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CANTONEContrordine: lo smartphone favorisce la concentrazione. La parola agli studenti ticinesi

24.10.14 - 07:29
L’indagine di due teenager americane dimostra che studiare con il telefonino accanto può migliorare le prestazioni
Contrordine: lo smartphone favorisce la concentrazione. La parola agli studenti ticinesi
L’indagine di due teenager americane dimostra che studiare con il telefonino accanto può migliorare le prestazioni

SAN DIEGO - Cinque anni fa, era stata l’Università di Stanford a lanciare l’allarme: essere multitasker mette in difficoltà il cervello, debilita la memoria, rovina la concentrazione. Lo studio di due teenager americane, oggi, dimostra l’esatto opposto: fare i compiti con il telefonino acceso, leggere messaggi nel frattempo, inviare tweet e rispondere alle mail può addirittura migliorare le prestazioni.

Presentata venerdì scorso alla conferenza annuale dell’Accademia americana di pediatria a San Diego, l’indagine non smentisce ricerche autorevoli: casomai, prova a mettere l’accento sulle differenze generazionali.

«Ciò che il nostro lavoro sembra suggerire – ha commentato Alexandra Ulmer, 18 anni, al fianco della collega Sarayu Caulfield, 17 anni – è che il nostro cervello, in qualità di “adolescenti digitali”, si è adattato alle molteplici interferenze dei media: siamo nati e cresciuti assieme ai dispositivi elettronici e per questo sappiamo gestire gli stimoli che provengono da lì, senza esserne penalizzati».
Quattrocentotré i giovani presi in esame in due anni, 196 femmine e 207 maschi fra i 10 e i 19 anni, ai quali è stato chiesto di svolgere dei semplici test cognitivi in due stanze. Nell’una erano privi di distrazioni, nell’altra sono stati invitati ad ascoltare musica, utilizzare telefono e pc, rispondere ai messaggi. Sessanta di loro sono stati classificati come high multitasker, cioè persone che svolgono meglio le proprie attività quando immersi in un ambiente carico di stimoli tecnologici; quasi 300 sono risultati comunque buoni multitasker. «Questo potrà avere un grosso impatto su curricula e tecniche d’insegnamento», ha concluso la Ulmer.

 

 

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