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CANTONEScandalo lasagne equine: "È solo la punta dell'iceberg"

14.02.13 - 11:21
Antoine Casabianca, presidente dell'ACSI, ci spiega le insidie dietro alle etichette dei prodotti alimentari
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Scandalo lasagne equine: "È solo la punta dell'iceberg"
Antoine Casabianca, presidente dell'ACSI, ci spiega le insidie dietro alle etichette dei prodotti alimentari

LUGANO - Lo scandalo della carne di cavallo nelle lasagne congelate al posto di quella di manzo, è ormai noto, ha raggiunto anche la Svizzera. Migliaia di consumatori hanno mangiato un prodotto convinti che all'interno ci fosse un ingrediente, quando invece ce n'era un altro. Ora è iniziata da parte dei vari laboratori cantonali, ma anche da parte delle aziende distributrici, la ricerca dei prodotti "incriminati". La vicenda ha puntato i riflettori su un aspetto che, come consumatori, spesso non consideriamo: controlliamo davvero quello che mangiamo? E come possiamo proteggerci dall’insidia di trovarci nel piatto qualcosa che non avevamo considerato?

Ne abbiamo parlato con il presidente dell'Associazione Consumatrici e Consumatori della Svizzera Italiana, Antoine Casabianca, il quale ci ha rivelato un dato allarmante. Il caso specifico non è una novità.
"Per quanto ci riguarda, questa falsificazione non ha in sé niente di nuovo - ci spiega Casabianca al telefono -. Se si andassero a controllare gli ingredienti di tutti i prodotti, quelli reali, e li si andasse a confrontare con quelli mostrati sull'etichetta, si scoprirebbero decine di prodotti che non sono conformi a quello che è indicato".

In questo caso il vostro compito qual è?
"Questo è un caso particolare, ma noi siamo interessati sempre a fare in modo che all'etichetta corrisponda l'esatto contenuto. Per questo abbiamo dei contatti permanenti con gli Uffici Federali, con i distributori, a volte con i produttori, per fare in modo che sul prodotto non solo sia riportata la sua composizione, ma che ci sia sufficientemente chiarezza affinché il consumatore possa scegliere con consapevolezza".

Nella realtà invece cosa succede?
"Che si riposta ad esempio "olio vegetale" per non scrivere olio di palma. È già un'indicazione non corretta, anche se non illegale. In questo senso tutte le organizzazioni dei consumatori si stanno battendo per avere una maggior tracciabilità dei prodotti, capire da dove vengono, cosa contengono, affinché i consumatori possano essere in grado di segnalare eventuali falsificazioni".

Mentre dall'altra parte?
"Per il produttore è esattamente il contrario. Meno ne sa il consumatore, meglio è. Loro chiaramente non vogliono preoccupare chi acquista, quindi, potendo, eviterebbero persino di riportare sull'etichetta l'origine degli ingredienti".

Nel caso specifico, quello delle lasagne, si potrebbe persino parlare di problema etico, morale. C'è chi non si sognerebbe mai di mangiare cavallo.
"Se invece del cavallo ci fosse stato messo maiale i problemi sarebbero stati ancor più grossi. Perché non c'è solo la salute del consumatore da rispettare, ma anche quelle che sono le sue credenze, la fede religiosa, o semplicemente la sua possibilità di scegliere. Falsificazioni o sofisticazioni come queste, per noi, vanno perseguite d'ufficio. E mi sento preso in giro quando sento che non è chiaro da dove provengano queste falsificazioni. Non credo che sia così difficile risalire, lungo la catena, ai produttori".

Qual è il problema allora?
"Evidentemente hanno paura di scoprire che non è solo quel singolo prodotto ad essere falsificato, ma molti altri. È probabile che questa sia solo la punta di un iceberg molto più grande. Noi consultiamo spesso un sito tedesco sul quale i consumatori possono segnalare quando i contenuti di un dato prodotto non corrispondono all'etichetta. E qui si scopre una cosa interessante: il 90% dei casi è legale".

Un esempio?
"Lei legge sull'etichetta "formaggio di capra". Bene, basta che ci sia il 10% di formaggio di capra e lo può chiamare così. La legge lo permette. Però è giusto che i cittadini possano saperlo. I prodotti locali? Basta che lo siano per un quarto. Questo, evidentemente, va tutto a discapito dell'ignaro consumatore".

Domanda banale, ma chi ci guadagna?
"Evidentemente l'industria".

C'è la possibilità di un'azione legale a questo punto?
"Noi ci troveremo nei prossimi giorni per esaminare anche questo caso. In realtà, fin quando non sappiamo chi è il colpevole, non possiamo iniziare una causa collettiva. Bisogna assolutamente identificare un colpevole al quale si chiederà di rendere conto ed eventualmente di pagare le conseguenze dei suoi errori".

Le aziende distributrici non possono essere considerate colpevoli?
"Potrebbero, ma al momento sono ancora troppi gli interrogativi e non sono ancora chiare le rispettive responsabilità.

Certo è che per il consumatore tutto questo si risolve con una perdita di fiducia nel prodotto svizzero
"Con la possibilità che si rivolga quindi all'estero per acquistare i prodotti. Noi dobbiamo invece poter continuare a garantire la qualità svizzera ed è per questo che ci battiamo".

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