Sui social si parla di lui con curiosità. È Nicola Schulz dei nobili Bizzozzero-Crivelli: «Discendo da importanti famiglie». Lo storico Rodolfo Huber: «Ma oggi quel titolo vale ben poco»
LUGANO – Sui social network si parla di lui con una certa curiosità. Non solo. Qualcuno appare anche infastidito dalle sue dichiarazioni. Lui è Nicola Schulz dei nobili Bizzozzero-Crivelli, ventunenne di Lugano. Segni particolari: nobile, appunto. «Discendo da importanti famiglie» dice. Oggi Nicola si racconta. E racconta il suo interesse per le questioni araldiche. «Coltivato grazie al fatto di essere cresciuto con mia nonna. Figuratevi che mio nonno proveniva da una famiglia semplice, gli Schulz. Il matrimonio con mia nonna, inizialmente, venne visto come qualcosa di scabroso. Come puoi non farti affascinare da simili aneddoti?»
Lo stemma con l’aquila – Elegante, distinto, apparentemente educato. Chi è veramente Nicola Schulz Bizzozzero-Crivelli? È davvero un nobile, come dice di essere? Lui ci mostra documenti e certificati. «I Bizzozzero sono originari della zona di Varese, erano conti, feudatari del posto e rappresentavano un punto di riferimento per la costruzione di campane. Oggi c’è ancora il loro castello. I Crivelli, invece, sono di Milano, sul loro stemma c’è l’aquila, simbolo di potere. Erano duchi, avevano importanti ruoli pubblici e politici. In una delle loro ville venne ospitato Napoleone Bonaparte».
Privilegi tramandati nei secoli – «Il Ticino è una Repubblica da oltre due secoli – sottolinea Rodolfo Huber, storico e archivista – i titoli nobiliari sono tutti decaduti. Anche per questo è difficile fare statistiche. Praticamente impossibile. Gli ultimi nobili ticinesi ad avere avuto un peso risalgono al 1500. I nobili avevano un valore importante nelle Monarchie, in cui alcune famiglie svolgevano compiti di governo e di gestione attribuiti loro da un sovrano e, in seguito, tramandati in forma di privilegio. Oggi ha senso parlare di nobili in nazioni come la Svezia o l’Inghilterra. In alcune regioni italiane il titolo nobiliare ha ancora un certo peso. Ma solo perché l’Italia è diventata una Repubblica molto tardi. E poi c’è il jet set. Lì definirsi nobili fa sicuramente effetto».
Svizzera anti-nobiliare – I Riva? I Pusterla? I Marcacci? Nobili radici. Ma la sostanza, nuda e cruda, è un’altra. «In Svizzera – evidenzia Huber – c’è sempre stata una mentalità anti-nobiliare. Qui si tende a dare importanza all’imprenditorialità. Uno si vanta di discendere da banchieri o da ufficiali dell’esercito. Certo, ci sono ancora famiglie discendenti da nobili. Penso ai Von Orelli o ai Von Muralt, esiliati dal Locarnese a Zurigo in seguito alla riforma protestante. Il loro titolo, però, oggi vale ben poco dal punto di vista pratico».
Un tema tabù – Ne è consapevole anche Nicola. Iscritto al liceo linguistico, dal prossimo autunno studierà all’università, relazioni internazionali. Forse al Franklin College. «Vorrei lavorare nella diplomazia, o nelle ambasciate. Oggi ti serve avere una buona formazione. Altrimenti non sei nessuno. Il titolo nobiliare è soprattutto qualcosa di legato alla storia. Oggi non ti apre più nessuna porta. Noto però che ad alcune persone non fa piacere quando parlo delle mie origini. Si irrigidiscono. Forse perché associano la nobiltà alla ricchezza. Io ho avuto la fortuna di crescere in una famiglia in cui non mi è mai mancato nulla. Sono uno spendaccione, ma anche un ragazzo generoso. Non ostento il mio benessere».
Questione di stile – Come vive nel 2017, nella Svizzera italiana, una persona con sangue nobile? Il ventunenne luganese rivela di praticare la pesca e di adorare le escursioni in montagna. «Vado anche a funghi». Ma di frequentare, allo stesso tempo, anche gli ambienti più esclusivi. «Le cene di gala, ad esempio. A Lugano vedo gente che arriva in jeans e senza cravatta nera. Fuori luogo». Nicola dice di avere pochi amici e di amare i viaggi. «In particolare i Paesi arabi, dove ci sono le più belle donne in assoluto». E non usa mezzi termini nel definire i giovani della sua generazione. «Molti li vedo demotivati e senza educazione. Non hanno stile nemmeno nel vestirsi. Girano con i pantaloni sotto al sedere e con le mutande di fuori. Io di moda non capisco niente. Però ci vuole rispetto, prima di tutto per sé stessi».