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SVIZZERALa coraggiosa lotta di una professoressa zurighese

12.12.11 - 18:40
Intervista a Ursula Pia Jauch, professoressa di filosofia all'Università di Zurigo
Prof. Dr. Ursula Pia Jauch
La coraggiosa lotta di una professoressa zurighese
Intervista a Ursula Pia Jauch, professoressa di filosofia all'Università di Zurigo

ZURIGO - Dal 2002 al 2009 il numero di tedeschi in Svizzera è raddoppiato. Nell'università di Zurigo (gli ultimi dati disponibili sono del 2008) nella facoltà di economia il corpo docenti tedesco rappresentava il 50% a fronte del 26% di Svizzeri, nella facoltà di filosofia il 48% contro il 41% di svizzeri. In totale i professori tedeschi costituivano il 34% del personale accademico.

Una vera e propria "invasione" di professori e ricercatori dalla Germania, che sta creando non poche preoccupazioni tra gli accademici svizzeri.

Il coraggio della professoressa Jauch - A Zurigo il tema è tabù e nei corridoi dell'Università pochi hanno il coraggio di parlarne. Chi non ha paura di esporsi è la professoressa Ursula Pia Jauch, titolare della cattedra di filosofia dell'Università di  Zurigo, ricercatrice cosmopolita, ha lavorato a Berlino e negli Stati Uniti, autrice di programmi televisivi culturali trasmessi dai canali pubblici svizzeri, tedeschi e austriaci gode di una certa celebrità nei paesi di lingua tedesca. Nata e cresciuta nella città di Zwingli, la professoressa con origini tedesche (tre nonni), vanta tra i suoi antenati anche un ticinese, Giovanni Jauch, esponente di spicco della corrente radicale, granconsigliere, consigliere di Stato, parlamentare a Berna, sindaco di Bellinzona dal 1864 alla morte, ebbe un ruolo di spicco nella rivoluzione radicale del 1839 e nella repressione del tentativo controrivoluzionario conservatore.

A Zurigo prevale la mentalità tedesca - E seguendo lo spirito idealista dei suoi antenati l’affascinante professoressa (da trent’anni all’Università di Zurigo) un paio di settimane fa ha denunciato sull'Aargauer Zeitung lo sfogo di una sua collega tedesca, che augurava alla Svizzera la caduta e il tracollo. A preoccupare Jauch, oltre alla difficoltà crescente di ricercatori e professori svizzeri di trovare collocazione, è il cambiamento di mentalità che sta stravolgendo e avvelenando i rapporti tra tedeschi e svizzeri. "In università - ci spiega la professoressa zurighese - fino a pochi anni fa regnava la democrazia, la disponibilità al dialogo. Dialogo che ci consentiva di trovare quelle  forme di collaborazione che portavano alla soluzione dei problemi, in modo condiviso. Oggi, invece, con l'arrivo nella direzione di molti tedeschi, si è instaurata una mentalità autoritaria, di stampo prussiano, che sta sbriciolando la nostra tradizione e mentalità democratica". 

Professoressa, si dice che i professori dalla Germania arrivino a Zurigo con la loro cattedra e i loro collaboratori...
"Sì, è cosi. Arrivano e si portano appresso  l'istituto intero. Il nepotismo è dilagante. E' successo che il direttore di Istituto tedesco si è portato con sé la moglie, nominata prima assistente, e insieme a lei il personale, proveniente direttamente dalla Germania".

 Secondo lei quali sono i motivi che spingono molti accademici tedeschi a cercare fortuna in Svizzera?
"In Germania il mondo della formazione, della ricerca e dell'università sta attraversando un periodo di gravi difficoltà economiche e strutturali. Il ministro dell'Istruzione e della Ricerca tedesco Annette Schawan (CDU) ha introdotto una riforma denominata "Eccellenza". Più che all'eccellenza, questa riforma ha puntato al risparmio. Il risultato? I professori più anziani a casa e quelli giovani a 3.200 euro lordi al mese. E sono molti ora, che, in cerca di realizzazione, vengono a cercare fortuna in Svizzera".

E tra di loro c'è la sua collega, che ha augurato alla Svizzera il tracollo. Lei, addirittura, ha preso carta e penna e ha scritto al giornale per denunciare questo fatto...
"Si, perché mi sono sentita offesa. Lei era con me sul treno, eravamo di ritorno da un simposio tenutosi a San Gallo sulle lingue antiche e il ruolo del latino oggi. Ha fatto l'errore di pensare che fossi tedesca come lei e si è sfogata. Io ritengo, invece, che chi lavora in un paese straniero e svolge una professione come la sua, abbia il dovere, innanzitutto, di portare rispetto nei confronti dei cittadini che pagano le tasse e permettono di finanziare il suo buon salario che riceve. La mia è stata una reazione doverosa di contrasto a una certa mentalità irrispettosa nei confronti dei cittadini contribuenti".

Se una persona istruita come la sua collega tedesca, si sfoga in quel modo, potrebbe nascere il sospetto che i tedeschi in Svizzera tedesca si sentano particolarmente presi di mira... Almeno nel mondo accademico...
"I rapporti un po' problematici tra tedeschi e svizzeri tedeschi affondano nella storia. Ma ora la dimensione di questa tensione, nel mondo accademico zurighese, ha raggiunto livelli mai visti prima".

Cosa sta succedendo?
"Sta succedendo che ormai ai concorsi per l'assunzione di professori, le candidature arrivano quasi tutte dalla Germania e gli svizzeri, spesso, nonostante abbiano tutte le carte in regola per vincerli, vengono scartati".

Scartati? Perché?
"Le porto un caso recente che dovrebbe far riflettere. Il caso di un professore svizzero. Sarebbe stato idoneo per essere collocato a Zurigo. Dimostrava di poter soddisfare tutti i requisiti richiesti. Eppure... E' andata a finire che lui è stato scartato dalla lista dei candidati da subito per questioni di età”.

E in università che aria si respira?
"Aria pesante. Esiste un problema evidente, che riguarda l'Università e la correttezza della sua conduzione. Vede, fino a 5 semestri fa, il programma delle lezioni dell'università di Zurigo conteneva la lista dei professori e la loro cittadinanza. Ora non è più così. E' evidente il fatto che questa omissione trova la sua ragione dal fatto che, se oggi come oggi, venisse pubblicata anche la cittadinanza dei professori, i contribuenti si allarmerebbero per il fatto che sono sempre di più i professori tedeschi che figurano nella lista".

Ai contribuenti cosa cambia? Se un professore, anche se tedesco, è valido e competente, al contribuente svizzero non dovrebbero sorgere preoccupazioni particolari...
"No guardi, qui il problema è un altro. Anche io ho lavorato un anno a Berlino e uno in America. Sono cosmopolita e aperta al mondo. Il problema è che molti di questi professori non sono arrivati a Zurigo perché scelti tra i migliori, ma perché inseriti in una rete di conoscenze, che permette loro di occupare interi dipartimenti. E questo nepotismo lo trovo semplicemente ingiusto. Così come trovo ingiusto questo carrierismo sfrenato, sintomo di un egoismo preoccupante".

Voltando lo sguardo più in generale, come è cambiata la città di Zurigo in questi ultimi anni?
"Zurigo si è completamente trasformata. La Zurigo di una volta è ormai un ricordo. E' una città cosmopolita e finanziaria. Città in cui lo svizzero con alta qualificazione, ha sempre maggiori difficoltà a crescere e a realizzarsi". 

Non potrebbe darsi che lo svizzero ha un complesso di inferiorità nei confronti dei tedeschi?
"No, no. Qui il complesso d'inferiorità non c'entra assolutamente niente. Il problema è che lo svizzero si vede sempre più limitate le possibilità di migliorare la propria posizione. Se in un concorso in università si presentano due tedeschi e uno svizzero e quest'ultimo ha le carte in regola ed è formato meglio dei tedeschi, ma non viene assunto, la logica conseguenza è che lo svizzero farà sempre più fatica a trovare un'occupazione confacente al suo livello e sarà sempre più difficile poter crescere professionalmente. Il tedesco, invece, costa meno, viene assunto a 35 anni e resterà qui fino ai 65".

E la politica cosa fa?
"Il disinteresse è quasi totale. Anche perché questo è un tema spinoso e classico dell'UDC. La mia preoccupazione risiede proprio nel fatto che la politica in Svizzera si è disinteressata per anni allo sviluppo della formazione e dell’istruzione degli svizzeri. Svizzeri che si trovano svantaggiati rispetto a chi arriva dall’estero. La Svizzera ha sempre ostacolato l’elevazione intellettuale del suo popolo, che trova la sua origine nel disprezzo per  la cultura."

La morte di Danton - Zurigo, diceva la professoressa, non è più quella di una volta. E pensare che la città dov’è nata ha ospitato uno dei grandi giovani rivoluzionari e letterati tedeschi, Georg Büchner, che dovette scappare dalla sua Assia per aver stampato un opuscolo in cui inneggiava alla rivoluzione. Un uomo di lettere e di scienza che Zurigo accolse. L'autore del Woyzzeck a Zurigo si laureò nel 1834 e a Zurigo morì di tifo pochi mesi dopo dal suo arrivo, a 24 anni. "Lo spirito di Büchner?” La rassegnazione di Jauch: "Danton e Büchner sono ormai morti da un bel pezzo".

Usi e Supsi come a Zurigo? La domanda resta aperta. La speranza è che qualcuno abbia lo stesso coraggio, in Ticino, della professoressa zurighese. Affinché si faccia luce su quelle che, per ora, restano soltanto indiscrezioni giornalistiche e voci.

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