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BELLINZONA"Di certo il LAC a Bellinzona non lo costruiremo"

08.02.14 - 21:15
Mentre Lugano è alla ricerca di soluzioni per salvarsi dal baratro finanziario, il sindaco di Bellinzona Mario Branda spiega la sua idea di fusione comunale. E non mancano le frecciatine ai luganesi...
Foto d'archivio (Tipress / Sara Solcà)
"Di certo il LAC a Bellinzona non lo costruiremo"
Mentre Lugano è alla ricerca di soluzioni per salvarsi dal baratro finanziario, il sindaco di Bellinzona Mario Branda spiega la sua idea di fusione comunale. E non mancano le frecciatine ai luganesi...

BELLINZONA - Sindaco, quando ha sentito che il debito post-aggregazione di Lugano è aumentato del 1255%, lei cos'ha pensato? Non si è detto: forse è meglio lasciar perdere il progetto di fusioni nel Bellinzonese?
"Ma siamo sicuri che è del 1255%?”

Si è passati da 41 milioni a oltre mezzo miliardo in dieci anni
"Questo dato così posto richiede un'attenta analisi, sicuramente non è riconducibile semplicemente alle aggregazioni. In ogni caso non sta scritto da nessuna parte che un'aggregazione debba comportare un aumento del debito pubblico. Molto dipende dal modo in cui il progetto aggregativo viene impostato. Noi saremo chiari e trasparenti: non bareremo sui conti e, pur disponendo Bellinzona di un patrimonio immobiliare piuttosto consistente, non andremo a dire agli altri Comuni che siamo ricchi."

Lei quindi non ha mai pensato di abbandonare o per lo meno ripensare il progetto aggregativo dopo aver saputo di quello che sta succedendo a Lugano?
"No, neanche per un attimo. A Bellinzona, prima ancora di iniziare a parlare di aggregazioni, abbiamo proceduto a un contenimento massiccio della nostra spesa e della sua evoluzione. La scala salariale è stata ridotta massicciamente. Le faccio un esempio: il tetto salariale per i collaboratori che guadagnano più di 70.000 franchi all'anno è stato diminuito del 7%".

E' vero che un allargamento così importante per Lugano ha comportato tutta una serie di oneri che hanno reso oggettivamente la situazione finanziaria più delicata...
"Sì ma dove sono finiti tutti questi soldi in così pochi anni? Guardi, la nostra ambizione è quella di portare un piano finanziario equilibrato in un progetto aggregativo in cui si è consapevoli degli obiettivi da raggiungere. Di certo il LAC a Bellinzona non lo costruiremo".

E di certo non potrete promettere moltiplicatori accattivanti…
"E’ così. Non abbiamo mai promesso moltiplicatori al 70% ai cittadini dei comuni coinvolti nel progetto aggregativo. Agiamo in linea con le nostre possibilità e non abbiamo mai nascosto che operiamo su un tasso attorno al 90 - 95%. E' evidente che se il moltiplicatore di Lugano al 70% ha portato a questi risultati vuol dire che il livello di imposizione era insufficiente. Inoltre Lugano non aveva neppure la tassa sul sacco..."

Un progetto di fusione che a Bellinzona si basa su tre pilastri: IRB, Officine FFS e Alptransit...
“Questi progetti sono proiettati sul medio-lungo termine. Nessuno deve attendersi risultati eccezionali in due o tre anni dall'aggregazione. Alptransit avvicinerà la nostra regione a Zurigo e a Lucerna. Si spalancano nuove opportunità a livello turistico ed economico che prima non c'erano. Occorrerà comunque tempo per vedere i frutti”.

Sarà una Bellinzona che guarderà più a nord?
"Siamo in Ticino, ma contemporaneamente saremo la prima stazione a sud delle Alpi. Lucerna, Zugo e Zurigo si troveranno a poco più di un'ora di treno. Se riuscissimo a convincere anche solo una frazione dei turisti che si recano in visita a Lucerna a visitare Bellinzona e la qua regione potrebbero cambiare diverse cose. In ogni caso riteniamo che il Nord delle Alpi costituisca per noi un'opportunità".

A proposito di Nord delle Alpi. Poco più di un anno fa un docente sangallese che insegna a Bellinzona mi diceva che in Ticino guadagna meno rispetto a San Gallo e che per contro è praticamente impossibile, contrariamente a quanto avviene nel suo Cantone, permettersi l'acquisto di un'abitazione visti i prezzi molto alti sul mercato. Non si rischia di infiammare ancora di più il mercato immobiliare in Ticino con queste operazioni di marketing territoriale?
"Il pericolo esiste. L'apertura della linea ferroviaria di base del San Gottardo potrebbe costituire un incentivo per fenomeni speculativi. E’ compito dell'autorità politica vigilare che questo non avvenga. Qui a Bellinzona, tutto sommato, i prezzi sono ancora abbordabili per un ceto medio che vuole investire per una sua proprietà. Il problema è sapere quale sarà la struttura del Bellinzonese tra 10-15 anni. La nostra ambizione è anche quella di fare in modo che vengano creati posti di lavoro nel Bellinzonese, regione che si era un pò fermata ed adagiata sugli allori dei tempi in cui prosperavano le amministrazioni pubbliche e quelle federali in particolare. Realtà che hanno dato lavoro e ridistribuito ricchezza. Quei tempi sono però passati. Oggi vi sono progetti validi e prospettive interessanti attorno cui costruire un futuro dinamico per la nostra regione. Le premesse ci sono: un nuovo Comune che disporrà di una struttura istituzionale coesa, figure professionali capaci, un territorio ed un paesaggio interessanti e un peso demografico importante di 30-40mila abitanti potrà costituire una buona base per affrontare le nuove ma anche impegnative sfide che lo attendono".

Facile immaginare che il modello aggregativo di Lugano non farà scuola a Bellinzona…
"No. Il progetto aggregativo non è e non può essere lo stesso. Bellinzona non è Lugano e la nostra regione non quella del Ceresio. Lugano si è presentata agli altri Comuni con un’offerta accattivante a cominciare dal moltiplicatore al 70% per tutti. Difficile rifiutare. Noi sicuramente non ce lo possiamo permettere. Il nostro progetto ha un’altra dinamica. Sono stati i comuni della periferia a lanciarlo e va reso merito ai loro amministratori e ai diversi sindaci per aver avuto questa intuizione ed il coraggio di proporla. Nel nostro progetto giocherà un ruolo importante la dimensione comunitaria, intendo dire il mondo delle associazioni, dei patriziati, delle parrocchie. Abbiamo bisogno di loro e dell’impegno delle persone che ne fanno parte. Non vogliamo sostituirci a loro e comunque non avremo mai un apparato elefantiaco  con 1.000-1500 collaboratori..."
 
Inevitabile la necessità di razionalizzare la forza lavoro…
"E' chiaro che nessuno verrà licenziato o lasciato a casa, ci mancherebbe; ma non intendiamo neppure gonfiare l’amministrazione. Partenze e assunzioni verranno valutate a fondo".

A Bellinzona la voce di spesa più importante è quella della socialità e di assistenza sociale: il 30%. Questo fenomeno la preoccupa? Cosa sta succedendo?
"La condizione di Bellinzona corrisponde a quella degli altri poli urbani del Cantone. Siamo tendenzialmente più sollecitati rispetto ai Comuni periferici. Certamente la situazione economica attuale non favorisce un'inversione di tendenza".

Ticino a statuto speciale. Lei cosa ne pensa?
"E' una provocazione che può essere lanciata in direzione di Berna come segnale per esprimere il nostro disagio. Ciò di cui abbiamo bisogno è che Berna capisca meglio le nostre preoccupazioni e la peculiarità del nostro Cantone".

Fino a ieri Lugano aveva un "Re", diceva di essere la locomotiva del Cantone. C'è chi pensa che il Ticino nel corso degli anni sia diventato sempre più Luganocentrico. Lo si noterebbe anche dai media, che darebbero sempre ampio risalto alle vicende luganesi. Alla luce di questa situazione finanziaria, da bellinzonese, Lei cosa pensa?  
"Questa situazione insegna che uno sviluppo armonioso del Cantone e di tutte le sue parti rappresenta ancora la soluzione migliore. E' questo il modello che ha retto il Cantone per 200 anni, facendolo crescere. Sarebbe un peccato ed un errore abbandonarlo adesso. Nessuno disconosce a Lugano il suo ruolo di locomotiva economica e il suo peso politico, ma dobbiamo stare attenti. Concentrando tutte le risorse e le infrastrutture a Lugano si corre il rischio di una frattura, che sarebbe di pregiudizio al Ticino intero. Tutte le regioni devono avere possibilità di sviluppo, di crescita di lavoro. Lugano ha avuto l'abilità ma anche la fortuna – che poi è stata anche quella del Cantone - di disporre di una piazza finanziaria dalla quale ha tratto molti benefici per tanti anni. Risorse che hanno aiutato questa Città, diversamente dal Bellinzonese e dal Locarnese, a lanciare e realizzare il progetto aggregativo, ma non solo…".

In altre parole lei dice: ridimensionare il ruolo di Lugano che va a Bellinzona a battere i pugni per far sentire la sua voce, ma lavoriamo insieme per la costruzione dell'architettura del nuovo Ticino.
"Certo. Però non si tratta tanto di ridimensionare il ruolo di Lugano ma di non trascurare completamente il valore ed il vantaggio di un equilibrio regionale . Bisogna condividere un progetto di sviluppo comune. E’ vero: a Lugano hanno sede quasi tutti i media del Cantone e questo, inevitabilmente, favorisce un certo tipo di lettura e di interpretazione della realtà cantonale. Attorno ai media ed ai loro molti posti di lavoro si sono sviluppati tanti progetti come l'OSI, i teatri, le manifestazioni sostenute dalla Rsi. Abbiamo le due sedi della SUPSI, l’USI e ora si parla della nuova facoltà di biomedicina, della master school di medicina, dell’ Ospedale cantonale... Sono molte cose. E il Sopraceneri? Noi abbiamo la responsabilità di creare le condizioni quadro migliori per lo sviluppo e penso, naturalmente, alle aggregazioni che non siamo ancora riusciti a fare. Queste però, per riuscire, a loro volta hanno bisogno di progetti, strutture, risorse".

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