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LUGANOMaier con il magone: "Matteo era la persona che più amavo al mondo"

11.12.12 - 10:26
In questo inizio di seconda mattinata di processo Hans Peter Maier ha raccontato gli ultimi due giorni che hanno preceduto la morte di Diebold
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Maier con il magone: "Matteo era la persona che più amavo al mondo"
In questo inizio di seconda mattinata di processo Hans Peter Maier ha raccontato gli ultimi due giorni che hanno preceduto la morte di Diebold

LUGANO - Seconda giornata di processo che si apre con l'interrogatorio all'imputato Hans-Peter Maier. Maier, sciarpa grigia, giacca marrone. Sereno spiega che Matteo lo aveva invitato a cena per il 9 novembre. Aveva cucinato lui. "Una cena chiarificatrice perché da un mese le cose non andavano più. Abbiamo parlato di tante cose, ma non mi ricordo bene i dettagli" ha risposto l'imputato.

"Una serata brutta e bella allo stesso momento - racconta Maier -  Matteo mi ha detto che non voleva perdermi e che aveva bisogno di me. E io gli ho detto di decidere perché dopo sei anni non si poteva più continuare cosi. A un certo punto mi ha detto che non riusciva a stare senza di me. Ero come ubriaco, anche se in realtà ero sobrio. Avevo la forza di lasciarlo, ma poi mi ha buttato quella catena pesante attorno al collo. Il problema è che Matteo ha detto tante cose. Avevo paura che lo facesse solo per controllarmi".

"Ci credeva o non ci credeva che Matteo si era deciso a stare con lei?" incalza il giudice. "Io lo volevo credere" ribadisce Maier. "E' stata una serata all'insegna della tenerezza - racconta Maier riferendosi alla sera del 9 novembre. "Poi quando eravamo in cucina e mi ha detto di lasciarlo solo io gli ho detto che dovevamo parlare e lui mi ha acconsentito di stargli vicino".

"Il lato sessuale tra me e lui era una cosa strana - dice Maier - non eravamo al 100 per 100 compatibili". "Tornato a casa avevo brutti pensieri, anche se volevo essere felice, volevo crederci più di qualsiasi altra cosa. Ma c'era una spina dentro di me".

Matteo è descritto da Maier come instabile nel suo umore in una relazione che si alternava in momenti di serenità a malumori e arrabbiature improvvise.
Hans-Peter Maier risponde alle domande del giudice con il suo solito aplomb. Poi si passa al 10 novembre, la vigilia dell'uccisione di Diebold. Il giudice chiede cosa si ricorda di quel giorno. Maier dice di non ricordarsi molto, se non che era trascorsa una settimana dal suo compleanno. Poi, richiamato dal giudice a insistere nei ricordi, parla del compleanno di Nelly, l'amica alla quale Maier invia un'email in cui le racconta di Diebold, persona che secondo lui lo tormentava, lo spaventava e desiderava che potesse staccarsi da Marco, il compagno della vittima.
Maier si sentiva manovrato da Diebold e non voleva avere rapporti sessuali con lui, perché prima voleva che Diebold lasciasse una volta per tutte Marco.

Il giudice legge l'intera mail ad alta voce. "Questa email riflette in modo molto chiaro il dramma della mia situazione - afferma Maier - Meglio di cosi non mi sono mai espresso per quanto riguarda la storia tra me e Matteo e non ci sono altre parole. Queste erano le uniche due persone alle quali scrivevo queste cose perché erano vicino a me".

"Mi sfugge il motivo perché approfittare del giorno del compleanno di un'amica per scrivere un'email del genere" afferma il giudice. Maier spiega che nella sua relazione si sentiva come una sedia vuota lasciata in un angolo. Secondo il giudice la relazione di Matteo Diebold con il suo ragazzo, Marco, funzionava. "Nel mio cuore e il mio dramma si è spento quando ho ucciso Matteo. Non ho piu nessun diritto di rimpiangere me stesso". Nel dire queste parole Meier trattiene a stento le lacrime, un magone che gli rende difficile pronunciare frasi che denotano il suo dolore interiore nell'avere ucciso colui che definsice "la persona che più al mondo ho amato".

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