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SVIZZERA"Straniero di merda", per il Tribunale federale non c'è discriminazione razziale

21.02.14 - 12:00
Lo stesso criterio va applicato anche agli insulti che riguardano le singole nazionalità
Foto Archivio Keystone
"Straniero di merda", per il Tribunale federale non c'è discriminazione razziale
Lo stesso criterio va applicato anche agli insulti che riguardano le singole nazionalità

LOSANNA - Per il Tribunale federale (TF), gli epiteti "Sauausländer" ("porco straniero") e "Dreckasylant" ("sporco asilante", "asilante di merda") sono certo ingiuriosi ma non costituiscono una discriminazione razziale ai sensi del codice penale svizzero. Lo stesso vale anche - sostengono i supremi giudici di Losanna - quando i medesimi insulti vengono utilizzati in relazione a singole nazionalità.

 

Nell'aprile 2007 un poliziotto aveva fermato un richiedente asilo algerino al salone internazionale dell'orologeria e della gioielleria di Basilea, sospettandolo di borseggio ai danni di un cittadino russo. Mentre gli metteva le manette lo aveva apostrofato ad alta voce, davanti a diversi passanti, con gli epiteti "Sauausländer" e "Dreckasylant".

 

La giustizia della città renana ha condannato il poliziotto con l'accusa di discriminazione razziale e gli ha appioppato una pena pecuniaria con la condizionale. Il Tribunale federale, cui l'agente ha presentato ricorso, non è d'accordo e ha annullato la condanna. A suo avviso le esternazioni del poliziotto non sono da considerare in rapporto con una determinata razza, etnia o religione come esige l'articolo 261bis del codice penale che punisce la discriminazione razziale: i termini "straniero" o "asilante" - rileva il TF - possono riferirsi a persone di origini e religioni del tutto diverse.

 

Il Tribunale federale va ancora oltre: secondo i giudici losannesi, gli stessi insulti non possono essere considerati una discriminazione razziale neppure se riferiti a una precisa nazionalità o etnia. Epiteti contenenti le parole "Sau" e "Dreck" - affermano - nell'area linguistica tedescofona sono da molto tempo ampiamente utilizzati come "manifestazione di malumore" e sono sentiti certo come ingiurie, ma non come attacco alla dignità umana, condizione perché si realizzi la fattispecie del reato di "discriminazione razziale".

 

In ogni caso, sostiene il Tribunale federale, finché tali insulti sono diretti a singoli, non sono sentiti da terze persone non coinvolte come attacchi razzistici alla dignità umana, ma soltanto come più o meno primitive ingiurie lesive dell'onore motivate da sentimenti antistranieri.

 

Gli insulti proferiti dal poliziotto nell'esercizio delle sue funzioni - conclude l'alta corte di Losanna - sono certo particolarmente fuori posto e inaccettabili. Non vanno però oltre il reato di "ingiuria" (art. 177 CP). Il caso torna alla giustizia basilese perché riveda la sua sentenza. Poiché l'ingiuria è un reato punibile soltanto a querela di parte, essa dovrà accertarsi, per una condanna, che nel 2007 ci sia stata una denuncia penale contro il poliziotto.

 

Ats

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