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TICINO"Scrivo cavolate su facebook e poi sono nei guai"

01.02.13 - 14:01
Tra leggerezza e ignoranza, l’episodio legato all’omicidio Tamagni risolleva il problema. L’esperto Lorenzo Cantoni: "Il social network non è un gioco"
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"Scrivo cavolate su facebook e poi sono nei guai"
Tra leggerezza e ignoranza, l’episodio legato all’omicidio Tamagni risolleva il problema. L’esperto Lorenzo Cantoni: "Il social network non è un gioco"

LUGANO – Ha postato su facebook una frase di contestazione contro il momento di ricordo per l’omicidio di Damiano Tamagni. E da quell’istante, attorno alla sorella di uno dei tre aggressori, si è sollevato un polverone. Di lì a poche ore sono arrivate le scuse, ma intanto la frittata era fatta. L’episodio, accaduto giovedì, ricorda quello dello scorso giugno, quando un deejay radiofonico venne licenziato dopo avere pubblicato un’offesa razziale verso un calciatore dell’Italia. Il dibattito è, dunque, riaperto: con quanta leggerezza si scrive sui social network? Quanto può costare una frase scritta, magari anche in un momento di debolezza, su facebook? Sulla questione interviene Lorenzo Cantoni, esperto di comunicazione online e decano presso la facoltà di Scienze della comunicazione di Lugano.

Professor Cantoni, qual è il peso delle nostre affermazioni su facebook e perché non ce ne rendiamo conto?
"Il peso è notevole. Innanzitutto perché i parametri e i confini legati alla privacy non sono chiari e cambiano in continuazione. Magari abbiamo l’intenzione di postare un commento solo in privato, ma poi in realtà diventa visibile da tutti. Non va dimenticato inoltre che sempre più i motori di ricerca danno importanza ai social network. E dunque le nostre citazioni sul web possono essere trovate anche in modo indiretto".

Come si può rendere più attenti su queste problematiche gli utenti di facebook?
"È una questione educativa. I giovani non si rendono conto degli effetti devastanti che una loro frase su facebook può avere. Bisogna aiutarli. E fare capire loro che in alcune situazioni è molto difficile rimuovere un contenuto. Basta solo che un post venga condiviso con un altro utente…".

E dunque?
"E dunque bisogna parlare di fatti concreti. Ad esempio c’è il tema dell’assunzione nei posti di lavoro. Oggi, prima e dopo un colloquio di assunzione, i datori di lavoro possono dare un’occhiata ai social network per capire meglio chi è la persona che potrebbero assumere. E se trovano cose compromettenti, possono senz’altro farsi una brutta idea sulla persona. Ricordiamoci che questa procedura non è illegale. Perché se qualcuno pubblica qualcosa su facebook, significa che si tratta di dati che possono essere consultati pubblicamente".

A chi gestisce i social network la riservatezza non fa comodo…
"No, assolutamente. Il social network funziona nella misura in cui si espande. Tutto è strutturato in funzione di un’apertura continua. Per definizione facebook tende ad aprirsi il più possibile. Va poi considerata anche la questione temporale".

Ci spieghi…
"Qualche tempo fa a Londra due avvocati furono investiti mentre attraversavano la strada. Si scoprì che stavano consultando il loro telefonino, in particolare i loro profili sui social network. Questo ci fa capire che in ogni momento della giornata vogliamo essere connessi e abbiamo la necessità di aggiornare il nostro profilo. C’è una sorta di compulsione, carichiamo contenuti su facebook quasi senza pensarci. Prima scriviamo le cose e poi ci pensiamo. E visto che i tempi nel web sono velocissimi, il rischio è che nel frattempo le nostre parole siano già state commentate, inoltrate, interpretate da un sacco di gente. Facebook è diventato un contesto in cui si pubblicano le cose senza pensare. E dove ci si dimentica troppo spesso che la comunicazione è una cosa seria, non un gioco".

 

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