 

 

 

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