Cerca e trova immobili

CANTONEAl di là degli schemi preconfezionati

18.07.16 - 06:00
Qualche settimana fa è stato dato alle stampe “Headshrinkers”, il primo album del combo luganese Insidevening.
Al di là degli schemi preconfezionati
Qualche settimana fa è stato dato alle stampe “Headshrinkers”, il primo album del combo luganese Insidevening.

LUGANO - C’è chi sostiene che la sperimentazione sonora sia in via di estinzione. Tanto, indubbiamente, negli scorsi decenni, è stato fatto, questo è vero. Ma ora come ora i giovani musicisti – coloro, ovviamente, che portano con sé un pesante bagaglio di suoni e di esperienze – tornano ad amalgamare sonorità, risonanze, riverberi, di cui nel corso del tempo si sono cibati, nutriti. I pezzi del puzzle vengono ritagliati, con cura, e incastonati l’uno nell’altro, prestando massima attenzione ai dettagli.

E questo è quanto trasuda anche da “Headshrinkers”, l’opera prima degli Insidevening, giovane combo ticinese venuto alla luce nel 2013 per mano di Matteo Ballabio (tastiere, Fender Rhodes, vocoder), che accanto a sé ha voluto Rocco Lombardi (batteria), Olmo Antezana (sassofoni), Mattia Mantello (chitarra), Michele Guaglio (basso) e, in tempi più recenti, Mario Cubillas (percussioni).

Otto composizioni (messe a punto da Ballabio e arrangiate con l’apporto dei suoi cinque compagni di viaggio), otto gemme di rara bellezza, jazz fusion oriented, tra le quali figura anche, tra l’altro, “Turn The Lights Off”, già pubblicata in rete nel 2014 con tanto di video.

«“Headshrinkers”, letteralmente “strizzacervelli” o “riduttori di teste”, è una critica mossa a una società nella quale la tv promuove, in maggioranza, un certo tipo di musica, prevalentemente indirizzata allo spettacolo televisivo stesso che non all’ascolto della musica in quanto arte…», spiega Matteo. «Il disco, dal canto suo, al contrario, raccoglie ciò che in radio e in tv non si sente spesso, mescolando rock, jazz, funk e soul...».

Registrato e missato da Stefano Scenini tra le mura dello Stairway Studio di Melano e masterizzato da Tom Hutten ai Bionic Mastering Studios di Chester, Vermont, l’album è un’opera ammaliante – prettamente strumentale – dove la voce, comunque, non è del tutto assente: a rappresentarla alcune parti di vocoder, “costruite” alla perfezione.





Entra nel canale WhatsApp di Ticinonline.
NOTIZIE PIÙ LETTE