A nove mesi dallo sciopero la (ex) direttrice di CoopCity esce allo scoperto, e punta il dito contro il sindacato. "Tutte falsità"
LUGANO - "Sono stata dipinta come un mostro, in realtà non facevo che eseguire ordini dall'alto", Anna Pellegrino, 46 anni, è sommersa da faldoni e scartoffie, nel salone di casa. Referti medici che raccontano il suo tumore alla tiroide rimosso il 14 febbraio scorso - "dieci giorni prima del famoso sciopero", precisa. Lettere firmate da CoopCity, che testimoniano come "in realtà io ho sempre e soltanto fatto il mio dovere e contro di me sono state dette solo falsità".
Altre, che comunicano la sua "sospensione dall'incarico di direttrice" del supermercato di Lugano, a seguito dello sciopero "ad personam" organizzato da una parte dei dipendenti a febbraio scorso.
"Un colpo alle spalle ordito espressamente contro di me in mia assenza, con la complicità del sindacato - protesta Pellegrino - guarda caso proprio mentre ero a casa malata di cancro e incapace di difendermi".
Ora la (ex) direttrice è in via di guarigione e si toglie qualche sassolino dalla scarpa. "Non ci sto a fare da caprio espiatorio: se ad alcuni dipendenti non andavo giù è perché ho sempre e solo applicato le regole dell'azienda. Ero anche io una dipendente, eppure il sindacato si è scagliato contro di me senza nemmeno sentire la mia versione. Per questo ho richiesto loro un incontro, per chiedere delle scuse ed eventualmente un risarcimento per il danno subito: mi hanno risposto picche".
In compenso Pellegrino ha ricevuto un'altra lettera, sempre firmata da CoopCity. Motivo: il protrarsi della terapia post-tumorale oltre i termini consentiti dal contratto di lavoro. Nessuna menzione dello sciopero. "Qualcosa non torna", commenta il legale di Pellegrino. "Valuteremo la possibilità di una causa civile".