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CANTONE"Mi fanno arrabbiare le ingiustizie"

06.03.15 - 20:02
Intervista al coordinatore dei Verdi, Sergio Savoia, che, nonostante i sondaggi, crede nella possibilità di cambiare il Ticino: "Se voteremo sempre gli stessi, mai nulla cambierà"
"Mi fanno arrabbiare le ingiustizie"
Intervista al coordinatore dei Verdi, Sergio Savoia, che, nonostante i sondaggi, crede nella possibilità di cambiare il Ticino: "Se voteremo sempre gli stessi, mai nulla cambierà"

LUGANO - Sondaggio o no, Sergio Savoia ci crede. I Verdi ticinesi sono pronti ad assumersi la responsabilità di governo. Il 19 aprile l'ultima parola spetterà agli elettori. In un cantone semiparalizzato dal traffico e preoccupato per le polveri sottili e l'inquinamento, i Verdi ticinesi hanno abbandonato ormai da tempo le "Birkenstock" e si sono messi a parlare a viso aperto di lavoro, di disoccupazione, di libera circolazione. Con la svolta eco-populista (e Savoia non si offende affatto definirla così) i Verdi ticinesi vogliono dare una scossa ai precari equilibri di una composizione governativa in cui la Lega pare sia destinata a mantenere la maggioranza relativa. D'altronde, come ha dichiarato qualche tempo fa lo stesso leader del partito, "il nostro padrone è il popolo e a lui rispondiamo". Le speranze di conquistare uno scranno non sono altissime, ma il coordinatore dei Verdi è certo: "I ticinesi vogliono cambiare".

Savoia, come vanno le vendite del suo libro "La grande bugia"?
"Non ho ancora fatto il giro delle librerie, ma posso dire che la vendita online sta andando bene. Sono state vendute circa 6-700 copie e mi posso ritenere più che soddisfatto. Anche perché questo è un libro che affronta temi seri, su cui c'è poco da ridere".

Appunto, una volta ci faceva ridere di più, era più allegro e spiritoso. Ultimamente, mi dica se sbaglio, sembra più inviperito...
"No, no. Io rido ancora un sacco e chi mi conosce lo sa. E' chiaro che quando si interviene in un dibattito che riguarda il lavoro in Ticino, non c'è spazio per le risate".

Eppure il suo atteggiamento pare a volte un po' aggressivo. A dicembre ha addirittura abbandonato lo studio televisivo durante il dibattito di 60 Minuti...
"L'uscita di studio non è stata una mossa tattica. Ero semplicemente arrabbiato. Ho partecipato a tanti dibattiti televisivi ed è stata la prima volta che mi capitava. Ho un carattere un po' sanguigno, ma la rabbia non è sempre una brutta emozione. Mi fanno arrabbiare le ingiustizie".

Non è arrabbiato per il fatto che il sondaggio vi vede lontani dalla conquista di uno scranno in Consiglio di Stato?
"Ma no, perché dovrei esserlo? Anzi... In quel sondaggio emergono dati incoraggianti per noi. Uno su tutti: siamo l'unico partito in crescita. E questo non è un dato da poco. Io sono convinto che i ticinesi vogliano cambiare le cose. Solo se si continuerà a votare sempre gli stessi partiti tutto resterà uguale".

Ma lei quanto si fida della gente? C'è veramente questo vento di cambiamento? E cosa risponde a chi dice che lei è un populista?
"Io mi fido della gente e sento forte la voglia di cambiamento in questo cantone. E non mi offendo se mi dicono che sono un populista. Il nostro partito qualche anno fa era all'1,7% e oggi viaggia tra il 7 e il 10%. Se domani i Verdi riuscissero a conquistare il 15% dei voti, dovrebbero tuttavia confrontarsi con il restante 85% che non ci ha votato. Un meccanismo per certi versi crudele, con il quale bisogna riuscire a convivere. Se non ci riuscissi sarebbe meglio abbandonare la politica. Ma a me la politica piace tanto perché dalla gente si riceve tantissimo: la stima, la riconoscenza, l'affetto. Bellissimo".

La ManiFesta organizzata dai Verdi il prossimo 12 marzo non avrà bandiere di partito, bensì soltanto i colori rossoblù. Verdi, ma da che parte state?
"Che differenza fa? Basta centro, sinistra, destra. La nostra ManiFesta vuole essere una festa, appunto, in cui si lanciano alcune parole d'ordine che dovrebbero essere condivise da tutti gli schieramenti politici. In questo periodo di campagna elettorale, in cui si sottolineano le divisioni, noi lanciamo un altro messaggio, ossia di unità e di amore per questo Paese. Sul palco interverranno esponenti appartenenti a diversi schieramenti politici. Tutti potranno parlare".

Domanda inevitabile: quanto è importante oggi la questione ecologista per i Verdi del Ticino?
"Molto, moltissimo, come sempre. I tre punti cardine del nostro programma sono il lavoro, il territorio, la sicurezza. Il territorio è un tema ecologico importante perché riguarda da vicino la qualità di vita della popolazione ed è un patrimonio di tutti, non solo dei Verdi. A chi mi accusa di essermi disimpegnato dalla causa ambientale rispondo che il 47% dei miei atti parlamentari di questi ultimi quattro anni sono stati inerenti ai temi dell'ecologia".

Quindi lei si può ancora definire un ecologista?
"Sì, ma io sono ecologista perché mi piacciono le persone, non solo i rospi".

Il presidente dei Verdi Liberali, Franco Marinotti, dice che la differenza tra voi e loro sta nel fatto che voi perseguite la decrescita felice, loro la crescita economica secondo la logica classica del capitalismo
"Ma va, che complicazioni. Qui la questione non è filosofica, ma molto più semplice: loro sono favorevoli ai bilaterali e alla libera circolazione, noi no".

Se non dovesse riuscire ad essere eletto in Consiglio di Stato, lei continuerà ad appoggiare la politica del Consigliere di Stato Claudio Zali, che ha ottime possibilità di essere confermato dagli elettori?
"Se non riusciremo a conquistare un seggio in Consiglio di Stato continueremo a fare opposizione. Zali ha fatto cose buone, è stata una sorpresa piacevole perché è stato uno dei pochi ministri ad agire con proposte che chiedevamo da 20 anni. Ma non la nostra non è una cambiale in bianco. Sullo svincolo di Sigirino, per esempio, noi non siamo d'accordo. Noi non facciamo favori a nessuno, ma neppure la guerra".

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