Nell'ultimo decennio sono aumentati gli episodi venuti a galla. L'ASPI: «È l'effetto della sensibilizzazione, le vittime sentono di potersi aprire»
LUGANO - Aveva toccato nella parti intime una bambina di nove anni. Si trattava di un amico di famiglia che per l’episodio è di recente stato condannato a una pena detentiva, sospesa, di sei mesi. Ma questo era soltanto l’ultimo di molti processi per atti sessuali con fanciulli che negli ultimi anni si sono tenuti in Ticino. Al banco degli imputati si sono seduti, tra gli altri, allenatori di società sportive, maestri e preti, ma anche familiari e conoscenti delle vittime. E la sensazione è che gli abusi su minori siano sempre di più.
In media 33 casi all’anno - In effetti nell’ultimo decennio nel nostro cantone si conta, secondo i dati della polizia cantonale relativa agli atti sessuali con fanciulli, una media di 33 casi all’anno. Con un picco di 47 nel 2008 e nel 2009. Sono numeri che sono cresciuti dopo il 2000. Alla fine degli anni Novanta (1996-1999), la media era infatti di 12,5 casi. «Il timore è comunque che ancora oggi molte vittime non vengano allo scoperto» afferma la dottoressa Myriam Caranzano-Maitre, direttrice della Fondazione della Svizzera italiana per l’aiuto, il sostegno e la protezione dell’infanzia (ASPI).
Un cambio di mentalità - Crescono i casi che vengono a galla, ma gli episodi non sono in aumento. «L'epidemiologia del fenomeno sembra dimostrare che la situazione stia migliorando» ci dice la nostra interlocutrice, sottolineando che qualcosa è cambiato: «C’è stato un cambio di mentalità e soprattutto c’è una maggiore sensibilizzazione». Gli abusi sui minori sono sempre esistiti, ma un tempo erano un tema tabù. «È a partire dagli anni Sessanta che negli Stati Uniti si è cominciato a tematizzare la questione degli abusi fisici e poi di quelli sessuali sui bambini». Ed è proprio grazie alla crescente informazione che le vittime sentono di potersi aprire, denunciando gli abusi.
Prevenzione nelle scuole - La sensibilizzazione, lo ribadisce Caranzano-Maitre, è fondamentale. In questo senso l’ASPI è impegnata su più fronti per informare il maggior numero di persone. Soprattutto nelle scuole ticinesi, dove la prevenzione viene fatta “a tappeto”: «Ora non c’è bambino che arriva alle medie senza aver trattato il tema degli abusi». Uno dei programmi di prevenzione proposto dalla Fondazione si chiama “Sono unico e prezioso” e coinvolge non soltanto gli allievi, ma anche insegnanti e genitori. «Si tratta di trasmettere dei messaggi sull’importanza del proprio corpo e delle proprie parti private, che nessuno ha il diritto di toccare». Ma si parla anche di emozioni e segreti. «Quei segreti strani, che vanno raccontati a un adulto di fiducia».
Il ruolo dei genitori - È estremamente difficile capire se un bambino sia stato vittima di abusi. Pertanto è importante, secondo la direttrice ASPI, che tra genitori e figli vi sia un canale comunicativo aperto e disponibile. «Il consiglio ai genitori è di dare la priorità a una relazione di ascolto e rispetto reciproco, in modo che i figli si sentano liberi di affrontare qualsiasi argomento». Per questo, conclude, «bisogna preparare il terreno molto prima».