Attimi di panico a Zurigo per uno studente di Bellinzona: «Per una segnalazione giunta in polizia sono stato trattato come un presunto terrorista»
BELLINZONA - Voleva far coincidere l'obbligo di tiro con gli impegni universitari. È così che T.B., 22enne di Bellinzona, fucile in spalla è partito da casa diretto a Zurigo. «Ho chiesto al Servizio degli Affari militari se avrei potuto assolvere il tiro obbligatorio a Zurigo, visto che è lì che studio», racconta il ragazzo. La risposta, dall'altro capo del telefono, è affermativa.
Il 22enne, per scrupolo, chiede informazioni circa la possibilità di portare con sé la propria arma. Anche in questo caso gli viene assicurato che non vi sono problemi. «La mia valigia però era troppo piccola per contenere il fucile d'assalto. Quindi l'ho portato in spalla».
Durante il tragitto, T.B. scambia qualche chiacchiera con altri viaggiatori. Nessuno sembra prestare particolare attenzione al trasporto dell'arma il cui uso, evidentemente, appare scontato. Ma non a tutti.
«A Zurigo qualcuno ha pensato che fossi un terrorista - racconta -. Ha chiamato la polizia». Sceso dal treno e giunto alla fermata del tram Römerhof, il giovane viene letteralmente accerchiato. «Di colpo è arrivato un furgone. Quindi sono usciti quattro agenti che, ad armi spianate, mi hanno intimato di stendermi a terra. Poi mi hanno ammanettato».
L'operazione, come conferma la polizia di Zurigo, è durata una manciata di minuti: «Il tempo di controllare i miei documenti e mi hanno rilasciato», racconta il ragazzo. Gli stessi agenti spiegano che pochi istanti prima lo avevano fatto stendere a terra gli spiegano di avere ricevuto una segnalazione e di essere intervenuti di conseguenza. «Visti i tempi che corrono non hanno potuto far altro che attivarsi come prevede la procedura. Alla fine mi hanno detto che sarebbe stato meglio nascondere il fucile».
Insomma, se la legge militare prevede che in alcune situazioni precise si possa girare armati, l'attuale contesto europeo stravolge il volto di una situazione normale e la trasforma in rischio potenziale. Fortunatamente senza conseguenze, almeno in questo caso. Anche se il ragazzo non nasconde di aver avuto paura: «Volevo fargli vedere io stesso i miei documenti, ma ho temuto che se avessi infilato una mano in tasca mi avrebbero sparato. Ho vissuto 10 minuti di autentico panico».