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PRO JUVENTUTEEducazione, quanto sono importanti le parole?

03.08.17 - 06:00
Parole come "autodeterminazione" e "partecipatività" rischiano di diventare vuote metafore per mascherare l'incapacità di costruire l'educazione in termini complementari a quelli fino ad oggi usati
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Educazione, quanto sono importanti le parole?
Parole come "autodeterminazione" e "partecipatività" rischiano di diventare vuote metafore per mascherare l'incapacità di costruire l'educazione in termini complementari a quelli fino ad oggi usati

La discussione si è ravvivata proprio di recente, con il cambiamento di nome del Festival internazionale del film di Locarno che è diventato Locarno Festival (almeno, a quanto dicono i cartelloni pubblicitari). Sto riflettendo attorno alle parole, e alla loro importanza. Perché se una cosa è certa, è che le parole sono importanti.

L'ambito dell'educazione non fa eccezione, ed è per questo che bisogna, di quando in quando, fermarsi a riflettere su ciò che si sta dicendo, sul suo significato, sul suo senso. Oggi in materia di politiche dell'infanzia e della gioventù si fa un gran parlare – in un certo qual modo a giusta ragione, aggiungo – di partecipazione, collaborazione, autodeterminazione e altro ancora. A volte si aggiungono dei prefissi, per dare un senso ancora più compiuto – se fosse davvero possibile – a questi termini: co-partecipazione, co-collaborazione (!) (al co-autodeterminazione qualcuno, anche alle nostre latitudini, sta già alacremente lavorando…).

E se, d'un tratto, scoprissimo che intendiamo cose diverse? Se pensiamo ad esempio al termine "cittadino", la cosa potrebbe (dico: potrebbe) sembrare abbastanza semplice: con questa parola alcuni intendono determinare un individuo adulto in grado di muoversi agilmente sul piano delle relazioni civiche (con tutti gli impegni che ne derivano); altri intendono invece semplicemente – per amor di brevità – un uomo libero ed in grado di decidere attorno ai propri destini. Ma se parliamo di partecipatività? Di autodeterminazione? Oppure di dignità, identità e altro ancora? Il dubbio è lecito, soprattutto perché queste parole oggi – purtroppo – stanno correndo il rischio di diventare vuote metafore che servono soprattutto a mascherare l'incapacità di pensare e costruire l'educazione in termini complementari a quelli fino ad oggi usati. È una sfida, e non sta solo ai professionisti dell'educazione raccoglierla, bensì ad ognuno di noi, uno per uno e tutti insieme.

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