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CANTONE"Più tasse ai frontalieri", il Parlamento dice sì

29.01.14 - 21:06
Tutti i gruppi politici hanno appoggiato l’iniziativa cantonale in materia di imposizione fiscale dei frontalieri che chiede all’Assemblea federale di abrogare l’accordo del 1974. Vitta: "Se non passa a Berna sarà voto popolare o referendum"
Foto d'archivio (Tipress)
"Più tasse ai frontalieri", il Parlamento dice sì
Tutti i gruppi politici hanno appoggiato l’iniziativa cantonale in materia di imposizione fiscale dei frontalieri che chiede all’Assemblea federale di abrogare l’accordo del 1974. Vitta: "Se non passa a Berna sarà voto popolare o referendum"

BELLINZONA - E' stata votata quasi all'unanimità dal Gran Consiglio (due voti contrari, 1 astenuto e 53 favorevoli) l'iniziativa cantonale in materia di imposizione fiscale dei frontalieri. Il documento firmato da tutti i capigruppo dei partiti rappresentati in Parlamento chiede l'abrogazione dell'accordo sui frontalieri in vigore da ormai quasi quarant'anni.
 
Christian Vitta, a nome del gruppo parlamentare del PLR, ha depositato una proposta di iniziativa cantonale indirizzata all'Assemblea federale che chiede di abrogare l'accordo sui frontalieri entrato in vigore retroattivamente al 1° giugno 1974.
 
La Convenzione tra Svizzera e Italia fu stipulata per evitare la doppia imposizione di reddito e sostanza, entrata questa in vigore il 1° gennaio 1976.
 
"Attualmente i frontalieri - si legge nel documento presentato in aula dal deputato Christian Vitta - croce e delizia della nostra attuale politica, sono al beneficio di un regime di imposizione fiscale particolarmente benevolo. Tutto si riconduce all'articolo 3 della Legge tributaria italiana, che non consentiva allo Stato italiano di tassare i cittadini residenti in Italia che conseguivano il loro reddito di un altro Paese, nel caso la Svizzera".
 
"Con la Convenzione tra Svizzera e Italia andata in vigore il 1° gennaio 1976, e soprattutto con l’accordo sull’imposizione fiscale dei frontalieri, questa restrizione – per lo Stato italiano - è stata modificata". "Quest’ultimo accordo prevede sì l’assunzione da parte del Ticino della funzione di esazione nei confronti dei frontalieri residenti in un raggio di 20 km dalla frontiera, ma anche  il riversamento allo Stato italiano di un’aliquota degli introiti dell’esazione, il 38,8% della stessa, che poi viene girata alle amministrazioni locali della fascia di frontiera, come compensazione per le prestazioni che essi offrono ai loro residenti attivi nel Ticino".
 
"Oggi siamo in presenza di una chiara disparità di trattamento fra chi vive oltre il raggio dei 20 km dalla frontiera e chi vive all’interno di questa fascia. Per questi ultimi le aliquote fiscali ticinesi applicate sono estremamente generose rispetto a quelle italiane".
 
Come ci aveva spiegato ieri Cattaneo, dal 13 marzo 2009 la Svizzera "ha ormai aderito allo scambio di informazioni bancarie, su richiesta, a tutti gli stati della Comunità internazionale e il 15 ottobre dello scorso anno il Consiglio federale ha anche sottoscritto la Convenzione multilaterale di Strasburgo, conclusa sotto l'egida dell'OCSE e del Consiglio d'Europa, sulla reciproca assistenza amministrativa in materia tributaria". "D'altro canto l'Italia, ancora recentemente, ha fatto un ulteriore passo nella direzione di rendere più difficile, o perlomeno meno attrattiva, la presenza nelle banche svizzere e ticinesi, di capitali, da parte di cittadini italiani residenti in Italia".
 
In sostanza con una nuova rinegoziazione non ci sarebbero più disparità di trattamento fiscale tra frontalieri che abitano nella fascia di frontiera e quelli che abitano a Milano o a Bari. Inoltre sia il Canton Ticino sia lo Stato italiano incasserebbero più risorse fiscali. A tal proposito Vitta ha detto che "l’eliminazione di questi indubbi vantaggi fiscali darebbe certamente un contributo a calmierare la pressione sui salari nel mercato del lavoro ticinese, visto che ognuno dovrebbe fare qualche conto in più prima di scegliere di venire o meno a lavorare in Svizzera a condizioni retributive insostenibili per i residenti e, alle nuove condizioni fiscali, sempre meno favorevoli anche per sé. Ciò che non toccherebbe i lavoratori frontalieri dei settori regolamentati da contratti collettivi (edilizia, artigianato, sanità, ecc.), magari anche dichiarati d’obbligatorietà generale, in cui sono assicurate condizioni retributive dignitose per tutti, residenti o no e dove sono presenti Commissioni paritetiche che controllano il settore".
 
Per chi teme che questa richiesta possa mandare a gambe all'aria l'intero accordo tra Roma e Berna sull'imposizione dei capitali italiani depositati in Svizzera senza esser stati notificati alle autorità italiane, Vitta fa notare che ormai, "a livello internazionale, l'imposizione di capitali in Svizzera, misure dilatorie precauzionali non sembrano più di grande aiuto per salvaguardare gli interessi del settore finanziario svizzero".  
 
Se la politica federale non dovesse reagire rapidamente a questa iniziativa, il PLRT, assieme alle altre forze politiche interessate, potrà chiamare a raccolta la popolazione ticinese o attraverso il lancio di una petizione popolare o nel caso estremo attraverso il lancio di un referendum gli accordi che saranno sottoscritti.

I deputati presenti, ad eccezione di un astenuto e di due contrari (Matteo Pronzini MPS-PC e Fausto Geretta Piccoli Verdi) hanno appoggiato il documento. Paolo Sanvido, deputato della Lega, ha sostenuto l'iniziativa del PLR dichiarando nel suo intervento di appoggiare "l'aggravio fiscale ai frontalieri". Il deputato Maurizio Agustoni (PPD) ha dichiarato di appoggiare l'iniziativa, spiegando che con l'abrogazione di questo accordo i frontalieri, vedendosi aumentare le tasse, potrebbero rivendicare nei confronti dei datori di lavoro un aumento salariale avendo cosi un effetto benefico di riequilibrio sugli stipendi in Ticino, messi sotto pressione dalla concorrenza dei lavoratori frontalieri.

Saverio Lurati, il presidente del Partito Socialista, ha detto che l'adesione del gruppo PS è "tiepida": "Qui si decide di far pagare i frontalieri e non chi li assume e li sceglie al posto degli svizzeri", ha detto in aula. "Da sindacalista sono abituato a disdire un contratto quando si è in condizione di forza, ma in questa situazione non lo siamo". Lurati ha anche detto che si sarebbe dovuto coinvolgere anche il Vallese e i Grigioni per avere più potere contrattuale.
Il deputato socialista ha espresso timori sulle conseguenze di una possibile disdetta dell'accordo: "Potremmo avere un aumento dei padroncini con contratti precari e una diminuzione dei lavoratori frontalieri. Contemporaneamente potremmo avere un aumento dei permessi B e di conseguenza un aumento di  persone che vengono ad abitare nel nostro Cantone che provocherebbe un'ulteriore aumento dei prezzi degli affitti".

Sergio Savoia, dei Verdi, ha parlato dei costi sociali ed economici dell'accresciuta richiesta di lavoratori frontalieri da parte dell'economia ticinese. Secondo Savoia "la tempistica è favorevole" anche perché il sondaggio sull'iniziativa contro l'immigrazione di massa del 9 febbraio dà i favorevoli in aumento a livello federale e quindi il Governo federale e l'Assemblea federale terrebbero conto della situazione e del clima che si respira in tutta la Svizzera.

Matteo Pronzini, rappresentante della sinistra radicale ha annunciato il suo voto negativo: "Una pessima iniziativa che non servirà a nulla se non a rafforzare l'idea che il problema della libera circolazione del lavoro sono i lavoratori frontalieri". "Chi li considera un problema continua ad assumerli a stipendi sempre più bassi, creando divisioni tra i lavoratori dipendenti".

Anche il deputato dei Verdi Fausto Gerri Beretta Piccoli ha votato contro: "Voto "No" perché voglio sapere quanto guadagnano le commesse che lavorano nelle stazioni di servizio di proprietà del presidente del partito liberale-radicale".

Il Consiglio di Stato per bocca del presidente Paolo Beltraminelli, ha annunciato di condividere la richiesta di abrogazione dell'accordo sui frontalieri: "L'accordo è ormai superato".

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