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CONFINEMaxifrode a Varese, confiscati beni per 100 milioni

16.12.16 - 18:48
Nell'ambito dell'operazione la Guardia di Finanza ha arrestato sei persone. Altre sei hanno l'obbligo di firma
Maxifrode a Varese, confiscati beni per 100 milioni
Nell'ambito dell'operazione la Guardia di Finanza ha arrestato sei persone. Altre sei hanno l'obbligo di firma

VARESE - Una frode fiscale da 334 milioni milioni di euro (circa 360 milioni di franchi), con conseguente sequestro per 100 milioni di euro. Questo il valore dei beni sequestrati dalla Guardia di finanza (Gdf) di Varese nell'ambito di un'operazione che ha portato all'arresto di sei persone e all'obbligo di firma nei confronti di altre sei.

Sono accusate a vario titolo di associazione per delinquere finalizzata all'emissione di fatture per operazioni inesistenti, indebita compensazione di imposta e altri reati fiscali. Un vero e proprio «sistema» per evadere il fisco da parte di società che operavano in molte zone d'Italia, ma anche in Tunisia e Algeria.

Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, in collaborazione con l'Agenzia italiana delle entrate, l'organizzazione era dedita a false fatturazioni che generavano crediti. Questi, come spiegato dalla procuratrice capo di Varese Daniela Borgonovo «venivano ceduti ad aziende terze che poi li utilizzavano come compensazione». Le fatturazioni per operazioni inesistenti, secondo l'inchiesta, ammonterebbero a un miliardo e duecento mila euro, con un'evasione dell' Iva per 334 milioni.

Alla base del raggiro c'era la "Leonardo Da Vinci" di Varese, mentre le società «cartiere» individuate sono la "Italiana Cantieri" e la "Red Rose", con sede in provincia di Varese e intestate a prestanome, e la "Giemme Group" e la "Sarl Cos Casa" con sede rispettivamente in Tunisia ed Algeria.

Nelle sue indagini la Gdf si è avvalsa anche di intercettazioni. Da una di esse due degli arrestati dicono al telefono, riferendosi ai soldi accreditati su conti esteri in Algeria e Tunisia: «Quando tornano indietro sono soldi puliti (...), noi siamo un gruppo che dobbiamo insegnargli noi le leggi a loro, ho sistemato la Leonardo in modo che sia praticamente blindata».

L'organizzazione aveva costituito una sorta di mercato parallelo di crediti Iva inesistenti, rimessi in vendita sotto forma di "pacchetti di risparmio di imposta" a prezzi notevolmente inferiori, a favore di aziende interessate ad abbattere il proprio carico fiscale.

Il vertice dell'organizzazione sarebbe il siciliano R. A., residente nel Varesotto, amministratore della Leonardo Da Vinci Spa, società di fatto inattiva. È stato arrestato insieme al padre S. A., mentre il fratello G.A risulta indagato a piede libero. L'uomo si serviva di commercialisti, consulenti finanziari e prestanome per costituire il giro di false fatturazioni e denaro. Trenta le società coinvolte, dislocate in Lombardia, Emilia Romagna, Abruzzo, Veneto e Lazio, su cui le indagini sono ancora in corso, che hanno acquistato dalla Leonardo Da Vinci crediti Iva per 32 milioni di euro. La società acquistava quote di società con importanti appalti con la Pubblica amministrazione. È stato disposto il sequestro di beni per cento milioni. Riguardano quote societarie di 32 imprese.

 

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