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LOCARNO"Il figlio ha ubbidito per paura di un altro abbandono della madre"

28.05.13 - 16:10
Il procuratore pubblico Marisa Alfier è sicuro: è stata la madre a istigare il figlio a uccidere Arno Garatti
Ti-Press (archivio)
"Il figlio ha ubbidito per paura di un altro abbandono della madre"
Il procuratore pubblico Marisa Alfier è sicuro: è stata la madre a istigare il figlio a uccidere Arno Garatti

LOCARNO - E' risuonata alle 14:00 precise la campanella del presidente della Corte Giovanna Roggero Wil. Il procuratore ha ricominciato a parlare dei rapporti tra l'imputata, Mitra Djordjevic, e il figlio D.D.

 

Mitra mente anche per i piccoli dettagli - "L'imputata ha mentito anche su piccoli dettagli, anche per cose che a noi risultano irrilevanti. L'imputata non manipola solo le persone, ma pure la realtà", ha spiegato il procuratore pubblico. "In tutta l'istruttoria l'imputata mente con una facilità sconcertante anche sulle cose più banali" ha insistito il procuratore pubblico.

 

La menzogna - Una vicenda criminale che ha come comune denominatore la menzogna e l'inganno, e che vede protagonista Mitra Djordjevic, madre di D.D., l'esecutore materiale di un omicidio, quello avvenuto il 1° luglio 2011 in via Daro 8, eseguito su richiesta dal figlio.

 

"Ai tempi D.D. era un ragazzino manipolabile" - D.D., secondo l'accusa, ha ubbidito e ha ucciso proprio come

voleva sua madre. "Il D.D. che abbiamo visto in aula non è più quello che ho visto il 6-7 luglio del 2011 - ha detto il procuratore - ai tempi era un ragazzino che si poteva manipolare ed era manipolabile da sua mamma. Questo perché il minore aveva paura di un ennesimo abbandono".

 

Il giorno decisivo - Il 28 giugno del 2011 è il giorno in cui "ha inizio la fine di Arno Garatti". "La decisione vera a propria di ucciderlo - ha ripetuto il procuratore pubblico - è avvenuta il 28 giugno. E' stata la madre, Mitra Djordjevic ad aver istigato il figlio a ucciderlo". Sempre nello stesso giorno viene prenotato un posto sul pulmino che andava in Serbia. Questo, secondo il procuratore pubblico, confermerebbe che il disegno criminale "era già stato pianificato".

 

Il ruolo di Mario Paiva, l'ambulante portoghese - A questo punto entra in gioco, secondo la pubblica accusa, Mario Paiva, colpevole di avere fornito l'ascia e il seghetto a D.D. "Lui - spiega il procuratore pubblico riferendosi all'ambulante portoghese - sapeva a cosa sarebbero serviti".

 

"Paiva non poteva non sapere" - Mario Paiva "per D.D. era un padre", e secondo la pubblica accusa non poteva non sapere che gli strumenti forniti al ragazzo sarebbero serviti per uccidere una persona, ossia Arno Garatti. Paiva ha riferito di incontri tra lui e il ragazzo che avvenivano per puro caso. In altre parole una conoscenza, nulla più, e dovuta al fatto che Paiva conosceva Mitra da ben dieci anni.

 

Per Mitra Paiva era un amore proibito - E' stato lui stesso a dire agli inquirenti, durante l'interrogatorio del 7 luglio 2011, che lui rappresentava per Mitra una sorta di "amore proibito". Ma se Paiva e Darko si conoscono di vista - ha osservato il procuratore pubblico - come mai dal 1° luglio, giorno della morte di Arno Garatti al 5 luglio - si registrano 31 contatti telefonici tra i due? "Questa - ha concluso il procuratore pubblico - è la dimostrazione che Paiva mente".

 

Paiva in via Daro 8 nel giorno del delitto? - Ma c'è di più. La sera dell'omicidio Mario Paiva, secondo la pubblica accusa - avrebbe aiutato a mettere il cadavere di Arno Garatti nella vasca da bagno. "Se la presenza di Paiva nell'appartamento di Daro non fosse ritenuta vera dalla Corte - ha specificato Marisa Alfier - resta comunque il fatto che Paiva ha armato il minore con l'ascia.

 

L'alibi - Arno Garatti è morto tra le 18 e le 20. Secondo il procuratore pubblico Mario Paiva non avrebbe un alibi. E questa mancanza di alibi fa nascere il sospetto che lui poteva essere in via Daro 8.

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