Nenad Stojanovic spariglia le carte sul 9 febbraio e subito fioccano le adesioni: «Mi hanno già scritto in molti per raccogliere firme»
LUGANO - «Bisogna affrontare i partiti populisti sul terreno della democrazia diretta, non possiamo lasciare solo a loro la possibilità di dire cosa il popolo vuole o cosa il popolo non vuole». Con queste parole Nenad Stojanovic spiega il lancio di un referendum contro l’attuazione dell’iniziativa dell’immigrazione di massa decisa dalle Camere federali. L’Udc, nonostante i suoi importanti numeri in parlamento, sta dettando l’agenda della politica svizzera degli ultimi anni in un altro modo: a colpi di iniziative e referendum. Ecco quindi che Stojanovic ha deciso di tentare l’avventura alla Minder e lanciare una raccolta di firme da comune cittadino.
«Grande interesse» - Il referendum ha subito avuto molto risalto sulla stampa di tutta la Svizzera. Condizione sine qua non per l’eventuale riuscita: servono infatti 50mila firme da raccogliere entro aprile. «Da solo non ce la farei mai, è evidente. Ma nelle ultime 12 ore ho già ricevuto molte email di persone disposte a raccogliere firme nei rispettivi cantoni. C’è un grandissimo interesse».
La questione più importante - «Ritengo che il popolo debba avere l’ultima parola su una questione così importante», spiega. «Anzi, sulla questione più importante che ha impegnato la politica svizzera negli ultimi tre anni. Questo indipendentemente dal fatto che uno sostenga o meno la legge di applicazione». Il giornalista, politologo e socialista teme, in caso contrario, che «i politici populisti battano questo chiodo almeno fino alle Federali del 2019, dicendo che l’élite in Parlamento non rispetta la volontà popolare».
Il volere del popolo - È proprio sul concetto di volontà popolare che Stojanovic vuole fare chiarezza. «Si dice che il popolo vuole l’iniziativa contro l’immigrazione di massa, anche se nella realtà la maggioranza è stata molto risicata». Il testo Udc, infatti, era stato approvato dal 50,3%, con uno scarto inferiore ai 20mila voti. «Bisogna anche ricordare che il popolo non ha votato solo il 9 febbraio, ma lo ha fatto a più riprese sugli accordi bilaterali con l’Unione europea, approvandoli sempre con maggioranze ben maggiori. Anche quella è la volontà popolare».
Tradimento? - Molti voti contraddittori su temi analoghi di cui il Parlamento ha dovuto tenere conto attuando l’iniziativa. Non è stato dunque un tradimento della volontà popolare, come ritengono in molti? «Non penso che sia così automatico dirlo. L’applicazione puntuale avrebbe portato all’abolizione dei bilaterali. Il Parlamento si è trovato di fronte a un compito realmente difficile».
Udc messa all’angolo - Non si rischia ora, mettendo all’angolo l’Udc, di accelerare la strada verso un voto sui bilaterali con un risultato tutt’altro che scontato? «Anche lanciando un’iniziativa contro la libera circolazione, non si potrebbe tecnicamente andare al voto prima di 4 anni. Ma se si aspetta il 2020, i partiti populisti continueranno a monopolizzare la volontà del popolo e questo è un veleno per la nostra democrazia».
Ticino campo di battaglia - Il lancio di questo referendum da parte di Stojanovic, con un estremo risalto sulla stampa d’Oltralpe, rende sempre più evidente un fenomeno: sui temi dell’immigrazione, il Ticino è sempre più il campo di battaglia favorito dalla politica svizzera. Come mai? «Si potrebbe scrivere un libro su questo tema. Proprio in questi giorni Bilanz ha dedicato una copertina al Ticino come precursore su alcune questioni», spiega Stojanovic. Che legge la tensione ticinese, però, anche sotto un’altra luce: «In Ticino da 25 anni a questa parte passa una grande narrazione che ormai tutti accettano, secondo cui l’immigrazione è solo un problema e mai un’opportunità». Il riferimento è evidente alla Lega. «Il Ticino, non solo oggi, ma da sempre ha avuto anche effetti positivi dall’apertura delle frontiere, nonostante ci sia chi lo sottace o non se ne rende conto. Io, personalmente, conosco pochissimi politici ticinesi, anche della Lega, che non abbiano un genitore o almeno un nonno straniero».