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IUFFPL’importanza dei diritti umani nella formazione

28.09.17 - 07:00
Abbiamo posto tre domande a Dick Marty in occasione del suo recente intervento nell’ambito di un corso di formazione continua sui diritti umani proposto dallo IUFFP
L’importanza dei diritti umani nella formazione
Abbiamo posto tre domande a Dick Marty in occasione del suo recente intervento nell’ambito di un corso di formazione continua sui diritti umani proposto dallo IUFFP

Questo primo incontro è parte di una serie di lezioni che con il corso Linguaggi dei diritti umani di oggi, 28 settembre, conduce al Film Festival Diritti Umani Lugano, che si terrà dal 10 al 15 ottobre.

La formazione professionale può svolgere secondo lei un ruolo particolare a favore dei diritti umani?

Educazione e formazione sono condizione importante, indispensabile per il funzionamento della democrazia. Senza cultura e senza la consapevolezza che
ognuno di noi è, per quello che è e per quello che è capace di fare e di dare, un membro a pieno titolo della società non è possibile creare una democrazia sostanziale nella quale il potere non sia di fatto esercitato da pochi e potenti attori che agiscono in realtà a favore di interessi particolari poco trasparenti. Non esiste una democrazia perfetta, ma solo perfettibile. Un impegno e un dovere di ogni giorno per ogni nuova generazione. Non ci sarà progresso senza maggiore educazione e formazione.

Qual è lo stato di salute attuale dei diritti umani, nel complesso lei vede comunque un progresso rispetto al passato, o parlerebbe piuttosto di regresso?

Difficile dare un giudizio fondato. Vero è che oggi è forse più facile documentare certi abusi (pensiamo solo alle possibilità offerte dai telefonini di fotografare e filmare). Nelle società tecnologicamente più avanzate, tuttavia, le violazioni dei diritti fondamentali sono diventate più subdole, meno evidenti e purtroppo spesso trascurate dalle vittime stesse che rischiano così di rendersi conto troppo tardi dei pericoli. La privacy e la libertà di stampa, ad esempio, rischiano di essere ridotte a meri diritti formali, condizionati da interessi poco trasparenti e torbidi.

Come si presenta la situazione in Svizzera, possiamo dirci soddisfatti?

Abbiamo l’abitudine di considerarci i migliori. Ma come dimenticare che fino a qualche decennio fa la metà della popolazione era privata del diritto di voto e di eleggibilità? Come dimenticare che progressi importanti sono stati possibili solo grazie a sentenze della Corte europea dei diritti dell’Uomo? In Svizzera, come peraltro altrove, la politica, il potere, fa uso della paura per convincere il cittadino a rinunciare alle proprie libertà facendogli credere che ciò sia nel suo interesse. Il discorso è delicato: la restrizione di talune libertà individuali è, in circostanze eccezionali, giustificabile e anche necessaria. Il problema, tuttora non risolto in modo soddisfacente, è la verifica e la sorveglianza nell’applicazione di tali restrizioni. La passività e l’indifferenza del cittadino (che, a torto, pensa: tanto io non ho nulla da rimproverarmi…) contribuiscono non poco all’indebolimento e alla relativizzazione dei diritti fondamentali. L’individualismo sempre più esasperato sfocia poi in atteggiamenti cinici e indifferenti. Per il nostro benessere, sfruttiamo in modo sconsiderato le ricchezze di paesi che, a causa di ingiuste leggi economiche, rimangono nella povertà più cupa. La morte atroce di coloro che cercano di sfuggire alla miseria e alla violenza finisce con il lasciarci indifferenti. Anzi, ci induce a erigere muri e ad accettare che il Mediterraneo, una volta culla della civiltà, sia
trasformato in un cimitero.

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