Il noto critico d'arte italiano incanta la platea del Palazzo dei Congressi con uno spettacolo denso di emozioni
LUGANO – È il suo lato migliore. Quello in cui resta, indiscutibilmente, tra i numeri uno al mondo. Raccontare l'arte è forse l'operazione che riesce con più spontaneità a Vittorio Sgarbi. Il critico d'arte italiano, noto anche per le sue sfuriate televisive, lo ha dimostrato, una volta di più, nella serata di martedì, al Palazzo dei Congressi di Lugano. Il suo "Caravaggio" ha lasciato la platea a bocca aperta. E non si tratta di retorica.
Al centro dello spettacolo, le opere rivoluzionarie di Michelangelo Merisi, pittore maledetto. Un uomo irrequieto, dalla vita tormentata, perennemente in fuga, a cui il tempo ha restituito lustro e prestigio. Un artista doppiamente contemporaneo, come lo ha più volte definito Sgarbi. E dai cui dipinti il critico ha costruito un percorso che, per un'ora e mezza abbondante, ha tenuto il pubblico col fiato sospeso. In sottofondo, le musiche di Valentino Corvino. Sullo sfondo, invece, le immagini più rappresentative di Caravaggio, rielaborate e curate dal visual artist Tommaso Arosio, sotto la regia di Angelo Generali.
Ironia. Agganci divertiti con la stretta attualità. Un linguaggio colorito. Unica pecca: un'introduzione eccessivamente dispersiva. Il parallelismo con Pasolini è coerente. Limpido. Ma troppe sono le parentesi aperte dal critico.
In mezzo tante, tantissime emozioni. Sgarbi, con la sua dialettica, evidenzia tutta la drammaticità delle opere del pittore lombardo. Contraddistinte da un naturalismo a tratti inquietante. E da incredibili giochi di luce e di colori. L'alchimia tra il critico e il pittore è forte. Travolgente. Il pubblico lo percepisce. Ogni parola di Sgarbi suona come musica. Note che sembrano guidate da uno spartito misterioso e predefinito.