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SVIZZERA / TICINOSvizzero-tedesco, "un dialetto che ci rende la vita più difficile"

29.02.12 - 14:47
Torna d'attualità il dibattito sul rapporto tra le comunità linguistiche in Svizzera dopo il voto di ieri in parlamento. Il parere dei consiglieri nazionali Fulvio Pelli e Ignazio Cassis
Ticinonline / p.d'a.
Svizzero-tedesco, "un dialetto che ci rende la vita più difficile"
Torna d'attualità il dibattito sul rapporto tra le comunità linguistiche in Svizzera dopo il voto di ieri in parlamento. Il parere dei consiglieri nazionali Fulvio Pelli e Ignazio Cassis

BERNA – Ieri il Consigliere nazionale Ignazio Cassis ha disobbedito al suo partito. E’ stato tra i quarantasei parlamentari che hanno votato a favore di un’iniziativa bocciata dal parlamento, promossa da un deputato dei  Verdi, Antonio Hodgers, che voleva imporre la lingua tedesca standard alle trasmissioni di informazione e ai dibattiti scientifici. "Più dialetto verrà parlato nelle zone di potere, più i romandi e i ticinesi saranno esclusi", ha affermato il ginevrino. E Cassis, da buon ticinese, ha sfidato i suoi colleghi di partito, che lo hanno addirittura redarguito per aver votato contro la posizione del suo PLR: “Purtroppo ha prevalso la posizione di partito e non l’appartenenza linguistico-geografica. Sul tema delle lingue Il mio è stato un voto di solidarietà e per lanciare un segnale”.  Come Cassis, anche il presidente del PLR svizzero Fulvio Pelli, che ieri non ha potuto essere presente alla votazione, avrebbe votato a favore, spiegando, analogamente al suo collega ticinese, della necessità di lanciare “un segnale utile”.

La fortuna del giovane Hodgers - Il dibattito sulle lingue è tornato di attualità grazie a Hodgers, giovane deputato ginevrino, che negli ultimi anni è riuscito a ritagliarsi una certa notorietà in Svizzera (e fortuna politica), proprio grazie alla sua richiesta agli svizzeri tedeschi di parlare il tedesco standard, per facilitare la vita a romandi e svizzeri italiani.

Un dialetto parlato sempre, anche in televisione - Il dialetto svizzero-tedesco, appartenente alla variante tedesca dell’alemanno e che dal Medioevo ha mantenuto praticamente invariata  la sua forma, si è imposto in tutti gli ambiti d’uso quotidiano. Tanto che, anche in trasmissioni di respiro nazionale, come per esempio nella trasmissione televisiva della Televisione Svizzera (SF) “Arena”, il dialetto predomina nettamente sulla lingua tedesca scritta. Fulvio Pelli, spesso ospite televisivo di trasmissioni in cui si deve confrontare con una platea di parlanti in alemanno, nonostante la sua perfetta padronanza della lingua tedesca, ammette che “la comprensione del dialetto risulta più difficile rispetto al buon tedesco, per chi non ha come lingua madre lo svizzero-tedesco”.  Pelli sottintende che sia giusto, quando ci si trova a dover parlare agli svizzeri, (che non sono solo gli svizzero-tedeschi), l’uso dell’Alto Tedesco: “E’ una forma di rispetto che dovrebbero applicare senza bisogno di dirglielo. A loro sembra facile, ma la loro è una lingua complessa e non codificata. Una lingua non scritta e che non è uguale dappertutto. Due inconvenienti che non abbiamo scelto noi, ma loro e che, quindi, rende il lavoro degli altri più complesso”.  Ignazio Cassis ad Arena è stato ospite tre volte e parla della sua esperienza: “Mi dà fastidio. Io capisco perfettamente il dialetto svizzero-tedesco,  ma di principio ad Arena parlo l’Alto tedesco e questo mi fa sentire straniero, analogamente agli ospiti germanici, che capiscono il dialetto e rispondono in tedesco. La sensazione è che si venga a creare una barriera che separa il diverso da coloro che appartengono, invece, alla comunità locale”.

Dimenticata una vecchia regola svizzera - Eppure non sono pochi gli svizzeri-tedeschi che giustificano il loro rivolgersi in dialetto anche con romandi e ticinesi proprio per evitare di fare sentire questi ultimi stranieri e quindi non svizzeri. Secondo Fulvio Pelli questa è semplicemente una scusa: “Da parte nostra ritengo sia giusto impegnarci per capirli, come loro dovrebbero darsi la pena di capire noi. Una vecchia regola svizzera che, purtroppo, si applica sempre meno”.  

La sensibilità di Ignazio Cassis - “Che ci sia un problema di coabitazione, sensibilità alle lingue e alle culture che esse veicolano è una grande verità” commenta Ignazio Cassis. “Fino a una decina di anni fa, quando venivo a Berna da medico cantonale, ero molto meno sensibile sulla questione lingua. Quando si doveva decidere se produrre o meno un documento in versione italiana, consapevoli che si sarebbe dovuto spendere quattromila franchi, il più delle volte si lasciava perdere per ragioni di costi. Oggi, invece, sono diventato più intransigente e pretendo la versione in italiano, perché voglio fare capire agli svizzeri-tedeschi che sì, il costo è di quattromila franchi, ma questo è il prezzo da pagare, perché nel paese dove vivono si parla anche l'italiano”.

"Sarebbe già bello che gli svizzeri capissero il francese" -  Un paese in cui, fino  a qualche anno fa, la lingua franca era il francese. Oggi capita sempre più spesso che fra svizzeri, per potersi capire, si parli l’inglese. “Sarebbe già bello che gli svizzeri-tedeschi capissero il francese” – commenta con un pizzico d’ironia Fulvio Pelli – “ma non è il caso per tutti, nemmeno in parlamento”.

L'inglese per adeguarci al mondo - Ed è per questo che il presidente del PLR nazionale ritiene sia giusto che i ticinesi migliorino le loro conoscenze della lingua inglese:  “noi dobbiamo imparare, se vogliamo veramente integrarci nel mondo svizzero le lingue nazionali e nel mondo l'inglese. Non si scappa. Perché oggi se trattiamo con l’Asia e il Sudamerica che parliamo? Il francese?”

Basta con l'ipocrisia delle tre lingue a Berna - Il mondo cambia e noi dobbiamo stare al passo coi tempi, è vero. Ignazio Cassis, tuttavia, ritiene fondamentale la difesa dell’italiano in Svizzera: “Sono diventato intransigente su questo punto perché mi sono accorto che stiamo correndo il pericolo di scomparire. Diventiamo semplicemente inesistenti, destinati a ridurci a un fenomeno folkloristico. Sinceramente non sopporto più l’ipocrisia delle tre lingue a Berna. Mi dà i nervi. Ed è per questo che ho molta simpatia, di principio, per tutti quelli che sollevano questo problema. La mia sensazione è che in Svizzera si continui a decantare il plurilinguismo, la capacità di convivenza tra culture, l’attenzione per le minoranze. Tutte bellissime cose che poi, nella realtà, invece, non trovano più riscontro”.
 

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