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CANTONEHiv: in Ticino, nascere da una madre infetta non è una condanna

24.03.14 - 09:41
Sono da due a cinque all’anno le donne con il virus dell’Aids che danno alla luce un figlio. "Con le terapie adeguate, dei lieti eventi come gli altri" ci spiega il dottor Enos Bernasconi.
Ti Press
Hiv: in Ticino, nascere da una madre infetta non è una condanna
Sono da due a cinque all’anno le donne con il virus dell’Aids che danno alla luce un figlio. "Con le terapie adeguate, dei lieti eventi come gli altri" ci spiega il dottor Enos Bernasconi.

LUGANO - Nascere già affetti dall’Hiv o contrarlo dalla propria madre durante il parto o l’allattamento sono realtà che interessano moltissimi neonati nel mondo, specialmente nei Paesi in cui le gestanti sieropositive non hanno un adeguato accesso alle terapie. Ha generato un moderato ottimismo, quindi, la notizia giunta questo mese dagli Stati Uniti di un secondo neonato che, dopo il “Mississippi Baby” dell’anno scorso, potrebbe essere stato curato definitivamente dall’infezione che causa l’Aids. Ma in Ticino, dove sono circa mille le persone che convivono con il virus, quanti bimbi nascono da donne infette? Che prospettive hanno? Ne abbiamo discusso con il dottor Enos Bernasconi, viceprimario di Malattie infettive all’Ospedale regionale di Lugano.

Dottor Bernasconi, quanti neonati nascono da donne sieropositive in Ticino?
"Nel nostro cantone abbiamo dai due ai cinque casi all’anno però in Svizzera, da molto tempo, i bambini che nascono da donne sieropositive sono sani. Dal 2003 non abbiamo più avuto casi di trasmissione dell’hiv da donne trattate con antiretrovirali al neonato: se una donna sieropositiva è ben seguita e riceve una terapia efficace, il rischio di trasmissione per il neonato è praticamente zero".

Come si affrontano gravidanza e parto per evitare il contagio?
"Una volta, quando non si conosceva ancora l’efficacia della terapia, c’era l’obbligo del parto cesareo e della profilassi post-esposizione per il neonato. Da quando si è visto che la terapia della madre è estremamente efficace, invece, se la gestante ha un livello di virus nel sangue non detettabile (viremia soppressa) allora è possibile anche un parto per via naturale (se non esistono altre controindicazioni ostetriche o una coinfezione con il virus dell’epatite C). Il trattamento post-esposizione sul neonato per quattro settimane, al contrario, rimane ancora raccomandato, ma anch’esso negli anni potrebbe essere abbandonato vista l’estrema efficacia della cura nella donna".

Non tutte le persone si sottopongono a test dell’hiv, ci potrebbero quindi essere gestanti che non sanno di essere sieropositive?
"No, è un’indicazione stretta fare il test hiv in gravidanza. I ginecologi lo fanno di principio a tutte le donne, è strettamente raccomandato proprio per evitare sorprese. Una persona può sempre rifiutarsi, certo, ma nessuno lo fa".

Quali probabilità ci sono che il bambino sia infettato?
"Nel caso di una donna senza trattamento, anche se la carica virale non fosse altissima, il rischio di trasmissione può essere significativo, più alta è la carica virale più il rischio di trasmissione aumenta. Abbiamo avuto recentemente il caso di una donna, una rifugiata alla 32ma settimana di gravidanza che era appena arrivata in Ticino. Le è stato fatto il test, è risultato positivo e purtroppo si è dovuto iniziare la terapia molto tardivamente. Forse si è riusciti ad avere un’efficacia sufficiente, ma più tardi si comincia meno si può garantire che non ci sia una trasmissione al neonato".

Quanto tempo dopo la nascita si può dirsi sicuri che il bambino non è stato infettato?
"Già dopo sei mesi, se la carica virale nel bambino è negativa si è quasi sicuri che non c’è stata infezione. La sicurezza definitiva arriva quando il neonato ha eliminato definitivamente dal proprio sangue gli anticorpi della mamma: il bambino, infatti, nasce sempre sieropositivo perché ha gli anticorpi della mamma. Per eliminarli ci vogliono da 12 a 18 mesi".

Che cosa comporta il fatto di essere sieropositivo per un bambino?
"Viene affrontata la situazione come nel caso di un’infezione in un adulto: se il bambino dà segno di un peggioramento del sistema immunitario viene trattato e seguito. È chiaro che ciò comporta una terapia a vita per garantire che il virus rimanga soppresso nel sangue, ad oggi non ci sono ancora delle terapie curative definitive".

Quante persone sieropositive ci sono in Ticino?
"In Ticino si calcolano circa mille pazienti portatori di questo virus, in tutta la Svizzera la stima è fra 20mila e 25mila".

La terapia in cosa consiste?
"Oggi disponiamo di una terapia molto efficace, sempre più sicura. Si tratta di una combinazione di farmaci, una triterapia. Alcune possono essere assunte addirittura con un’unica pillola al giorno, l’importante è che l’assunzione sia senza pause per evitare resistenze del virus. Per i pazienti, quindi, la qualità di vita è molto migliorata rispetto al passato. È chiaro che sarà una grande soddisfazione, un giorno, poter eradicare completamente il virus da questi pazienti".

Ci può spiegare i due casi americani di bambini guariti dall’hiv?
"Il primo, di cui si è avuta comunicazione l’anno scorso, era un bambino sul quale era stata iniziata precocemente una terapia che avrebbe dovuto essere continuata, ma la madre si era sottratta ai controlli ed era stata persa di vista dai medici. Ritornata a distanza di un anno e mezzo ai controlli, risultava che il bambino non avesse più virus misurabile nel sangue. Da allora sono passati 23 mesi senza terapia e il virus continua a non essere reperibile nel sangue o in altre parti del corpo anche con delle tecniche di ricerca molto sofisticate. Quindi si suppone che possa essere guarito".

C’è qualcosa in questo bambino che potrebbe essere utile per lo sviluppo di una terapia?
"Potrebbe essere una caratteristica dei neonati in generale come potrebbe essere anche una caratteristica specifica di questo neonato che potrebbe poi aiutare a capire meglio la possibilità di curare definitivamente l’hiv".

E il secondo caso più recente?
"Il secondo caso non ha niente di sorprendente. Si tratta di un bambino che ha iniziato un trattamento già quattro ore dopo la nascita. Il virus, è vero, non è reperibile nel sangue, ma al momento il bambino è ancora sotto trattamento: sarà solo l’interruzione del trattamento che ci dirà se è riuscito a eliminarlo. Il fatto che non sia reperibile anche con test sofisticati non dà ancora alcuna garanzia su un’effettiva cura".

In quanto tempo si potrebbe avere una cura definitiva per l’hiv?
"Ci sono trattamenti sperimentali di vario genere che si basano sull’idea di eradicare il virus dal corpo anche negli adulti. Ci sono alcuni dati preliminari interessanti provenienti soprattutto da modelli animali, nei primati, e ci sono i primi studi anche nell’uomo. se questi studi confermeranno i risultati promettenti osservati nei primati è pensabile che in alcuni anni si possa giungere addirittura a una cura definitiva dell’hiv. Tuttavia è ancora molto prematuro fare delle previsioni chiare in questo senso".

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