I 40enni ticinesi che emigrano sono raddoppiati dal 2001, secondo i dati Ustat. Quali storie si nascondono dietro i numeri?
BELLINZONA - Non solo gli under 30, la "generazione Erasmus" nata con il trolley in mano. Anche gli over 40 con la crisi hanno dovuto fare le valigie. Secondo le statistiche dell'Ustat sono sempre di più i ticinesi nati dagli anni '70 in giù che lasciano il Cantone per lavorare oltre Gottardo o all'estero. Da 573 nel 2001 sono passati a 1269 l'anno scorso (+121 per cento). Ma cosa li spinge ad andarsene? Ne abbiamo parlato con quattro di loro.
Sull'isola felice - Fiorista precaria, Nicoletta Savoldelli (45 anni) ha lasciato Bellinzona nel 2014 con il marito Gabriele Masa (56), disoccupato. Destinazione: isola di Gozo (Malta). «Siamo ripartiti da zero, dopo un corso per imparare l'inglese nelle Filippine» raccontano.
Esuli per crisi - «Abbiamo investito tutto quello che avevamo, risparmi, terzo pilastro, abbiamo anche venduto degli immobili» spiega Nicoletta. Le difficoltà per lei sono iniziate quando ha ceduto il suo negozio di fiorista, a Riazzino. «Non riuscivo più a trovare un impiego vero in Ticino. Due mesi qua, tre mesi là, tramite conoscenze. Gabriele era sempre senza lavoro» ricorda. «Abbiamo detto basta». Sull'isola maltese, dove il turismo è la risorsa principale, la coppia ha acquistato e ristrutturato «con le nostre mani» due case di vacanza. «La vista più bella dell'isola. Un lavoro duro, ma ne vale la pena».
Infermiere in fuga - Alain Radaelli invece è infermiere di professione, e non ha «mai avuto difficoltà a trovare lavoro in Ticino» dice. Il problema, spiega, è a che condizioni. «Negli ultimi anni il nostro cantone è peggiorato notevolmente. Gli infermieri che partono sono sempre di più, lo dicono le statistiche». A marzo scorso anche Alain, a 41 anni, ha deciso di fare il passo. «Mi sono licenziato. In un mese di disoccupazione ho trovato 8 aziende disposte ad assumermi oltre Gottardo». Ha scelto Ginevra perché «era l'unica città che non avevo mai visto» e non tornerebbe indietro.
Non solo lo stipendio - «Semmai mi pento di non averci pensato prima» afferma oggi Radaelli. E non è solo per il salario (di circa 1000 franchi in più). «Arrivato in città, ho vissuto per tre mesi in un appartamento pagato dall'azienda mentre cercavo una sistemazione. La differenza è nei piccoli benefit: qui ci sono ancora diritti che in Ticino si sono persi».
«Radicarsi è dura» - Pasticcere di Locarno, Emiliano Borga ha perso il lavoro nel 2011 e a riciclarsi «anche in altri settori» ci ha provato. «Lavoretti precari, ad esempio nella sicurezza: ma un giorno lavori e altri 300 no». A malincuore ha fatto le valigie: in Ticino ha lasciato moglie e figli. «Li vedo una volta ogni una-due settimane» dice. Ma a 51 anni non gli andava di sentirsi «finito». Ora «faccio le stagioni» racconta. «Da 6 anni ormai. Prima Saas-Fee, poi Berna, ora Davos, domani Zurigo». Integrarsi? «Non è semplice, spostandosi sempre. E poi la mia vita resta in Ticino».
Andata e ritorno (per poco) – Infine c'è chi dal Ticino se ne è andato, ci è tornato, e ora riparte di nuovo. Jürgen Fieschi ha lasciato Bellinzona negli anni '90 per Zurigo, ma nel 2015 ha provato a tornare “casa”, con un impiego nel settore commerciale: «Sono durato un anno, poi mi sono licenziato. Le condizioni di lavoro non sono paragonabili». Ora è pronto a tornare oltre Gottardo. «Sto cercando in Svizzera tedesca, ormai qui mi sono rimasti pochi legami. Nel mio settore, a Zurigo si sono fatti enormi passi avanti. Invece qui, mi sembra che tutto sia rimasto come 30 anni fa».