Dopo l'incidente dell'8 giugno trapelano alcune preoccupanti informazioni. E spuntano dei test che rischiano di squalificare i lavori di risanamento
LUGANO - Un telo e una barriera metallica, da giovedì 8 giugno, celano allo sguardo dei curiosi l’enorme buco venutosi a creare nella galleria del San Salvatore, dopo il crollo di un pezzo del muro interno staccatosi dalla volta laterale. Dopo l’incidente, e il pronto intervento di soccorsi e tecnici, su quella che a tutti gli effetti è stata una tragedia sfiorata, è calato il silenzio.
Bocche cucite in quel dell'Ufficio federale delle strade (USTRA). La discrezione è il riserbo sono massimi considerato che, ci fanno sapere, sull’accaduto «è aperto in Procura un procedimento penale contro ignoti».
Ciò non toglie che le speculazioni, anche tra gli addetti ai lavori, si sprecano. E trapelano alcune preoccupanti informazioni. Da voci più che attendibili, visto che provengono da attori che hanno lavorato al risanamento della suddetta galleria. E che, chiedendo l’anonimato, confermano ciò che pare ormai un’evidenza: quella del San Salvatore è una galleria nota per le infiltrazioni d’acqua. «Sono state effettuate diverse iniezioni per limitare le infiltrazioni d'acqua - ammette uno di questi professionisti -. La pressione esterna dell’acqua sul rivestimento è sicuramente una concausa del crollo. Che non è escluso che si riverifichi, dovessero esserci le condizioni».
Proprio queste iniezioni impermeabilizzanti potrebbero (il condizionale è d’obbligo) aver contribuito a far sì che il muro venisse giù. Questa ipotesi viene avanzata da un altro attore tra quelli che si sono occupati della messa in sicurezza della galleria. Anche in questo caso, per tutelarsi, il professionista chiede che il suo nome non venga menzionato. La sua versione, ad ogni modo, è quantomeno degna di riflessione (e magari di accertamenti da parte degli organi preposti a tale scopo).
Questa impermeabilizzazione, secondo il professionista, non sarebbe solo una concausa, ma il motivo principale che avrebbe provocato il crollo della parete. L'esperto afferma che, già in una prima fase dell’impermeabilizzazione del tunnel, gli specialisti che stavano effettuando quel lavoro, si erano accorti che il materiale richiesto dagli ingegneri aggiudicatari dell’appalto rispondeva male alle specifiche della galleria.
Esistono in tal senso dei test di laboratorio - dei quali siamo riusciti a prendere visione - che sembrano dimostrare come il materiale isolante richiesto nel progetto non induriva a contatto con l’acqua (sempre presente in quella galleria) e portava alla corrosione delle giunture di metallo che dovevano essere isolate. Questo "non indurimento", inoltre, (sempre secondo suddetti test) faceva sì che l'isolante scivolasse nelle canaline di scolo ostruendole. Da qui la proposta di risolvere il problema tramite l'uso di un materiale impermeabilizzante che, invece, rispondeva positivamente ai test. Questo materiale sarebbe stato accettato ed utilizzato per terminare l'arcata superiore.
Per l'impermeabilizzazione delle arcate laterali, effettuata in un secondo momento, il progetto prevedeva nuovamente l'uso del materiale non conforme. A vincere l’appalto per questa opera sarebbe stata una seconda ditta, la quale avrebbe rispettato le specifiche del progetto usando quindi il materiale inadatto.
Questa scelta “non oculata” avrebbe portato al crollo della parete della galleria, giovedì scorso. Il motivo? La corrosione provocata dall’uso di un materiale non idoneo e l'occlusione delle canaline di scolo dalle quali è risalita l’acqua premendo sulla parete che, indebolita dalla ruggine, è crollata.
Gli ingegneri aggiudicatari dell'appalto, vista l'apertura di un'inchiesta, preferiscono astenersi da qualunque dichiarazione in merito. Le suddette affermazioni, di conseguenza, restano nel campo delle ipotesi. Ipotesi che, per la loro gravità, sono quantomeno degne di nota. Se esse siano plausibili o meno lo riveleranno solo le indagini in corso.